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Cultura

SPIRITUALISMO FRANCESE

LIVIO GHIRINGHELLI - 17/03/2017

marcel

Gabriel Marcel

Lo spiritualismo si afferma in Francia richiamandosi al precedente di Maine de Biran, avversario al contempo del realismo materialista come dell’idealismo. Si tratta di uno spirito inteso non nel senso di sola mens, bensì nell’accezione di tensione, sforzo. Il soggetto non è mai disincarnato, anzi è intrinsecamente in rapporto con il corpo che, se per un verso costituisce un ostacolo alla sua attività, per l’altro rappresenta un punto di forza per la sua libertà.

Per Gabriel Marcel  (1889-1973) il filosofare è un’esperienza esistenziale concreta al di là sia del dualismo cartesiano (res cogitans-res extensa), sia dell’opposizione tra immanenza e trascendenza. La coscienza è sempre incarnata e insieme esposta di continuo al mistero ontologico. “Una filosofia concreta è una filosofia del pensiero pensante” (definita neosocratismo) e l’essere non è una questione del pensiero,  ma è il mistero che abita il pensiero; non può essere concettualizzato secondo le categorie della logica classica tipiche del  pensiero metafisico. È messo in luce soltanto in un orizzonte esistenziale. Il filosofare non può quindi assumere una dimensione sistematica. Entra quindi in campo una “riflessione seconda”,  creativa e sovraconcettuale,  denominata “intuizione intellettuale” (Essere e avere,  1935),  in cui l’uomo rinnova la sua disponibilità  alla partecipazione con l’essere.

Docente nei licei, giornalista, critico letterario, Marcel nel 1929  si converte dall’ebraismo al cattolicesimo. Dopo un primo interesse per l’idealismo angloamericano, poi per Bergson, affronta il tema dell’incarnazione, oscura notte del corpo. Non si riconduce all’esistenzialismo, in quanto l’oggetto della sua indagine è costantemente l’essere, che non è un problema che l’io può oggettivare, determinare, trasformare, ma un mistero. L’uomo lo può solo riconoscere nell’intuizione di una trascendenza,  con cui la propria esistenza è in rapporto. L’alternativa è  tra essere e avere, tra il vivere la propria vita  nel mondo dell’oggettivazione, del possesso e della tecnica  e il viverla  come mistero del proprio coinvolgimento nell’essere.  Bisogna superare la scissione  prodotta dal cogito cartesiano  tra soggetto capace di conoscenza  e soggetto vitale.  Le condizioni per avvertire la presenza  dell’Assoluto sono fedeltà e amore,  un impegno personale costante.

Marcel vuole ricondurre  alla dimensione dell’esperienza personale il riconoscimento del sacro e di Dio. Maggiore ostacolo è lo spirito di astrazione.

Lo spiritualismo registra sviluppi  con René Le Senne (1882-1954) e Louis Lavelle (1883-1951).  Entrambi fondano nel 1934  la collezione di opere filosofiche  Philosophie de l’Esprit contro le dottrine positivistiche e materialistiche. Avvertono la necessità  di una liberazione dallo scientismo e dallo statalismo  o totalitarismo politico,  pena il rischio di sacrificare  la coscienza personale  e di impoverire la forza del soggetto  umano nel nome  di una oggettività dominabile  concettualmente e tecnicamente e di una meccanizzazione  spersonalizzante della vita sociale.

La speculatività della filosofia  riavvicinerebbe  dimensione etica e dimensione metafisica.  C’è la volontà di ritrovare  lo spirito (esprit vale sia spiritus che mens). Il tutto anche nella prospettiva  di diffondere uno spiritualismo ecumenico. L’indirizzo della collezione è dichiaratamente aconfessionale.

La filosofia di René Le Senne è di ispirazione essenzialmente etica; ha come oggetto fondamentale l’esperienza umana come esperienza di contraddizione, di ostacoli e di conflitto insoluto,  superata nella tensione morale del dovere, un’aspirazione a non cedere, risolvendo la contraddizione nell’armonia dello spirito. L’esperienza di sé è sempre esperienza delle contraddizioni, che limitano il soggetto, ma che esigono un continuo superamento verso il valore. Il Valore è l’Assoluto unico e infinito. L’uomo non può attingerlo immediatamente, ma solo nelle sue manifestazioni, cioè nei valori particolari,  che costituiscono nell’insieme  la pienezza del valore.  La dialettica tra determinazione e libertà  per Le Senne è presente anche in psicologia. Per lui vige un piano di relazione  universale tra interiorità ed esteriorità, tra finito e infinito,  che è rapporto dialettico vivente, sforzo inventivo continuo di collegamento tra la coscienza e il suo principio spirituale.

Lo spirito è per Le Senne ciò che ingloba tutto quello che può essere sentito, pensato o intuito. Tra le sue manifestazioni centrale è quella del valore.  Diffidente di ogni ontologismo lo definisce anche  come “super-essere” (Il destino personale, 1951). L’Assoluto, Dio, è la fonte originaria di tutti i valori. La spiritualizzazione del mondo avviene mediante  la relazione interiore   tra la fonte universale dei valori  e le singole coscienze personali. L’uomo non crea i valori,  ma crea loro uno spazio d’accoglienza. Valori essenziali sono il vero, il bello, il bene, l’amore. L’io è un insieme di strati,  in cui si combinano corporeità, interiorità e carattere, in cui il valore opera  la formazione della personalità. C’è sinergia fra filosofia dei valori  e psicologia dei caratteri  e relazione sinandrica,  cioè di comunione  tra uomo e uomo  contro il fanatismo, che trasforma ogni valore  in vuoto idolo dogmatico.

Il tracciato di Louis Lavelle  è decisamente più ontologico-metafisico. La sua è un’ontologia del concreto,  per sua definizione.  Il mistero dell’essere è tutt’uno  con il mistero dell’esistenza,  dell’io. C’è tensione polare  fra inquietudine e gioia  (abolita ogni opposizione  fra finito e infinito, relativo e assoluto, particolare e universale). Tutto è partecipazione all’essere e unità partecipata. L’essere è il termine primo,  dato che ogni altro termine  lo presuppone e lo esprime limitandolo (Sull’essere, 1928). Non è esterno a niente e niente è esterno all’essere. La radice originaria di ogni agire è partecipativa. “Non posso né porre l’essere indipendentemente dall’io che lo coglie,  né porre l’io indipendentemente dall’essere nel quale esso si inscrive” (L’atto, 1937). L’atto più alto è quello d’amore. La conquista di sé fa tutt’uno con la rinuncia a sé. La spiritualizzazione autentica non può prescindere dalla concretezza fenomenica dell’esistenza. La vita immortale dell’anima non è meramente durata infinita, ma vita che comprende la morte e la supera.  L’eternità non è vista  in opposizione al tempo,  ma è ciò che attraversa  e contiene il tempo. Il tempo non è più  una semplice serie cronologica  di istanti, ma un veicolo della nostra eternizzazione  (Sull’anima umana, 1951).

Docente alla Sorbona dal 1932 al 1934 e al Collège de France dal 1941, Lavelle intende fare  dalla sua filosofia dello spirito una metafisica, anzi un’ontologia. Compito fondamentale l’indagine sull’essere. L’essere è uno, il Tutto e l’Assoluto. La coscienza può avere l’intuizione dell’Essere nell’esperienza dell’intimità spirituale e non nella conoscenza degli oggetti esterni. La sintesi di ontologia e psicologia non è condotta in senso idealistico, ma come una fondazione ontologica del pensiero: il cartesiano  cogito ergo sum inscrive il pensiero nell’Essere e non l’Essere nel pensiero.

L’uomo ha dunque il suo fondamento in Dio  e Dio è presente nella coscienza,  poiché l’Essere è univoco. Lavelle non giunge ad esiti panteistici: l’essente partecipa dell’Essere,  ma ne è anche separato da un “intervallo”, costituito dall’esistenza nello spazio e nel tempo. Si apre così una “dialettica della partecipazione”, per cui l’esistenza stessa,  che è il principio del distacco dell’essente dall’Essere, è anche la possibilità dell’unificazione attraverso la libertà (Il tempo e l’eternità, 1945).

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