Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cara Varese

DON PASQUALE L’AVANGUARDISTA

PIERFAUSTO VEDANI - 31/03/2017

Mons. Macchi al Sacro Monte nel 1984

Mons. Macchi al Sacro Monte nel 1984

La sua gente, in particolare il cardinale Nicora e i vescovi Caprioli e Stucchi, lo ha degnamente ricordato non come segretario di Montini, prima arcivescovo di Milano e poi Pontefice, ma come portatore di una spiritualità e di una sensibilità che sono l’architrave del sacerdozio. E che in monsignor Pasquale Macchi furono grandi, ma non note,indirettamente blindate come erano dalla riservatezza che gli imponeva la delicatissima carica di segretario.

Il ricordo, molto partecipato, a Villa Cagnola era imperniato sulla presentazione del libro “Monsignor Pasquale Macchi – Per una biografia spirituale”, a cura di monsignor Caprioli e Luciano Vaccaro e con i contributi di numerose personalità che hanno conosciuto o, a diverso titolo, frequentato don Pasquale.

Il libro colma sicuramente una lacuna perché Varese ha conosciuto benissimo Don Pasquale nei suoi impegni diocesani come insegnante in seminario e come segretario di Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano e Pontefice.

A Varese don Pasquale fu sempre presente come importante riferimento per sacerdoti e carissimi amici laici che si formarono o vissero importanti anni della loro vita a stretto contatto con la realtà dello storico oratorio di via san Francesco.

Per certi versi furono una vera élite perché conobbe intimamente anche il sacerdote Pasquale, non solo l’impenetrabile uomo d’azione di ambienti esclusivi.

La concretezza nemica delle chiacchiere non fu mai seconda alla riservatezza di don Pasquale. Dopo i gravosi impegni in Vaticano, approdato al Sacro Monte egli rilanciò la montagna cara ai nostri cittadini con iniziative rivoluzionarie, riproponendola poi ai fedeli di Lombardia e dell’intero Paese con il rosario recitato da papa Giovanni Paolo II lungo la Via Sacra.

Le istituzioni civiche, dove abbondano i cavalieri del lavoro altrui, addirittura in qualche occasione hanno polemizzato con Macchi: celebre il giudizio di un giovane sindaco leghista ”Il parere di don Macchi è quello di un comune cittadino”, ma non sono mancate autentiche imprese come quella di una onorificenza – mi sembra la Martinella – consegnata alle sorelle dopo la morte di don Pasquale.

Non ho avuto rapporti stretti con un personaggio di tanta levatura, ma avendo avuto anche io nella mia vita giorni bui ho sempre ricevuto scritti affettuosi da don Pasquale: erano ricchi calore e sensibilità, di parole di un grande sacerdote.

A monsignor Macchi è legata una delle mie monellerie. Per anni a primavera inoltrata mi ritrovavo a Montecatini con un gruppo di ex oratoriani amici di don Pasquale. Erano giorni di autentico spasso averli vicini, spesso però davamo spazio alle gite culturali e fu così che si fece tappa a Ponte Buggianese dove ci sono importanti affreschi di Annigoni.

La visita alla chiesa non si iniziò subito perché c‘era un folto gruppo di bambini che si esercitavano nel canto. Li ascoltavamo con pazienza quando mi si avvicinò il carissimo Carletto Ganna e mettendosi una mano davanti alla bocca in dialetto mi sussurrò. “Se ci fosse qui il Pasquale li strozzerebbe tutti!”.

Da sempre molto dispiaciuto di essere stonato come un campanaccio ebbi una reazione goliardica e … giornalistica: immediata verifica sul campo, due passi e mi accodai al coro ben conoscendo le parole dell’inno e cantai ad alta voce.

Don Pasquale non avrebbe mai strozzato nessuno, ma non avrebbe mai fatto cantare i bimbi e i loro maestri. Il parere di Carletto fu una sorta di autorizzazione: nessuno infatti si accorse della mia stonatissima invasione.

Per tre o quattro minuti mi ritrovai felice monello come quando, sfollato da Milano nel 1942 a Camerlata di Como, assieme a tanti nuovi compagni ero impegnato ad andare per boschi, a pescare pesciolini nelle torbiere a rubare frutta o nuotare nelle rogge e catturare rane.

Di questa mia botta di infantilità, una vera inattesa ricaduta, avrei parlato tempo dopo con un amico sacerdote. Mi ricordò che le marachelle dei ragazzini e gli stonati erano sempre ben altra cosa. Eravamo ancora nel tempo della Prima Repubblica.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login