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Politica

L’UMBERTO AZZURRO

MASSIMO LODI - 24/02/2017

RIUNIONE PARLAMENTO DEL NORDMentre la sinistra si divide tra renzismo e ronzismo, puledri esagerati impiantatisi troppo presto e stalloni dallo sfiancato scalpitìo, la destra che fa? La destra, la pittoresca/frammentata destra italiana, non è meno divisa della sinistra. Però se si ricompone, le può dar la biada. E ai grillini pure. Lo capiscono tutti, Berlusconi, Salvini, Meloni e cortigiani sparsi. La terza capisce anche che uno dei primi due, e non lei, può ambire alla leadership della coalizione. Il rimanente tandem, no. Berlusconi, che la saputa letteratura dei politologi/analisti/commentatori dava per finito già qualche anno fa, è nuovamente in sella. E che sella. Caso mai la sentenza della corte di Strasburgo lo riabilitasse, rendendolo eleggibile, egli avrebbe l’ardire, oltre che l’autorizzazione, di ricandidarsi come federatore dei moderati. Quale razionale argomento gli si potrebbe opporre, a parte l’avanzata età? Nessuno.

Salvini, che prese la Lega al 3 per cento e l’ha portata al 15, ha dalla sua il vento del contemporaneismo rabbioso. L’aria che ha tirato in Usa/Inghilterra, soffia in Francia e spiffera altrove in Europa, qui sembra far mulinello soprattutto attorno a lui. Che se ne gonfia i polmoni, moltiplicandone l’impeto travolgente. E autoproclamandosi il capo naturale di una coalizione nazionalista/radicale. Quale logica motivazione gli si potrebbe obiettare, a parte il calcolato opportunismo popul-neo-sfascista? Nessuna.

Sicché Berlusconi e Salvini se lo giocano con asprezza, il comando degli alternativi al progressismo. L’uno cercando di sfilare uomini e armi all’altro. Silvio, per esempio, pensa addirittura d’arruolare nelle file azzurre Bossi – che sta in uggia all’attuale segretario del Carroccio – attribuendo ancor oggi al vecchio sodale Umberto una non piccola capacità di traino elettorale. E circuisce il governatore del Veneto Zaia, apprezzato al tempo in cui era ministro, indicandolo come la scelta giusta per Palazzo Chigi.

Matteo boccia l’idea di Zaia (a quella di Bossi fa stanche spallucce, e basta), non perché pessima in sé, ma perché giudica pessimo il proponente di Arcore. Al quale prova a sottrarre la massa critica degli scontentissimi, indisponibili ad accogliere parole di buonsenso/misura su sicurezza, immigrazione, euro eccetera. Sono i cittadini senza cittadinanza politica: non la trovano nella sinistra borderline, tantomeno la trovano nella destra classica, postliberale, conservatrice, benpensante pur se malvivente. Salvini gli offre un rifugio, oggi più ricercato di una speranza.

Riusciranno a intendersi, i rivaleggianti? L’operazione appare difficile, e al tempo medesimo obbligata. Ovviamente da praticarsi in tempi stretti, per non restare col cerino in mano. La scissione del Pd, teoricamente vantaggiosa per Berlusconi/Salvini/Meloni oltre che per Grillo, avrà infatti come conseguenza l’acquisizione di consensi centristi da parte di Renzi, a risarcimento dell’emorragia di suffragi postcomunisti. E se il meccanismo scatta, il tris di destra (di destrieri) resterà al palo nella corsa al voto. Ecco perché tergiversare sembra un delitto, più che un errore.

 

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