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Cultura

GAGARIN DELLA POESIA

RENATA BALLERIO - 14/04/2017

evtusenkoNon le portai dei fiori ma del vino; poi la cosa risultò molto più complicata: questo verso di una poesia di Eugenij Evtusenko, morto il primo aprile, cantore dell’impegno civile ma anche dell’amore, degli affetti e della memoria, sembra sintetizzare la sua scrittura, dono, come lo sa essere ogni forma poetica, non comune, che, al di là dell’apparente semplicità, risulta inaspettamente complicata, o meglio complessa.

E complessa risulta la personalità di Evtusenko, il poeta russo che ha saputo denunciare le contraddizione della politica sovietica ma che ha sempre cercato, viaggiatore indefesso in moltissimi paesi, le luci della ribalta, infiammando da abile affabulatore anche – si dice- platee giovanili. È stato molto tradotto ma forse non altrettanto letto, come spesso capita ai poeti. Proposto negli anni sessanta per il Nobel, Evtusenko ha percorso fino ai nostri giorni la storia e come un Gagarin della poesia (all’astronauta dedicò importanti versi) lo si può ben definire, figlio della Terra,desideroso di verità e coraggiosamente capace di dire che ogni uomo è interessante. Anche in altre epoche si scrisse che,  essendo uomo, non si si può ritenere estraneo nulla che sia umano. Questo fondamentale atteggiamento non deve mai essere dimenticato. E forse anche per questo esiste la letteratura; e forse solo la letteratura può abbattere i muri ( anche in questo caso sfruttiamo una frase apparentemente scontata) che ci sono dentro di noi.

Leggiamo alcuni versi del poeta. Come in un sogno terribile viviamo/la seconda guerra civile. Tutta si é smembrata la Russia/e non piange i suoi morti,/perché nella coscienza l’omicidio/quale mestiere si è radicato. Questi versi,dedicati alla memoria di un giornalista di ventisei anni, fatto saltare in aria, in redazione, con una bomba inviatagli in una valigia, che sembrano essere prigionieri di un tempo e di uno spazio geografico, la Russia tanto amata dal poeta, possono avere un’eco per i nostri giorni.

E tutti noi potremmo sentirci presi dal sentimento di vergogna e paura, come espresso nel titolo di un’altra poesia di Eugenij Alexandrovich Evtusenko. Così facendo, riusciremmo a far vibrare in noi altre terribili parole, lontane da qualunque tipo di ritmo consolatorio: Voglia il Cielo farci essere un po’ Dio,solo un po’,/ ma essere solo un po’ crocifissi non si può….non la croce portiamo…Voglia il cielo non farci attaccati al potere/né falsamente eroi….

 Con lucidità il poeta scrisse che Ciascuno porta una strada /nella sua coscienza /chi verso il potere/chi verso il Signore/ a ognuno la scelta perché, ben illustrando la complessità e le contraddizioni della sua e della nostra vita, affermò

Le amicizie si formano in modo assurdo:
gli uni si danno al bere senza una ragione,
gli altri non sono interessati che ai fronzoli e alle donnacce,
e c’è pure chi
sembra occupare il tempo in discussioni astratte,
ma di fatto
si somigliano tutti tra di loro…
Molte son le forme della vanità!
O l’una,
o l’altra chiassosa compagniaa…
Non saprei a quante di queste
io sia riuscito a sfuggire!
 

Si è scritto che il vero Evtusenko lo si poteva incontrare, chiacchierando con lui, davanti ad un bicchiere di vino, ma leggendolo ora si può realizzare un suo desiderio

E dopo morto vorrei onestamente sempre vivere
in te, come qualcuno no, come qualcosa,
che ti rammenti, linea d’orizzonte,
solo qualcosa, solo qualcosa
 

 

foto Evtusenko

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