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Attualità

MERLOT ALLA COLLEGIATA

SERGIO REDAELLI - 24/02/2017

Francesco Nutricati e il parroco don Ambrogio Cortesi prima di piantare il vigneto

Francesco Nutricati e il parroco don Ambrogio Cortesi prima di piantare il vigneto

Quattrocento bottiglie di Merlot nella vendemmia 2017. Contano di produrle e di deporle “religiosamente” in cantina a riposare il parroco della Collegiata di Castiglione Olona, don Ambrogio Cortesi e il parrocchiano e viticoltore per hobby Francesco Nutricati, appassionato agricoltore, che due anni fa rimise in produzione un vecchio terreno che ai primi del Novecento era piantumato a vite per conto delle suore. Probabilmente lo era già ai tempi del cardinale Branda, fedele consigliere del papa Martino V. Seicento anni fa.

Una volta, ogni chiesa aveva un piccolo podere per produrre il vino da messa e i dolci e soleggiati declivi dietro la chiesa della Beata Vergine e dei santi Stefano e Lorenzo, detta Collegiata per la presenza un tempo di un collegio di canonici, si è sempre prestata alla coltivazione della vite. Si tratta di 2500 metri quadrati, tenuti in parte a frutteto e in parte vitati con trecento piante di Merlot. Il vigneto potrebbe rendere otto o nove quintali d’uva ma, poiché a gestirli è un privato senza fini di lucro e senza altri mezzi che le proprie braccia, ne produce quattro quintali e mezzo. Che comunque non sono pochi.

“Lo scopo è di tenere in ordine il terreno della chiesa e d’accordo con don Ambrogio nel 2015 lo presi in comodato d’uso – spiega Nutricati, che alla passione per la terra unisce una discreta competenza avendo frequentato un corso di agraria – La cantina è piccola ma ho tutto quel che serve. Non mi interessa iniziare un’attività commerciale e vendere il vino. Mi basta la soddisfazione di aver recuperato una vecchia vigna incolta e di ricavarci un Merlot in purezza. Coltivo tre cloni diversi del vitigno francese con una distanza di oltre ottanta centimetri tra un filare e l’altro”.

Il vigneto due anni dopo

Il vigneto due anni dopo

Tutto è stato fatto con un buon livello di professionalità, a partire dalle analisi del terreno che hanno dato un risultato incoraggiante. La vigna, lunga e panoramica, si trova proprio dietro la chiesa costruita in forme lombardo-gotiche dai fratelli Alberto, Giovanni e Pietro Solari sul punto più alto del borgo, luogo di un antico castello e consacrata nel 1425. La Collegiata ospita la tomba del cardinale Branda, gli affreschi di Masolino da Panicale sulla volta con le Storie della Vergine e, alle pareti e nell’abside, le Storie di San Lorenzo di Paolo Schiavo e quelle di Santo Stefano affrescate da Lorenzo di Pietro, detto “il Vecchietta”. Entrambi allievi di Masolino.

Il complesso storico, artistico e religioso comprende il campanile, il chiostro dove si affacciava la canonica e il battistero, affrescato da Masolino con le Storie di San Giovanni Battista. Il borgo di Castiglione Olona è insignito del titolo di città per meriti d’arte e Gabriele D’Annunzio lo definì “isola di Toscana in Lombardia” nell’articolo “Faville del maglio”, pubblicato il 3 marzo 1912 sul Corriere della Sera. Una definizione che gli è rimasta addosso. Il vigneto omaggia in un certo senso la memoria di Branda Castiglioni, porporato gourmet e gran cacciatore, la cui passione venatoria è celebrata negli affreschi della Corte del Doro, nel palazzo di Monteruzzo, con aironi e germani reali che s’alzano in volo e lepri inseguite dai levrieri.

Il racconto del biografo Giovanni di Olmutz testimonia come Branda amasse ricevere a tavola ospiti di brillante conversazione e non si scordasse mai dei poveri: “A corte il cardinale teneva a mensa ottanta familiari e altrettanti cavalli con due cocchi sontuosi. Invitava alla sua tavola prelati, dottori, maestri e signori con i quali, a pranzo finito, teneva circolo e conversava d’arte e di teologia. Tutti i vasi e gli utensili erano d’argento e d’oro, così che la credenza era reputata degna d’un re e il modo di banchettare splendido e signorile. Gli avanzi dei pasti venivano quotidianamente distribuiti fuori dalla porta ai poveri, con l’aggiunta di bevande”. E forse, tra quelle bevande, c’era già il vino della Collegiata.

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