Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

CAMBIO DI ROTTA

EDOARDO ZIN - 27/01/2017

La folla ascolta il discorso di Trump

La folla ascolta il discorso di Trump

Donald Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti. È il 45° dopo George Wasghinton. È il successore di Jefferson che dichiarò l’indipendenza degli Stati Uniti, di Lincoln che abolì la schiavitù, di Franklin Roosvelt che, eletto dopo la grave crisi del 1929, diresse il suo paese durante la seconda guerra mondiale, ma a cui una morte improvvisa non permise di gioire per la caduta del nazismo e del fascismo, di Truman che, a vittoria avvenuta, approvò il piano Marshall per gli aiuti dell’Europa stremati dalla lunga guerra, di John Kennedy che voleva aprire una “nuova frontiera”, ma che un brutale assassino gli impedì di spalancare, di Obama che in politica interna inaugurò una stagione benefica per le classi più povere e che era il volto degli USA futuri.

L’elezione di Trump era inaspettata da molti e la sua vittoria è stata sconcertante. Se Trump dovesse attuare tutti gli impegni presi nella campagna presidenziale – e i primi atti lo confermano – la sua presidenza squarcerà il paese e dividerà il suo stesso partito; s’inasprirà la lotta ai neri, ai musulmani, alle minoranze, ai latino-americani e si riproporrà con un linguaggio violento il disegno di un paese etnicamente puro; il protezionismo economico creerà probabilmente nuovi posti di lavoro, ma renderà più competitivi i prodotti dei paesi emergenti; la solidarietà transatlantica e la sua principale espressione operativa, la NATO, risentiranno del comportamento meno benevolo del nuovo presidente.

L’Europa – soprattutto oggi con l’uscita della Gran Bretagna – dovrà rendere più coesa la sua unione per non rimanere schiacciata tra la tracotante baldanza di Trump e il rafforzamento e l’ammodernamento delle forze armate russe e al riavvicinamento di Putin alle posizioni statunitensi.

Non si può negare che il discorso d’insediamento di Trump, con il suo richiamo al popolo che governa e non le istituzioni, è foriero di populismo. Kennedy, nella simile occasione, disse: ”Non chiedete cosa il vostro Paese può fare per voi; chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”. Era un invito alla collaborazione. Trump, al contrario, ha urlato:” Dei sogni del resto del mondo non me ne occuperò. È ora di pensare all’America!”. È un invito a rinchiudersi.

Anche negli USA c’è un apparente successo delle religioni, dovuto essenzialmente alla secolarizzazione. Vorremmo tentare di capire qual è l’atteggiamento della chiesa cattolica statunitense nei riguardi del nuovo presidente. Si sa che l’episcopato statunitense temeva molto per la vittoria di Hillary Clinton a causa delle sue radicali posizioni abortiste. Trump, facendo leva sull’identità conservatrice anche di una parte dei democratici, ha usato in modo cinico la questione dell’aborto per attirare il voto cattolico. In un paese profondamente rigido nella morale, una parte del mondo cattolico ha in un certo senso favorito l’elezione di una persona che si vanta di essere licenzioso (e non solo in materia sessuale!) e una certa fetta di cattolici conservatori ha fatto un uso spregiudicato della fede per puro calcolo elettorale: i cattolici integralisti – che non vedono di buon occhio le aperture pastorali di papa Francesco – ne hanno approfittato per lanciare un avvertimento e un monito al vescovo di Roma. Non vorremmo che questo ipocrita atteggiamento fosse imitato dalle frange conservatrici – soprattutto francesi – in occasione delle prossime elezioni presidenziali!

Tutto ciò rivela la profonda crisi della cultura religiosa statunitense sia di quella conservatrice che di quella progressista e secolarizzata. Questi cattolici hanno danneggiato, oltre che l’anima della democrazia, che deve la sua essenza al cristianesimo, la loro stessa fede che viene ridotta a morale, mentre essa è soprattutto – come ci insegna papa Francesco – incontro con l’uomo, soprattutto se povero, nel rispetto della sua dignità perché creato a immagine e somiglianza di Dio.

Anche l’Europa dovrà tenere conto di questo cambio di rotta storica: il cristianesimo, che ha contribuito notevolmente a creare la civiltà occidentale, sembra in qualche modo prendere da essa le distanze, a meno che l’Europa non si riappropri della sua identità e ritorni a testimoniare i valori che sempre l’hanno caratterizzata: riconoscere la persona in tutte le sue dimensioni respingendo quella preminentemente economica che la caratterizza oggi, accettare il ruolo pubblico delle religioni che non devono essere manipolate per combattere il terrorismo, elaborare politiche comuni sulle migrazioni basate sull’accoglienza e sull’integrazione rimuovendo ogni chiusura che la impoverisce, lottare contro la povertà.

André Malraux, in un suo celebre saggio del 1926, scriveva: “Per distruggere Dio, e dopo averlo distrutto, l’Europa ha annientato tutto ciò che la univa all’uomo. Giunta al termine dei suoi sforzi, non ha trovato che la morte”. Il non celato pessimismo dell’uomo di cultura e politico francese si avverò, dopo poco di un decennio, con la seconda guerra mondiale.

Oggi con la presidenza di Trump e con la federazione russa che intende giocare il ruolo di grande potenza a raggio mondiale, l’Europa deve assumere la parte di aprirsi ad una politica di forte coesione interna non per dominare il mondo, come ha fatto in un recente passato, ma per riavvicinarsi a quei popoli separati dall’odio e da lotte insensate.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login