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Sport

ONORIAMO ROMBO DI TUONO

MASSIMO LODI - 24/02/2017

rivaIl consigliere regionale varesino di Forza Italia Luca Marsico è il primo firmatario di una mozione presentata ala Regione Lombardia per conferire un premio speciale a Gigi Riva, eccezionale campione nato 72 anni fa a Leggiuno e che poi fece fortuna nel Cagliari diventando un’icona della nazionale azzurra.

Era ed è un po’ così. Sentite: un giorno sta qui, a Varese, in ritiro con la nazionale di Sacchi e Carmignani. Hotel Palace, primo pomeriggio, giornata di caliginose brume. Lui siede al trespolo del bar, si scalda con un whisky. “Gede” accetta di mediare per una chiacchierata giornalistica: macché, l’intervistando sorride da lontano e declina. Sorride? Bah: sorride stretto. Burbero e arcigno. Secondo costume. Però ci tiene a comunicare ai cronisti che trattasi d’una sua regola, non dell’eccezione. Ovvero: non faccio così perché vi considero poco importanti. Sono fatto così, abbiate pazienza.

Non una novità. Marcia indietro nel tempo: fine di luglio del ’70, epoca post mondiale messicano, casa di Riva a Leggiuno. Il fotografo Mario Broggini ha preparato un ingrandimento a misura d’uomo, incollandolo sul cartone. Rappresenta il bomber in maglia rossoblù-Cagliari a Masnago, il giorno dello strangugliante 6-1 (tre gol suoi) al Varese di Arcari, un anno e mezzo prima, autunno ’68. Gliela vuole consegnare, appassionato omaggio al genio calcistico. Suona il campanello. A lungo. Dopo un bel po’, si apre la persiana. Alla finestra un’ombra che grugnisce: lasciatemi dormire. Beh, è mezzogiorno. Seguono spiegazioni vivaci. Infine, l’uomo allora più amato d’Italia scende, apre la porta, riceve il dono, ringrazia. Chiude con un abbraccio ruvido, una pacca generosa, la palpebra strizzata: dài, vi voglio bene.

Figuriamoci noi. Caro Luìs. Carissimo Gigi (Gigirriva per gl’isolani). Che notte ci regalasti all’Azteca, 4-3 alla Germania, il terzo gol tuo, poi le braccia su, sfinito, senza fiato, felice. E quante altre emozioni, e reti formidabili, e virtuali ole di popolo. Sei stato il più grande di tutti, per un pezzo. 156 gol in 289 partite di serie A, memorabile quello dell’ottobre ’70 a San Siro contro l’Inter, una saetta da centotrenta all’ora che fece scrivere alla maestosa penna di Giuàn Brera fu Carlo: ecce Rombo di tuono. E poi, inchinissimo, 35 gol in 42 prestazioni azzurre, col marchio tuo e di Pietruzzo Anastasi sulla doppietta che a Roma ’68 liquidò la Jugoslavia e ci rese campioni d’Europa.

Chissà se Skoglund e Nyers, potendo essere tra di noi, si pentirebbero di non avere risposto alle lettere che gli scrivevi da bambino, chiedendo un semplice autografo. Se Moratti padre licenzierebbe ex post il diesse imbranato che non seppe portarti a Milano, nella squadra del cuore. Se Zeffirelli non si stancherebbe di rimproverarti il rifiuto a recitare nel film su San Francesco: non capì il no a un cachet di quattrocento milioni. Ma tu avevi già capito l’essenziale della vita: dire di sì solo al proprio istinto, e poi vada come vada. Ti è andata sportivamente benissimo, e te ne siamo riconoscenti perché è andata bene anche a noi, d’una generazione non troppo distante dalla tua: ci hai colorato d’entusiasmo l’esistenza ragazzina. Ed è molto, credici. Moltissimo.

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