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Cultura

VIVERE CON LEOPARDI

FELICE MAGNANI - 03/02/2017

leopardiPer i giovani Leopardi è il pessimismo cosmico. Lo è perché nella lezione sul poeta di Recanati ha quasi sempre prevalso il taglio apocalittico, quello che non lascia spazio alla speranza e così il povero Giacomo è costretto a soffrire due volte, anche per colpa di chi lo ha voluto etichettare come un uomo senza futuro. Eppure oggi siamo ancora qui a parlarne, è ancora al centro del nostro interesse letterario, ma soprattutto umano.

Nella civiltà delle tecnologie più avanzate investighiamo la storia di un poeta che ha fatto sognare milioni di giovani, affascinati dalla sua umanissima malinconia, dalla sua civilissima inefficienza fisica, da quel suo entrare e uscire da una condizione che in alcuni momenti assomiglia a una vera e propria prigionia. Giacomo è un giovane che ha saputo inoltrarsi e infiltrarsi con fervore e intelligenza nell’intricatissima rete della vita, ritagliandosi a suo modo una fetta di sapienza critica.

È un prigioniero? è l’immagine di un uomo che vive dietro le sbarre? o è solo un romantico pensatore, un razionale commentatore che si avvolge fino al punto di non riuscire più a sciogliersi in un abbraccio fraterno con quel mondo in cui ha lasciato il segno profondo del dubbio?

In Leopardi c’è la natura umana con i suoi slanci e le sue conversioni, la sua euforia e la sua compressione, c’è l’uomo diviso tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere, c’è la storia con le sue colpe e i suoi inganni, c’è soprattutto una immensa voglia di amare, che in momenti diversissimi diventa contemplazione, ammirazione, frustrazione, slancio, limite, conversione, rielaborazione, abbandono, autocompensazione.

Nel poeta recanatese convivono incertezze, debolezze, volontà, ritrosia, pudore, sfrontatezza. Lo ami perché lo senti vicino, ricordi di averne condiviso a tratti il pensiero, senti che è stato una presenza alla tua scalata adolescenziale, giudice inappellabile di una realtà non sempre benevola. Amare leopardi significa vivere insieme con lui il taglio umanissimo e struggente della sua poesia, una poesia che esce dalla bellezza classica per diventare storia, proclama, pensiero, filosofia, evocazione, analisi, sintesi, verso che s’irradia, lasciando al cuore di chi la legge la facoltà di emozionarsi, di condividere o di respingere, di prendere decisioni in merito.

C’è nella poesia leopardiana il senso dell’amore sublime, quello che si forma e si celebra in un’essenza superiore, che si anima di brividi e tremori, di angosce e pensieri prima ancora di scendere a valle lasciando all’onda lunga della passione terrena il suo corso. Nella poesia delle Odi il pessimismo non ha la precedenza, è meno forte della coscienza lirica, non tiene il passo, neppure quando condanna la vita come se fosse un giudice supremo. Il pessimismo sfuma nell’adorazione solare del paesaggio, dell’uomo nella sua ironia quotidiana. Il poeta crea le condizioni per un bagno di natura e bellezza, di momenti unici, vissuti da chi si sente attratto dalla condizione umana anche quando sembra non riuscire a capirla fino in fondo. Con Leopardi impari ad amare proprio quella natura che il poeta vorrebbe annullare, ma che invece lo prevale, gli dimostra quale sia il significato della bellezza autentica. E così ci lasciamo condurre quasi come in un sogno ristoratore dalla vita di un borgo, dalla luce solare, da una gioventù ansiosa di gioire, di vivere, festeggiare, da artigiani che firmano la loro creatività al lume notturno di una luna sempre più assidua frequentatrice delle notti di Recanati.

Dunque il pessimismo c’è, ma non sempre è vittorioso, non sempre la sua forma speculativa ha la precedenza sulla forza evocatrice della poesia. Amare Leopardi significa lasciarsi accompagnare da un personaggio che della vita ha scoperto moltissimo e che ha avuto il coraggio di essere se stesso in un mondo in cui l’educazione era incapace di andare incontro all’animo umano, restituendolo alla piacevole frenesia del vivere. Ieri come oggi il poeta di Recanati occupa uno spazio particolare nel cuore dei giovani per la spontanea passione con cui ha saputo esprimere se stesso, anche quando il mondo era sordo e muto di fronte alle domande di un giovane che aveva l’ambizione di diventare grande.

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