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Editoriale

VITA NUOVA

ROMITE AMBROSIANE - 14/04/2017

Il Santo Sepolcro a Gerusalemme

Il Santo Sepolcro a Gerusalemme

Il Santo padre forse non pensava al giorno di Pasqua, ma parlando in Duomo a noi consacrati ha come descritto i fatti di quel mattino e quel sepolcro vuoto. Quel sepolcro, quello spazio ben chiuso e sigillato era occupato dal corpo esanime di Gesù. Era uno spazio conquistato con la fatica ed il sudore, scavando nella roccia. L’uomo con il suo lavoro e la sua fatica, con l’impotenza della morte, con le lacrime dell’affetto anch’esso impotente ed ormai abbandonato… l’uomo occupava quel sepolcro, quello spazio fine e conquista di ogni vita. Già per Abramo la terra promessa conquistata ed occupata altro non era che una proprietà sepolcrale.

“La realtà ci chiama ad avviare processi più che ad occupare spazi” (papa Francesco, 25 marzo 2017).

E il corpo di Gesù lasciò vuoto quello spazio ed avviò il processo della vita nuova e diede appuntamento ai discepoli nella “Galilea del primo incontro” (ibidem)…

Il luogo dell’incontro con Gesù, il Cristo, non è più uno spazio fisico segnato dal limite, un luogo che può esserci o no; già alla Samaritana aveva detto: viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. (…) Viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità (Giovanni 4, 21. 23).

Quel sepolcro vuoto dischiude l’ora in cui sempre e dovunque le nostre labbra possono accostarsi al Signore della Vita ed in cui la vita stessa, con i suoi molteplici processi, è da adorare come dimora di Dio. Gesù lascia lo spazio del sepolcro per abitare nei nostri cuori. Volevamo aver tutto sotto controllo, tutto regolato, tutto in nostro potere: sigillata la pietra del sepolcro l’uomo si ergeva – allora come oggi – a confinare la fragilità ed il dolore. L’uomo fugge la morte e cerca di occupare spazi che gli dicono che è vivo, signore della vita, del bene, del vero, del bello; ma, infine, l’unico spazio che riesce ad occupare è quello del sepolcro.

Ma Gesù è risorto, ha rotto quello spazio, simbolo di ogni spazio umano. È risorto senza clamore, quasi uscendo silenziosamente di scena; senza imporsi per quella vita riavuta si è offerto ai suoi, alla loro fede già rinnegata, alle loro paure, alla loro tristezza, al loro fallimento. È stato in mezzo a loro così come erano. Li ha trovati rinserrati nel cenacolo sigillato – quasi un altro sepolcro – e li ha condotti in Galilea, “alla Galilea del primo incontro” (ibidem): li ha fatti uscire, camminare, ha avviato processi, passo passo, a partire dall’inizio. L’inizio è un incontro, un ascolto, una sequela, un essere conquistati che ci fa partire, lasciare luoghi, sicurezze e possessi per essere stranieri e pellegrini. L’inizio è Pasqua: quella Vita che lascia ogni illusoria conquista perché è dono e gratuità. L’inizio è il Crocifisso Risorto che passa sulle nostre strade e ci chiama a seguirlo in novità di vita. L’inizio è questo incontro che non necessita conquiste, meriti, capacità, saluto, fortuna; l’inizio è questo incontro custodito nel cuore e che ci custodisce nel nostro camminare oltre gli spazi chiusi delle nostre conquiste verso la Vita piena in Lui.

Il Santo padre ci ha parlato di spazi e processi sollecitando il nostro discernimento. Ora la “divisione” è il Signore risorto. Lui non occupa spazi così che ci sia il dentro ed il fuori, il vicino ed il lontano. Lui, il Crocifisso Risorto, partecipa la sua Vita, partecipa la pienezza del Regno che ormai attraversa, accompagna e supera le dimensioni della vita umana. Lui, il Risorto dai morti, inizia con noi e con tutti quel processo che di ri-velazione in ri-velazione, in una conoscenza sempre più profonda e nascosta di Lui e di noi (singoli e comunità) ci condurrà all’incontro definitivo con Lui.

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