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Sport

MORLACCHI, IL FENOMENO

FELICE MAGNANI - 03/03/2017

Federico Morlacchi in azione

Federico Morlacchi in azione

Federico Morlacchi, sette medaglie paralimpiche, due volte campione del mondo e dieci volte campione europeo, è la Luino della giovane generazione, quella che si lancia nell’avventura sportiva mondiale, forte della natura esplosiva di un giovane che vola nelle piscine di tutto il mondo per affermare il diritto alla felicità. È il delfino paralimpico che non si arrende mai. Con l’acqua un rapporto materno, unico, irresistibile. Nell’acqua scatena la sua rabbia, ritrova se stesso, abbraccia e lotta, sente che in quel liquido che lo avvolge c’è lui, il campionissimo che affronta di petto il suo limite e lo supera, dimostrando che il sogno si può realizzare, sempre. Nonostante la dirompente esuberanza fisica, Federico sa essere riflessivo e leggero, proprio come quando apre le braccia e parte in volo alla conquista della medaglia di turno. È un giovane disincantato, moderno, che sa guardare avanti senza dimenticare il passato, che sa guardarsi attorno con lo spirito di chi cerca con insistenza le cose belle della vita, quelle che danno un senso ancora più divertente e profondo alle sue conquiste. È un atleta fortissimo, unico, capace di vincere sei medaglie d’oro di seguito in sei specialità diverse, uno che ha imparato a non piangersi addosso e soprattutto a non dimenticare che oltre l’euforia della vittoria, anche la più esaltante, c’è sempre una realtà che attende e sulla quale occorre pianificare con saggezza il proprio futuro.

Federico, la vita è una cosa meravigliosa, cosa ne pensi?

In linea di massima sì, ma non per tutti è la stessa cosa. Sono stato a Rio per le Olimpiadi, ho visto le favelas, ho visto come vivono, ho potuto constatare sul campo quanto la vita per qualcuno sia difficile, complicata e per certi aspetti terribile. Se vai lì a cantare la canzone della Mannoia, potresti incontrare domande a cui sarebbe molto difficile dare delle risposte. Anche la droga, ad esempio, è una fuga dalla vita, una fuga che presuppone un rifiuto e i rifiuti di solito si accumulano dove la vita non incontra quelle aspettative che sono necessarie per darle un senso, una ragione, una finalità.

 Non pensi che dopo una caduta ci si possa rialzare?

Tutto può succedere, ma sono molto pochi quelli che riescono a farlo.

Sei convinto che se i giovani venissero seguiti con più attenzione scoprirebbero mondi molto più ampi e, forse, troverebbero il modo di evitare di cadere nel disagio?

Bisogna partire dal presupposto che ci sono giovani che si lasciano aiutare e altri che non vogliono essere aiutati. Se qualcuno ti tende una mano e tu la rifiuti è ancora peggio. Credo che l’aiuto sia indispensabile, ma i giovani devono imparare a essere se stessi, ad assumersi le proprie responsabilità, a lottare con le proprie forze contro quelle difficoltà che ciascuno incontra durante il proprio cammino. Vivere è meraviglioso, ma è indubbio che occorra attrezzarsi in modo adeguato. È uno sforzo che dobbiamo fare tutti, indipendentemente da chi siamo, cosa facciamo, dal tipo di risorse di cui disponiamo.

Credi nella figura dell’educatore?

Federico medaglia d’argento

Federico medaglia d’argento

L’educatore ha un compito difficile e straordinario, perché deve entrare in relazione con la persona che ha di fronte, deve aiutarla a conoscersi, a tirar fuori tutta la ricchezza che ha dentro. Si tratta di un’operazione di altissimo livello, che presuppone un’ottima preparazione tecnica da parte di chi educa, ma sarebbe limitante pensare che tutto si possa risolvere sulla base di un confronto di natura “tecnologica”. Gli esseri umani sono prima di tutto umani, hanno un cuore, una testa, un’anima, hanno dentro di sé mondi che vanno portati alla luce, resi visibili, perché possano godere della possibilità di farli propri e utilizzarli ai fini di una maturazione bella e democratica. L’educatore può essere fondamentale, ma ha bisogno della stretta collaborazione di chi accetta di essere educato. La verità non è mai a senso unico.

Federico, ciascuno deve trovare la propria normalità?

Certo, ciascuno deve trovare la propria normalità. Ognuno ha dei piani e su quei piani definisce la propria natura, la propria relazione, la propria forza o la propria debolezza. La cosa che ti fa uscire campione è la persona che sei, quello che hai dentro, come lo sai riconoscere e utilizzare, come lo sai donare. Non sempre il campione è un vincente in assoluto. Abbiamo spesso assistito a campioni o presunti tali che lo sono stati solo per un attimo e che poi sono scomparsi. L’essere o diventare campioni presuppone una condizione mentale e morale che va ben oltre la conquista di allori sul campo, anche se gli allori sono un punto d’arrivo importante, perché ci fanno capire il carattere e le qualità di chi ha lottato per conquistarli. In questo momento il mio impegno è quello di lottare per dimostrare quanto sia importante il compito che mi è stato affidato, un compito faticoso, ma ricco di soddisfazioni, perché dietro alle mie medaglie c’è un lavoro attento, forte, determinato, ci sono rinunce, sacrifici, impegni. Dietro a ogni conquista ci sono entusiasmo e passione, voglia di dimostrare che ce la puoi fare e che, se credi in quello che fai, puoi essere un vincente.

Ci sono persone che credono che la fortuna giochi un ruolo fondamentale, sei d’accordo?

La fortuna gioca sicuramente un ruolo, se per fortuna s’intende una serie di circostanze favorevoli che possono spianare la strada, ma la fortuna bisogna cercarla, scovarla, farla uscir fuori. Dietro a tutto questo ci sono la personalità, il carattere, la determinazione con cui intendi costruire e affermare la tua vita.

Federico, spesso le cose belle arrivano dopo momenti difficili, sei d’accordo?

Nella mia breve esperienza posso dirti che le cose belle te le devi guadagnare, nessuno a questo mondo ti dà niente, nessuno è intenzionato a farlo, se vuoi devi lavorarci tu e nessun altro, devi essere l’artefice della tua fortuna. La bravura spesso non viene riconosciuta, c’è sempre una parte che ti osanna e un’altra che ti ignora, sei tu con la tua forza e il tuo coraggio che devi affrontare la vita cercando di dimostrare che la sai onorare e amare. Criticare è facile, ma è molto più difficile fare, dare, costruire. Dobbiamo imparare a stare insieme, a collaborare, ad affrontare con fiducia le prove che ci attendono.

Federico, parliamo della scuola, tu hai studiato al Liceo di Luino…

Ho frequentato il Liceo Scientifico di Luino e del Liceo, a distanza di cinque anni, ho una nostalgia assoluta, soprattutto per il rapporto che avevo instaurato con alcuni professori. Mi manca tantissimo l’insegnamento di alcune materie. Ho avuto insegnanti che potrei paragonare a una mamma o a un papà, mi sono stati vicini, ho respirato la loro attenzione, la loro capacità di entrare in sintonia con le mie attese e con le mie speranze, insegnanti che mi capivano e che sostenevano la mia passione umana e sportiva. Il mondo del Liceo è stato il mio mondo e continua a esserlo ancora oggi, perché nel Liceo di Luino ho scoperto non solo la bellezza del sapere, ma anche l’amicizia, la condivisione, l’impegno di chi credeva in me e mi sosteneva, facendomi capire quanto fosse importante quel tipo di scuola per la mia vita. Credo che la scuola abbia una funzione formativa fondamentale e che, proprio per questo, debba essere valorizzata, sostenuta, aiutata a essere sempre di più all’altezza della situazione, capace di creare il clima giusto per lo sviluppo di personalità vive, aperte, solidali, entusiaste, capaci di interagire con un mondo sempre più complesso. Nella scuola passiamo la parte fondamentale della nostra vita, quindi dobbiamo fare in modo che sia la più propositiva possibile.

Federico, credi sia importante mettersi in discussione?

Credo sia fondamentale, guai se non fosse così, vivremmo come degli automi, in una sorta di immobilismo perenne. Mettersi in discussione significa cambiare, trovare nuove soluzioni, rinnovarsi, spesso diventa la via di una rinascita, di un nuovo tuffo nella speranza.

Parliamo un po’ di Luino, la tua città natale.

A differenza delle persone note che hanno dato lustro a Luino io non scrivo poesie, non scrivo racconti, non ho il taglio dell’attore comico o del conduttore, sono un atleta che ama la sua disciplina fino all’inverosimile, un ragazzo che a Luino si sente a casa, respira l’aria buona della famiglia, degli amici di sempre, l’aria di un lago che qui diventa irresistibilmente affascinante. Qui la gente mi ha visto crescere, a Luino ho iniziato a nuotare, a capire quale poteva essere la fetta di felicità che mi apparteneva. Pur vivendo ormai quasi sistematicamente a Milano dove lavoro e studio, non posso non venire a trascorrere i miei week end nella pace di questa deliziosa cittadina. Non c’è angolo a Luino che non parli il linguaggio della mia giovinezza, in cui non riveda una parte di me stesso, del mio carattere, della mia voglia di vivere, delle mie gioie giovanili e delle mie speranze. Il mondo così amabilmente raccontato da poeti come Vittorio Sereni o da narratori come Piero Chiara è il mio mondo e ne vado particolarmente fiero. Spero proprio che anche lo sport possa trovare il suo spazio, non dimentichiamo infatti che Luino vanta una interessantissima vocazione sportiva, fatta di giovani atleti di oggi e campioni del passato che con la loro passione danno il senso della vocazione sportiva della città.

Federico, cosa pensi dell’amicizia?

Federico medaglia d’oro

Federico medaglia d’oro

È sicuramente un grande valore e merita un’ attenzione particolare. Con l’amico non c’è bisogno di tante parole, basta uno sguardo. Ci sono amici che non vedo da parecchio, ma in certi casi basta anche solo una telefonata per riavvolgere emozioni e sentimenti condivisi. Cerco di fare il possibile per mantenere questo valore, compatibilmente con gl’impegni che mi portano spesso in giro per il mondo. L’amicizia, quando è vera amicizia, sopravvive a tutto ed è un miracolo poterla conservare.

E della famiglia? Che importanza ha avuto nella tua vita?

Con il passare degli anni ho capito che ho avuto la fortuna di essere nato in una famiglia spettacolare, anche se purtroppo ho dovuto constatare strada facendo che per molti giovani non è stato così. Ci sono infatti delle ottime famiglie, che esercitano con entusiasmo e buon senso il loro ruolo e altre invece che non esistono o esistono solo sulla carta. Io ho avuto la fortuna di conoscere giovani che hanno padri e madri molto presenti e altri purtroppo che non hanno alcun punto d’appoggio reale, perché i padri soprattutto non si fanno sentire, li hanno abbandonati al loro destino. Mi sento un privilegiato, uno a cui non è mancato niente e questo è stato il mio punto di forza. Se banalmente qualcuno dovesse chiedermi: “Vuoi più bene alla mamma o al papà”, non saprei rispondere, perché sono state e continuano ad essere due figure chiave della mia vita; anche oggi, che ho una mia vita sentimentale, avverto l’importanza di poter godere di due punti di forza costanti, ai quali posso rivolgermi ogni volta che ne sento la necessità. Ci sono sempre e questo per un giovane è il miracolo più bello. Nel mio caso si diventa campioni per doti anche naturali, ma le doti da sole non bastano, occorre che il castello che hai costruito poggi su una base molto solida. La base è fatta di valori che genitori meravigliosi hanno contribuito a creare e a far crescere, facendoti capire che una base affettiva positiva è determinante nella conquista di un risultato. Certo diventando grande riprendi quei valori, li rielabori, li adegui, li collochi, ma è su quella base che fai girare il tuo mondo.

Federico, vincere è bello?

Vincere è bellissimo, ma poi devi confermare il risultato che hai ottenuto e devi impegnarti tantissimo per mantenere lo standard raggiunto e magari superarlo. Le pressioni sono fortissime a tutti i livelli, diventi un uomo pubblico, senti di avere delle responsabilità da gestire, capisci di essere un esempio per le giovani generazioni, è proprio in questa fase che viene fuori quella bellissima cultura materna e paterna che hai ricevuto con tanto amore, ma anche con tanta fermezza. Più in alto arrivi e più devi essere consapevole di quello che fai, di come lo fai, di chi sei diventato.

 Cosa pensi del doping?

Tutto il male possibile, chi si dopa deve essere messo fuori, la legalità innanzitutto. Il doping è un virus, l’antidoping è l’antivirus. In alcuni casi lo leggi sul viso di chi lo ha assunto, lo leggi dai tratti che mutano radicalmente una fisionomia. Il doping lascia il segno. Credo che occorra essere molto attenti e soprattutto sviluppare una cultura educativa della vita che rimetta in campo la bellezza di comportamenti puliti, di confronti leali, dove i valori valgono per come sono nella realtà e dove ciò che conta non è solo la conquista di un primato, ma la forza, l’impegno e l’entusiasmo che metti per migliorarti, per offrire il meglio di te a chi ha collaborato alla tua riuscita, al tuo pubblico, a quei tifosi che applaudono le tue imprese.

E alla tua famiglia stai pensando?

Per ora sono molto sereno, non mi pongo troppi quesiti sul futuro, cerco di vivere bene il mio presente.

Federico, esiste ancora la dicotomia, mondo olimpico e mondo paralimpico? Saresti favorevole alla fusione?

No, io credo fermamente nel Movimento a cui appartengo, alla sua identità sportiva e culturale, allo staff che lo guida. Lo sento vivo, molto presente nella mia vita, tecnicamente molto attento e molto ben strutturato, penso sia giusto così.

 Federico, parliamo un po’ del mondo dei giovani, un mondo che risente in modo forte della crisi e del disagio che stanno attraversando il nostro paese.

È un mondo straordinario, perché i giovani hanno energie da vendere, sono generosi, vivono senza l’assillo quotidiano degli adulti, per certi aspetti sono più liberi, bisogna fare attenzione però che la libertà non diventi un boomerang, qualcosa che invece di procurare benessere generi malessere e frustrazioni varie. Sono stato giovanissimo anch’io, so cosa significhi vivere questa stagione della vita con i suoi pro e i suoi contro, ma sono anche convinto che le strettoie servano ad aprire lo sguardo su orizzonti più ampi, anche le marachelle hanno una loro energia educante. Certo i problemi di oggi sono tanti e può risultare difficile stare in mezzo, ma per fortuna non sempre quello che consideriamo il peggio ha sempre la meglio, serve anche lui per capire qualcosa di più della vita.

Lo sport può essere un buon antidoto?

Lo sport può essere una via d’uscita, un buon modo di crescere, di riempire i vuoti che spesso la vita dissemina lungo il cammino, è sicuramente un valore aggiunto che può modificare in meglio la vita stessa delle persone. Educa, rafforza, rende più sicuri, migliora il livello di benessere fisico e mentale, è dunque un buon ricostituente, ma come tutte le medicine va preso secondo una prescrizione, va dosato, va vissuto con amore e buon senso. Credo che si possa fare davvero molto per avvicinare i giovani al mondo dello sport, soprattutto la scuola. Sono convinto che la scuola sia il luogo ideale dove approfondire un’ attitudine, una conoscenza, una vocazione, ma per questo ha bisogno forse di aprirsi di più al cuore dei giovani.

Federico Morlacchi è nato a Luino l’11 novembre 1993. Affetto da ipoplasia congenita al femore sinistro, si appassiona al nuoto fin da bambino e nel 2003 intraprende lo sport agonistico. Nel 2009, ai Campionati Europei di Reykjavik vince il bronzo nei 100 m farfalla S9 e ancora il bronzo nei 200 m misti SM9. Nel 2011, a Berlino, vince l’argento nei 100 m farfalla S9. Alle Paralimpiadi di Londra del 2012 tre bronzi (100m farfalla S9, 400 m st. libero S9, 200 misti SM9). Ai Campionati Mondiali di Montreal 2013 vince l’oro nei 100 m farfalla S9, l’argento nei 400 m st. libero S9 e il bronzo nei 200 m misti MS9. Nel 2014, ai Campionati Europei di Eindhoven vince l’oro nei 100 m farfalla S9, l’oro nei 100 m st. libero S9, l’oro nei 400 m st. libero S9, l’oro nei 200 misti SM9, l’oro nei 100 m rana SB8. Ai Campionati Mondiali di Glasgow 2015 vince l’argento nei 100 m farfalla S9, l’argento nei 100 m st. libero S9, l’argento nei 400 m st. libero S9 e l’oro nei 200 m misti SM9. Ai campionati Europei di Funchal nel 2016 vince l’oro nei 100 m farfalla S9, l’oro nei 100 m st. libero S9, l’oro nei 400 m st. libero S9, l’oro nei 200 metri misti MS9, l’oro nei 100 m rana SB8. Alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro 2016 vince l’argento nei 100 m farfalla S9, ottiene il 4° posto nei 100 m st. libero S9, l’argento nei 400 m st. libero S9, l’oro nei 200 m misti SM9 e ancora l’argento nei 100 m rana SB8. A soli ventitré anni Federico Morlacchi da Luino ha dimostrato al mondo sportivo e non di essere un grande campione, uno che lotta per dimostrare che con la volontà e l’impegno si possono raggiungere traguardi importanti. Nel novembre 2013 è stato nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana per i successi sportivi riportati.

 

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