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Noterelle

LA VETRINA DELLA “PIATÉRA”

EMILIO CORBETTA - 31/03/2017

vetrinaI desideri ti riempiono“ l’anima”… È una parola un po’ esagerata per indicare la psiche, ma è più poetica, più bella, quanto è bello il desiderio e l’attesa di un qualcosa che può giungere. Tu sai che il tuo desiderio può anche svanire nel nulla, non realizzarsi, ma tu l’aspetti, tu lo vuoi. Quanto sono più belle le cose quando si aspettano, quanto l’attesa si prolunga nel tempo! Non puoi invece apprezzarle con uguale piacere quando giungono subito, avanti d’averle desiderate.

È quanto capita quando magari arriva un bellissimo dono, addirittura prima che tu l’abbia pensato. Diventa una sorpresa? Forse, ma è più sorpresa quando è un desiderio che si avvera inaspettatamente. È un gioco complesso basato molto sulla complicità tra i protagonisti.

Su questi pensieri affiora ora un ricordo: un tempo vicino a casa nostra, lungo la via per andare a scuola, c’era un negozietto di casalinghi. A dir la verità era una specie di bazar, dove si vendeva di tutto, utilissimo per le donne di casa della nostra castellanza. La “piatera” veniva chiamata la gentilissima signora che gestiva il negozio, che trovava anche il modo di vendere giocattoli che erano esposti in primo piano in una vetrina.

Per i bimbi che passavano per andare a scuola era la vetrina più bella della città. A quei tempi i bambini potevano andare a scuola da soli. Il passaggio dei veicoli era molto ridotto e ci si poteva fidare a lasciarli andar da soli. Tutti i vicini ed i passanti li proteggevano conoscendoli e caldi e vivaci erano i saluti scambiati. Ma per i bimbi l’importante era fermarsi a lungo davanti alla vetrina della “piatera”. La cartella posata a terra, le manine e la fronte appoggiate sul vetro e lunga osservazione dei giocattoli, anche se modesti e non sofisticati come quelli dei nostri giorni. I giocattoli rimasti a casa momentaneamente dimenticati: l’attenzione e il desiderio erano lì. Doveva uscire la “piatera” a ricordare che la scuola attendeva, o era una cliente o un passante a richiamare il dovere, ed allora via di corsa.

Esperienza vissuta un po’ da tutti noi con qualche anno sulle spalle, come si suol dire. Le generazioni infantili successive han perso questa semplice ma importante esperienza

Il desiderio è un sentimento abbastanza fondamentale perché, quando viene soddisfatto, la reazione piacevolissima di chi riceve rende il dono molto prezioso; lo si conserva con attenzione, quasi lo si adora. Il desiderio che si è realizzato è lì, lo vedi, lo tocchi, lo usi, ci giochi, fa parte concretamente delle fantasie dei tuoi giochi.

Le abitudini di vita dei nostri giorni sono molto mutate. I bimbi non possono andare a scuola da soli, nemmeno possono girare da soli nelle strade del vicinato essendo il traffico più convulso, più pericoloso. Quasi tutti devono essere portati inscatolati nelle carrozzerie delle auto perdendo la possibilità di osservare la vita della città, senza incontrare gli abitanti, senza poter vedere le vetrine dei giocattoli, che oltre tutto sono quasi scomparse. Un tempo il percorso partiva da casa, andava più lento, attraversava numerose esperienze quotidiane, incontro di vicini, altri compagni, un cane o un gatto, dei fiori di una siepe, “Li portiamo alla maestra?” (E poi la famosa vetrina.)

Oggi il percorso invece è direttamente casa – aula – casa. Bimbi immersi nel mondo dei condomini dove vengono penalizzati dalle regole condominiali, oberati da impegni organizzati dalle madri: la piscina, la palestra, il campo da tennis, la palla volo per le femminucce, la scuola di danza e così via. Poi le ore della TV e qui la micidiale pubblicità, che ha sostituito la vetrina, ma non con la stessa genuinità dei sentimenti, del desiderio che viveva nel silenzio dei tuoi pensieri, della tua fantasia. Martellati dai suoni che accompagnano le pubblicità delle “Barbie” e degli altri giocattoli moderni, i bambini vengono derubati delle loro volontà, delle loro personalità e condotti sulle vie del consumismo.

Era meglio un tempo? Di pene ce n’erano tante anche allora. Non è che le paure dei nostri giorni, l’incapacità a governarle, ci spinga a considerare il passato migliore del presente? Certo, i discorsi, quasi criminali, degli odierni politici, che oltre tutto puzzano di profonda ignoranza ed irrispettosa aggressione dei semplici, fomentano furbamente ad arte il sentimento delle paure, bloccando progetti e programmi che potrebbero risolvere al meglio certi problemi, con maggior vantaggio per l’odierna realtà.

Che fare? Fermiamoci un momento. Facciamo come davanti alla vetrina della “piatera”. Cerchiamo dentro di noi gli innati desideri del nostro profondo. Scacciamo la paura e cerchiamo il coraggio necessario per realizzare la soluzione dei nostri problemi, fiduciosi nelle nostre capacità, che ci sono.

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