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Zic & Zac

RINUNCIA ALLA FIDUCIA

MARCO ZACCHERA - 17/03/2017

tentazioniCredo che  un aspetto su cui riflettere grazie al Vangelo di queste settimane di quaresima sia quello della “tentazione”, quindi del “male”. Quali possono essere allora le “nuove tentazioni” dell’uomo moderno rispetto a quelle che tutti conosciamo?

Il Vangelo ci suggerisce almeno tre aspetti delle “tentazioni” di Satana verso Gesù e direi che la prima è quella più facile da interpretare: “Non di solo pane vive l’uomo” Quindi un richiamo alla tentazione di legare la propria vita o farla dipendere essenzialmente dall’aspetto economico, dal piacere, dall’aspetto estetico, dalla  soddisfazione dei bisogni fisici o materiali, dal “consumo”, insomma dalla ricchezza materiale.

Sono diverse settimane che il ciclo liturgico insiste su questo aspetto e se l’inizio della Quaresima vuole e deve essere l’inizio di un periodo in cui dobbiamo soprattutto interpellare noi stessi, forse è bene se ci soffermiamo un po’ anche su questo aspetto e che ciascuno di noi debba quindi nel proprio intimo farsi quello che una volta si diceva “l’esame di coscienza”… un piccolo ma utile esercizio quaresimale-

La riflessione è che non dobbiamo pensare solo al cibo, al sesso, all’abbigliamento, al vivere “per” il denaro ma se questo è appunto intuitivo pensiamo anche alla prima conseguenza che ne deriva se si cede a questa tentazione: se penso soprattutto all’accumulo o al consumo dei beni “per me”,  mi chiudo “per l’altro”.

Allora una prima osservazione è che devo trovare un equilibrio su questo aspetto o andrei in pesante conflitto con un concetto basilare della nostra fede ovvero che il cristiano non è su questa terra per accumulare o “dipendere” dai beni materiali, ma per l’opposto.

Ci piaccia o no Gesù è stato chiarissimo sull’argomento:  “Vuoi essere santo? vendi i tuoi beni e seguimi”.

Ma un’altra tentazione che il Vangelo ci propone è quella del “potere”, insomma  l’essere riconosciuto il più importante, il più forte, il più acclamato, più “opinion leader”. La chiamerei “sindrome della prima fila”: molte di queste persone ne fanno una questione di principio, incentrata sul “lui è più visibile di me, ma io sono più importante di lui”, oppure “perché lui  è stato ricordato nel discorso e io no, allora ce l’hai con me perché non mi hai citato”.

Chi frequenta le redazioni dei giornali o chi conosce il protocollo e il cerimoniale di una manifestazione pubblica capisce bene di cosa parlo, perché spesso solo stabilire le visibilità in una intervista o l’ordine di importanza nell’assegnazione dei posti in una cerimonia sono un problema.

Ricordiamoci che Gesù ci dice “ Se sei invitato a nozze vai all’ultimo posto, magari ti dicono di venire avanti…”

Un concetto di umiltà, quindi, ma nessuno deve sentirsi escluso dal rischio di questo tipo di tentazioni perché se è facile pensare a figure di potere che vogliono farsi notare,  ognuno di noi ha comunque una sua posizione sul lavoro, nella famiglia, nella società.

Addirittura il rischio per chi fa politica non è tanto – io credo – quello di rubare nella vita pubblica (perché per qualcuno che ruba ci sono moltissimi che lo fanno in maniera del tutto disinteressata) quanto di sublimare questa visibilità, questo narcisismo.

Per un politico cristiano può diventare una tentazione anche “cavalcare l’onda” e non invece portare a riflettere la gente. È più facile accodarsi al clima che prendere decisioni impopolari anche se si dovrebbero tenere  posizioni non equivoche su un determinato argomento.

Tutti possiamo però subire la tentazione del “potere”: l’avere l’ultima parola in una discussione magari in famiglia o all’assemblea di condominio è in fondo lo stesso concetto, è il volere sempre obbligare gli altri al nostro volere. A parte la giustezza o meno del nostro punto di vista  anche questa volontà di imporsi – che è insita nel nostro ego – può diventare una forte tentazione mentre l’esempio di Gesù è stato l’opposto: subisce addirittura il martirio, non si impone con la forza.

Il che non vuol dire – è ovvio – dare supinamente ragione a chi ha un pensiero che non condividiamo, ma c’è modo e modo di proporre il nostro punto di vista e attenzione – nel caso che magari alla fine il nostro prossimo ci dia ragione – lche a tentazione è poi, a volte, anche quella di insistere, di umiliare  il nostro interlocutore che lealmente ha riconosce il suo errore.

Mi hanno sempre dato fastidio quelli che sostengono per tutto “ È successo quello che io avevo detto”.

Lo stesso rischio c’è sul luogo del lavoro: il capo che comanda (e a volte addirittura obbliga) senza prestare rispetto alla personalità, all’opinione, all’esperienza, alla proposta del suo dipendente

Per finire c’ è  un’ultima tentazione che dobbiamo affrontare e ne è l’opposto: è la chiusura in noi stessi, facile soprattutto quando si diventa anziani.

Chiudere la mente e il cuore, estraniarsi, chiamarci fuori, considerare i giovani  tutti stupidi, che hanno sempre torto… non dare un proprio contributo ogni giorno a fare una piccola cosa perché “tanto non cambia nulla”, “tanto non lo sa nessuno”, “tanto non conta”, “tanto va tutto male” è un non solo rinunciare a vivere ma farci vincere dalla  tentazione.

Perché forse la tentazione più grande è proprio non avere più fiducia, non avere più la speranza. Rinunciare all’impegno significa non avere più fiducia nell’umanità e quindi nella presenza di Dio

Spegnere questa luce che dobbiamo comunque portare in noi stessi, è perdere quell’essere un po’ il sale della terra che dovrebbe contraddistinguere l’esperienza di ogni cristiano è forse, quindi,  è alla fine questa la più grande delle tentazioni.

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