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Cultura

VINO AL VINO

RENATA BALLERIO - 03/02/2017

vino-al-vinoLe giovani coppie del dopoguerra
pranzavano in spazi triangolari
in appartamenti vicini alla fiera
i vetri avevano cerchi alle tendine
i mobili erano lineari, con pochi libri
l’invitato che aveva portato del chianti
bevevano in bicchieri di vetro verde
era il primo siciliano della mia vita
noi eravamo il suo modello di sviluppo.

Quante e quali letture possono germogliare dalle immagini fissate dal lento ritmo di questi nove versi? L’andamento quasi endecasillabico, estremamente sobrio nella punteggiatura, risulta spiazzante in certe inattese irregolarità sintattiche ma accogliente in una ormai sconosciuta e lontana quotidianità, che lancia – se vogliamo ascoltare – una domanda atemporale. Per chi siamo oggi modello di sviluppo? O forse siamo proprio noi gli invitati che bevono in bicchieri di vetro verde? Se questa scelta è scandalosamente provocatoria per gli amanti del vino (il bicchiere deve essere – a detta di costoro-trasparente per cogliere il colore e il sentore del vino), la poetica pennellata (vetro verde) aiuta a carpire la reciprocità, che secondo Walter Benjamin è un paradigma tutto novecentesco, tra quotidianità e impenetrabilità.

A ben considerare mai come oggi la letteratura ha la funzione, soprattutto per noi affetti da bulimia informativa, di accompagnarci ad accettare il mistero dentro e fuori di noi, regalandoci l’opportunità di osservare quanto ci circonda con uno sguardo nuovo o diverso e di accettare persino un chianti versato in bicchieri verdi. Forse in questa prospettiva anche il noto connubio tra letteratura e vino, fecondo topos (diciamo pure luogo comune) nei secoli, può diventare strumento conoscitivo. I versi che sono serviti da input per questa considerazione sono – ma qualcuno li avrà riconosciuti- di Luciano Erba, umile minutante padano. Il poeta, morto a ottantasette anni nel 2010, allievo di Sereni e curatore con Chiara di una bella antologia poetica, esponente della Linea Lombarda, sicuramente offre- oltre alla sua originale ricchezza linguistica che spesso coglie, sorprendo il lettore, guizzi di un quotidiano mai banale, anche spunti di riflessione sulla forza evocativa e generatrice di immagini sottese al vino e e all’universo lessicale di riferimento (ebbro, inebriante ecc). Senza essere presi da ansie compilatorie (quante volte usa e dove la parola vino) e senza essere frenati da griglie critico- interpretative, si può apprezzare in questo poeta, tessitore di colori (il villino rosa di Bellaria, i milanesi tramonti rosso oro, le operose città di cielo rosa, i prati fatti più verdi dai conigli, la camicetta bianca di Carlina) e alchemico dosatore di lingue e di registri linguistici, funambolico compositore di acrostici per cui le prime lettere di ogni verso, lette per ordine, danno un nome, il sapore della vita donato anche da una bottiglia di vino fresco tra sassi e corrente nella poesia Questi ultimi anni e dal vino rosso d’una mia terra, come nei versi visionari e sentenziosi di Super flumina. Una prova di questa magia vitale fatta di immagini e di lingua, per cui il bicchiere di vino diventa lente di ingrandimento del reale non descritto ma mosaico da leggere o meglio da ricostruire si trova nella poesia Ricostruzione.

L’allegria del badilante
qui alla Spezia è il bicchiere di vino
ma il piccolo muratore
riguarda con occhi di fuoco
al reggiseno steso alla finestra
caramella di pesca dei garzoni.

Erba, come tutti i poeti, ci accompagna nel percorso di ricerca della verità e pare declinare con originalità e freschezza, spiazzandoci e provocandoci, il lapidario In Vino Veritas. Non a caso intitola una poesia Il vino dei poveri, sonetto in cui rivolgendosi ad un tu non più giovane passa in rassegna le situazioni in cui si beve o non si beve (le troppe marche di vino nelle feste comandate o l’appena un dito versato all ‘assessore). La conclusione sentenzia con chiarezza e con malinconica essenzialità la meta finale di chi – anche tramite il vino- ha cercato la verità.

No. il vino che qui più ti assomiglia
è quello del clochard che tiene stretta
la sua bottiglia che non ha etichetta

La stessa meta, anche se in apparenza diversa, raggiunta in Ballata e orazione. Dalla buonanima di maitre Jean Cotart che

Discendeva dal vostro lignaggio,
per del buon vino non guardava al conto
anche se in tasca non aveva un soldo,
era fra tutti il più gagliardo a bere,
strapparlo dal bicchiere era impossibile,
mai ne aveva abbastanza di bevute.

Mai ne dobbiamo avere abbastanza di ricerche e dovrebbe essere davvero impossibile strapparci da esse, come metaforicamente ci ricorda Luciano Erba per poter invitare molti a dire vino al vino.: oggi più che mai.

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