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Cultura

LEONARDO SEGRETO

SERGIO REDAELLI - 07/04/2017

 

L’ultima Cena di Leonardo. Sappiamo davvero tutto del capolavoro che il figlio illegittimo del notaio Piero da Vinci realizzò nel refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano? O al contrario ci sono ancora misteri da chiarire? La Gioconda insegna. Si tratta con ogni probabilità di Lisa Gherardini, figlia di Antonio Maria di Noldo Gherardini, nata il 15 giugno 1479 a Firenze e andata in sposa nel 1495 a Francesco di Bartolomeo del Giocondo, da cui prese il nome di Gioconda. Ma gli studiosi si affannano da secoli a indicare diverse identità.

Chi dice sia Caterina Riario signora di Forlì nel ‘400, chi Bianca Maria Sforza nipote di Ludovico il Moro che Leonardo accompagnò in Tirolo per sposare l’imperatore Massimiliano d’Asburgo. Altri sostengono sia l’autoritratto in cui Leonardo coglie la propria parte femminile e Sigmund Freud propone un’ipotesi in chiave psicanalitica. Il vago e indefinibile sorriso di Monna Lisa simboleggerebbe l’attrazione che il genio di Vinci provava per l’amatissima madre Caterina.

Da un capolavoro all’altro, dubbi e interpretazioni fioriscono anche sull’ultima Cena. Fu una creazione di fantasia oppure Leonardo ambientò l’immortale “convivio psicologico” in un luogo preciso? Sappiamo che il dipinto ritrae le reazioni degli apostoli alle parole di Cristo “uno di voi mi tradirà”, ma dove si svolge la scena? La campagna che si scorge attraverso le finestre è un angolo di Toscana o di Lombardia? Una risposta ci sarebbe.

Il luogo che ispirò il pittore durante il soggiorno a Milano alla corte di Lodovico il Moro sarebbe una sala del monastero medievale di San Calocero a Civate, ora Casa del Cieco, nel Lecchese. L’affascinante ipotesi è stata formulata nel corso del convegno tenutosi nei giorni scorsi a Civate dal relatore Dario Monti che, con la moglie Rosalba Franchi, ha condotto un’accurata indagine sui “luoghi di Leonardo” e pubblicato i risultati con fotografie, cifre, raffronti e calcoli nel sito www.viestoriche.net.

Spiega Monti: “Leonardo nelle sue opere ha scelto spesso luoghi dell’alta Brianza come sfondo. Nel 1492 è documentato che l’artista compì numerosi viaggi a Como, Bellagio, in Valtellina e in Valsassina. Dalle tre finestre della Cena s’intravvede un panorama collinare osservato da un punto di vista elevato al di là di un’ampia valle. In primo piano, guardando con attenzione, un campanile e qualche casetta. Tutto combacia con ciò che si vede dall’ex refettorio del monastero di Civate oggi adibito a sala di rappresentanza”.

Le foto lo documentano in modo convincente. Ecco la cima del San Genesio e la gobba inconfondibile del Campanone di Brianza. Il campanile che s’intravvede nel dipinto murale coincide con quello della chiesa di Annone. Simili la forma delle finestre e la luce che illumina la sala dipinta. Camminando sulla strada romana sotto al Cornizzolo in una mattina d’inverno, il lago di Annone ha rivelato ai due studiosi, marito e moglie, la stessa luce che può aver suggerito all’artista l’illuminazione della Cena.

L’ambiente largo quasi sei metri e lungo dieci ha le stesse caratteristiche architettoniche del refettorio di Leonardo e c’è dell’altro. Sotto le travi del soffitto la decorazione a “nodi vinciani” è identica a quella che compare sulla spalla destra dell’abito della Dama con l’ermellino. Sono solo suggestioni? “Si sa per certo – dice Monti – che Leonardo non citò mai la località di Civate negli scarsi appunti di viaggio che ci sono pervenuti. Ha tramandato però il disegno dei laghi Eupilei ritratti dal monte Barro e delle montagne dietro a Lecco osservati dal San Genesio”.

L’ipotesi dei due studiosi di Rescaldina ha calamitato l’interesse nel convegno tenutosi al monastero di San Calocero che all’epoca, come abbiamo visto, potrebbe aver ispirato il Maestro di Vinci. All’incontro hanno preso parte i ricercatori e storici Roberto De Capitani, Stefano Morganti, Carlo Castagna, Laura Malinverni e Roberto Serafin. Roberto Vasconi di Varano Borghi, falegname e collezionista di macchine leonardesche, ha esposto una copia della gru di Brunelleschi da lui stesso fabbricata in legno.

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