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Cultura

MIO CARO UOMO

MANIGLIO BOTTI - 24/03/2017

caro-uomoDividere l’ “universo maschile” – così l’ha chiamato in una confidenziale chiacchierata – in categorie per quanti miliardi siamo sulla Terra non crediamo sia possibile. Ogni uomo, ogni “maschio” risponde di sé.

Eppure Monica Toso, giornalista giovane ma già di buona e lunga esperienza professionale, vigevanese, approdata alle dorsali prealpiniche ormai da diversi anni, ci ha provato, enucleando una decina di figure e mettendo poi tutto “nero su bianco” in un libro (pubblicato alcuni giorni fa dalle edizioni del Cavedio e con un ricavato benefico a sostegno dell’associazione onlus varesina Giovanni Ascoli) che si intitola “Caro Uomo ti scrivo”; dieci lettere indirizzate da Monica ad altrettante tipologie di uomini, alcune forse incontrate e sperimentate per davvero, altre magari un po’ assemblate, prendendo però sempre spunto da esperienze di vita vissuta.

Questa dell’autobiografismo, in libri del genere, è una nota talvolta inevitabile, ma di sicuro intrigante. Eppure, leggendo il volumetto, scritto con uno stile molto agile e discorsivo, ci si rende conto poi di come una certa universalità di opinioni e di casi si manifesti, qua e là. E ognuno di noi uomini che facesse anche un piccolo esame di coscienza si potrebbe in parte riconoscere. E non soltanto in un’unica categoria. Sicché alla fine la tipologia, con i suoi pregi ma soprattutto con i suoi difetti, si amplia a dismisura come in un calcolo logaritmico.

Alcuni titoli dei dieci capitoletti e lettere sono subito espliciti: cocco di mamma, quando dico no non vuol dire sì, la sindrome del maggiordomo, uomo sposato uomo sbagliato; altri “capitoli” hanno invece un’introduzione se si vuole più letteraria e tradizionale: il signor Ingalls, cromosoma XY, il divano a fiori, insieme eravamo (con un’insistenza sull’eravamo) perfetti… Tutti, poi, sono presentati con aforismi e distici, che poi spiegano un po’ anche il senso dell’intervento. Per esempio, la lettera all’ “uomo maggiordomo” si apre con una frase di Nietzsche: “Io amo gli uomini che cadono, se non altro perché sono quelli che attraversano”. Come a dire proprio che la vita quotidiana, spicciola se si vuole, alla fine si sposa con l’universalità. E ne fa parte in qualche modo.

È chiaro che un libro del genere, per giudicarlo e assimilarlo, vada letto. Non è una banalità. Monica Toso nella premessa che ne fa dice che l’ha scritto un po’ per scherzo e po’ per terapia. Terapia personale dobbiamo dedurre. Anche per chi invece il libro lo legge esso può anche rappresentare una cura, un ammaestramento. Nella migliore delle ipotesi un consiglio spassionato. Sia che si ritrovi nelle categorie definite sia che non vi si trovi.

Ma prima di procedere Monica, quasi come in un attacco giornalistico di un articolo un po’ più lungo del solito, comincia con un elenco: le centouno cose che vorremmo (sottotitolo: …noi donne siamo complicate, e lo sappiamo). C’è un po’ di tutto in queste centouno cose, cose facili, desideri, aspirazioni (vorremmo non avere occhi stanchi; vorremmo gesti discreti e gentili; vorremmo essere belle sempre) e cose un po’ più difficili e forse astratte, pensieri vaghi e quasi leopardiani: vorremmo un unico cielo per guardare le stesse stelle; vorremmo che nel piacere ci fosse equilibrio; vorremmo poter mettere virgole, non punti…”. E poi c’è una chiusa: Monica, dopo dieci lettere scritte ad altrettanti “tipi” di uomini, ne scrive in pratica una a sé stessa: cara Donna ti scrivo, che si conclude, da parte dell’uomo, con seguenti parole: “È vero, siamo proprio diversi. Ma vuoi vedere che è per questo che ti amo?”. Che poi fa pendant con l’ultimo dei “vorremmo” da parte della donna: vorremmo essere capaci di amarti, anche se non sempre ci riusciamo.

Ah l’amore! Ricerca forse impossibile di piacere, di felicità. Più spesso invece una prova di sacrificio e di dolore.

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