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Storia

MARTINO V E VIGGIÙ

SERGIO REDAELLI - 21/04/2017

papa-martino-vIl volto sereno, la mano alzata nel gesto di benedire, la morbida veste che ricade in un elegante gioco di pieghe. Così Jacopino da Tradate raffigura Martino V, papa Oddone Colonna (1417-1431), nella statua voluta da Filippo Maria Visconti nel duomo di Milano per ricordare la visita del pontefice. Accadeva sei secoli fa. Papa Martino tornava dal Concilio di Costanza, dove dall’8 all’11 novembre 1417 si era tenuto il conclave che lo aveva eletto al soglio di Pietro. Sulla via del ritorno, si fermò a Milano con un codazzo di undici porporati tra cui il cardinale Branda Castiglioni, per consacrare l’altare maggiore della cattedrale.

Da Milano il Santo Padre proseguì per Roma, riportando l’autorità papale nella sede naturale dopo un secolo di “esilio” ad Avignone. Il suo ritorno nella città sul Tevere pose fine al Grande Scisma d’Occidente che aveva diviso l’Europa, lacerata tra i sostenitori del papa d’obbedienza avignonese e i fautori del pontefice della tradizione romana. A nulla erano valse le insistenze, le preghiere e le suppliche di chi gli chiedeva di restare in Germania oppure di fissare la propria sede ancora una volta ad Avignone. Volle tornare a Roma e con la sua elezione furono deposti ben tre fra papi e antipapi, Giovanni XXIII, Benedetto XIII e Gregorio XII.

Era stato l’imperatore Sigismondo del Lussemburgo, deciso ad azzerare le divisioni nella Chiesa, ad emanare il decreto di raduno del Concilio a Costanza mentre era ospite a Varese di Giovanni Biumi, illustre giureconsulto e più tardi ambasciatore presso lo stesso Martino V. Sigismondo aveva firmato il decreto a Viggiù e lo straordinario evento è ricordato nella lapide scolpita cinque secoli dopo, il 2 maggio 1943, sul sagrato della chiesa parrocchiale di Santo Stefano: “Da questo vetusto tempio ove affratellati dalla fede s’inginocchiarono augusti personaggi e popolani, l’imperatore Sigismondo emanava il 30 ottobre 1413 l’editto per la convocazione del concilio universale di Costanza”.

Insediatosi a Roma, il nuovo papa si dedicò a riorganizzare lo Stato pontificio. Riassestò le finanze e intraprese un vasto programma di ricostruzione delle chiese e degli edifici pubblici caduti in rovina, avvalendosi dell’opera di celebri artisti tra cui Gentile da Fabriano e Masaccio. Inviò ambasciatori in missioni di pace in Inghilterra e in Francia ancora impegnate nella guerra dei cent’anni e mantenne buoni rapporti con Costantinopoli. Papa Martino si mostrò tollerante nei confronti degli ebrei, condannò la predicazione violenta contro di loro e proibì il battesimo forzato dei loro bambini.

L’epigrafe sulla sua tomba, davanti all’altar maggiore della basilica di San Giovanni in Laterano, lo elogia: “Papa Martino Quinto felicità del suo secolo”. Secondo gli storici contemporanei era temuto e riverito. Eliminò i briganti per le vie e nessuno infastidiva i pellegrini. Il viaggio dei viandanti era sicuro di notte e di giorno sia per le persone che per le merci e i devoti potevano dimorare nei boschi come in città. Tra i cardinali riuniti in conclave a Costanza da cui era uscito eletto papa Martino, il “varesino” Branda Castiglioni (1350-1443) non aveva dato il voto al Colonna, ma ne divenne col tempo uno degli uomini più fedeli.

Ricevette la direzione della Cancelleria pontificia e fu impiegato in difficili missioni in Germania contro gli eretici. Una carriera abile e fortunata, la sua. Nel caos provocato dallo scisma d’Occidente, con corti curiali doppie e a volte triple, l’abile prelato aveva ricevuto la berretta rossa cardinalizia nel 1411 dall’antipapa Giovanni XXIII e più tardi, durante una missione in Renania per conto di Bonifacio IX, in carica a Roma, aveva conosciuto l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, diventandone amico. Da allora in poi era stato incaricato di svolgere frequenti e delicate missioni diplomatiche. La sua famiglia, di antica nobiltà, possedeva il feudo di Castiglione Olona nei pressi di Varese sin dal 1028.

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