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Economia

PASSO DEL GAMBERO

GIANFRANCO FABI - 07/04/2017

globalizzazioneIl processo di globalizzazione è ormai chiaramente sotto accusa in Europa come negli Stati Uniti. L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti è avvenuta sulla base di un programma con al centro la costruzione di nuovi muri per fermare le persone e di nuove barriere per proteggere le produzioni e i posti di lavoro nazionali.

E le prime settimane di governo di Trump, pur tra passi falsi e ostacoli imprevisti, hanno comunque dimostrato che la volontà di rendere concreto la slogan “America first” passerà anche attraverso nuovi dazi e ostacoli alle importazioni.

Alla globalizzazione che ha caratterizzato gli ultimi decenni si imputa soprattutto una colpa: aver ampliato le disuguaglianze all’interno dei paesi, concentrando la ricchezza nelle mani di pochi ricchi, restringendo sempre più l’area del ceto medio e allargando nello stesso tempo la platea della povertà. Si potrebbe far notare che più che dalla globalizzazione questi risultati sono derivati dall’incapacità della politica di dettare le regole, facendole ovviamente poi osservare, per attuare una sana redistribuzione dei redditi. Ma il paradosso di questa realtà è che si finisce per chiedere un maggiore intervento degli Stati per rimediare ai fallimenti delle politiche degli stessi Stati.

C’è tuttavia un elemento che sta prepotentemente avanzando all’interno del sistema economico mondiale costringendo a ripensare il concetto stesso di barriera o di confine. Si parte da Internet, che ormai da più di vent’anni, ha connesso in un’unica grande rete tutte le informazioni sulle attività immateriali: quelle finanziarie, così come le semplici notizie, i dati sui consumi di beni e servizi, gli spostamenti delle persone e delle merci. E si arriva ai “big data”: grandi magazzini virtuali dove tutte le informazioni vengono non solo stipate, ma soprattutto elaborate, ristrutturate, rese disponibili. Ogni due giorni si producono tanti dati quanti quelli generati dall’intera umanità prima del 2003. E il ritmo di accumulo cresce ad un tasso annuo del 40%.

L’elaborazione di questi dati sta già modificando sostanzialmente molti livelli della realtà economica e sociale come le politiche di marketing delle imprese, la gestione dei sistemi di trasporto, le proiezioni attuariali delle assicurazioni.

Porre dei confini all’avanzata della rete è praticamente impossibile. E in una società globale dove i bisogni primari, come la casa e l’alimentazione, sono largamente soddisfatti (anche grazie ai sussidi sociali per le fasce p iù povere della popolazione) c’è un grandissimo spazio per la crescita dei servizi immateriali con l’informazione al primo posto, ma anche l’intrattenimento, l’arte, la consulenza, le attività finanziarie, l’assistenza a distanza. Per questi, e tanti altri profili, una realtà come quella dei big data può offrire servizi personalizzati sulla base di paradigmi di conoscenza sempre più estesi. Siamo di fronte ad una fase nuova dello sviluppo sociale, una fase che richiederà di cambiare anche i parametri di valutazione come quello del valore calcolato finora solo in termini di prezzo o di quantità.

La conseguenza più rilevante a medio termine sarà il superamento di quelle barriere che tanto faticosamente ora molti vorrebbero costruire. Rete e big data stanno facendo nascere una nuova globalità di cui ora si vedono solo piccoli frammenti, una nuova globalità che richiede di essere prima compresa, poi governata. E su questo fronte è la politica che deve non solo controllare, quanto aiutare a sviluppare tutte le potenzialità garantendo insieme il rispetto della libertà di ciascuno e l’uguaglianza delle opportunità per tutti.

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