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Ambiente

MATERIALI INERTI IN DOGANA

ARTURO BORTOLUZZI - 27/04/2017

inertiNel marzo del 2015 scrissi a proposito dell’accordo transfrontaliero per la gestione dei materiali inerti tra Regione Lombardia e Cantone Ticino, redatto all’inizio del mese a Mezzana; dopo avere scritto all’assessore alla Tutela ambientale della Regione Lombardia per commentare con toni preoccupati quanto fatto.

Dai giornali locali ero stato informato che: “L’accordo mirava a instaurare e a sviluppare la collaborazione transfrontaliera nell’ambito della gestione dei materiali inerti per l’edilizia dalla Lombardia verso il Ticino e del materiale di scavo non inquinato e dei rifiuti edili di origine minerale dal Ticino verso la Lombardia”.

Nell’accordo, le due parti si impegnavano a “Promuovere gli scambi commerciali, nell’ambito della cooperazione transfrontaliera (…) per materiali inerti per l’edilizia (sabbia e ghiaia) dall’Italia verso il Ticino, e materiale di Scavo non inquinato dal Ticino verso l’Italia. Veniva consentito, per quanto di loro competenza, il transito di questi materiali da tutti i valichi di frontiera, anche ferroviari. Agevolato lo sdoganamento degli stessi materiali semplificando le procedure e l’adozione di processi amministrativi efficienti nei valichi di frontiera. Favorito il riutilizzo del materiale di scavo non inquinato (terra e rocce) e dei rifiuti edili di origine minerale prodotti in Ticino nell’ambito del ripristino delle cave dismesse o di altre operazioni di recupero di materia ubicate in Italia in prossimità della frontiera”.

Per raggiungere questi risultati, dunque, è stato istituito un gruppo di concertazione che ha il compito di definire le procedure di gestione e di controllo, assicurare lo scambio di informazioni sul tema e la consultazione tra i membri.

L’accordo, siglato con una sola regione italiana, si propone di estendere le regole – su richiesta – anche nella regione Piemonte, più precisamente nelle province di Novara e Verbano Cusio Ossola. Di questo non fanno parte né i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e neppure degli esponenti dei cittadini interessati, ma tecnici scelti dalla Regione Lombardia.

Anche questo, per contrarietà alla Convenzione di Aarhus è stato motivo di una forte critica dell’associazione che rappresento (Amici della Terra Varese).

Altra ragione della nostra critica all’iniziativa dell’Assessore regionale è stato il nostro non aver mai compreso il significato del Suo voler rendere legale lo scambio tra risorse naturali (inerti naturali) contro inerti posticci che avrebbero potuto nascondere materiale tossico e nocivo.

L’ assessore regionale mi ha risposto apostrofando come non fondate le nostre ragioni di critica. Avendo noi visto sulla televisione della Svizzera italiana la trasmissione Falò, siamo rimasti particolarmente scossi. È stata, infatti, dimostrata la bontà delle nostre ragioni.

Occorre precisare che i rifiuti inerti in Italia arrivano dalla Svizzera sia dalle piattaforme autorizzate dal Cantone sia dai cantieri.

 Siamo certi che i controlli ci siano sia in partenza che in arrivo, ma a detta di molti operatori del settore sentiti nella citata trasmissione televisiva, questi possono essere tranquillamente raggirati con un banale escamotage.

In pratica accade, specialmente nei cantieri, che sia il soggetto privato da cui parte il rifiuto che il soggetto privato a cui lo stesso arriva, si accordino per fare quanto segue: si fanno i controlli su terra pulita e quando arriva il nulla osta iniziano a partire i camion.

A questo punto, negli stessi vengono inseriti i rifiuti tossici che sono stati precedentemente tritati (cioè ridotti in polvere) in un altro cantiere e vengono mischiati assieme a terra pulita da esportare.

 In Dogana al controllo visivo si vede solo terra e gli scanner non rivelano altro. A detta dei funzionari doganali a quel punto occorrerebbe fare analisi su ogni singolo camion, ma ciò sarebbe improponibile, sia dal punto di vista dei costi, sia da quello logistico.

Bisognerebbe, infatti, a questo scopo, fermare in Dogana ogni camion, in attesa dei risultati delle analisi che in media durano giorni. Quindi in dogana la situazione sarebbe impossibile da gestire. Anche, in seguito, all’arrivo degli inerti provenienti dalla Svizzera nelle cave in Italia, ovviamente si verificano dei controlli, ma il privato che riceve il materiale illegale quando d’accordo con il cantiere ticinese, stoccherebbe le terre inquinate lontano dalla zona dei controlli, coprendo il tutto con la terra non inquinata.

Le cave sono talmente ampie che è cosa facilmente realizzabile scaricare materiale non propriamente incontaminato. A rinforzare quanto detto è il fatto che i controlli non sono sistematici in tutte le cave, ma vengono fatti a campione, data anche l’alta volumetria dei materiali in gioco.

A detta di tutti gli operatori del settore interpellati nel corso della trasmissione televisiva di cui si è detto, questo viene praticato per raggiungere un risparmio economico che si avvera facendo passare come terra pulita del materiale che invece andrebbe smaltito nelle discariche ticinesi, ma a costi decisamente superiori.

Nella trasmissione televisiva, si è evidenziato, poi, che già nel 2009 i rifiuti tossici ticinesi sono stati portati nelle cave italiane; e questo per un periodo continuativo di otto anni. In pratica smaltire materiale inquinato in Italia facendolo passare come terra in queste modalità costa molto meno.

Ho scritto, quindi, al presidente del Cantone Ticino per suggerirgli sulla scorta della trasmissione televisiva di procedere ad assumere tre decisioni di importanza dirompente: la prima di sospendere l’importazione da parte del Cantone Ticino di sabbia dall’Italia; la seconda di obbligare il Canton Ticino, a riciclare il 95% degli inerti e usare quelli per le costruzioni (come avviene già oggi in molti cantoni, Zurigo compreso). Solo in casi di estrema necessità il Cantone dovrebbe permettere l’importazione di inerti dal Verbano. E la terza quella di fare gestire le terre da scavo direttamente dal Cantone e non da privati, senza nessuna eccezione. Questo porterebbe posti di lavoro al Cantone Ticino e a questo andrebbero tutte le entrate economiche per lo smaltimento. Ovviamente in questo modo si regolarizzerebbe tutta la situazione. Realizzare tutto ciò diventa irto di difficoltà e forse troppi sarebbero gli interessi ad esso contrari. Non ho prove che tutto quanto scritto corrisponda a verità. Certo rimane il fatto che la trasmissione televisiva ha rafforzato la convinzione che se non altro il nostro dubbio possa essere fondato e che la regione Lombardia debba tenere gli occhi bene aperti.

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