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Zic & Zac

PARIGI E ROMA

MARCO ZACCHERA - 05/05/2017

Le conseguenze della scontata vittoria di Emmanuel Macron in Francia al ballottaggio di domenica 7 maggio potrebbero essere dirompenti anche per il centrodestra italiano perché, paradossalmente, i due candidati al ballottaggio rappresentano due diverse anime della destra francese, ma per qualche verso in uno schema simile a quello italiano.

Dieci o venti anni fa il competitore “classico” dello schieramento sarebbe stato  Francois Fillon che anche stavolta – senza inciampi giudiziari e di immagine  – avrebbe potuto comodamente approdare al confronto. Sparita però la presenza di un gollismo continuatore dei fasti del passato, oggi la frammentazione “a quattro” dell’elettorato francese –  oltre a fare scomparire i socialisti – mette a nudo le contraddizioni degli schieramenti al di là delle Alpi.

Anche se Macron si dice infatti “oltre la destra e la sinistra” è indubbiamente un’immagine accattivante e rampante di un capitalismo classico, sicuro ancoraggio della finanza internazionale, ovvero di una ben consolidata struttura di potere che ha bypassato i partiti tradizionali.

A parte l’età, Macron ha similitudini con il “Berlusconi prima maniera” e – pur non essendo personalmente un imprenditore di successo ma piuttosto un giovane politico navigato che pur ora ripudia il suo “incasellamento” – sembra giocare le stesse carte del Cavaliere 1994 per suscitare le simpatie di chi vuole un cambiamento, ma restando con solidi ancoraggi alla realtà economica e politica europea.

Difficile per Macron raccogliere molte simpatie a sinistra, anche se è stato ministro di Hollande,  puntando piuttosto  a fare il pieno dei voti anti-lepenisti, quella sorta di “arco costituzionale” che –  sia pure pieno di acciacchi – anche in Francia ha ancora un suo valore e non è un caso che per lui si siano espresse tutte le forze moderate.

Dall’altra parte una Marine Le Pen che è simile, ma non è certo lo specchio di un Matteo Salvini o della Meloni. La Le Pen negli ultimi anni è passata su posizioni non più nostalgiche ma soprattutto antieuropee giocando su sentimenti isolazionisti atavici dell’elettorato francese e ben più radicati in Francia che non in Italia. Piuttosto – aprendo decisamente su tematiche sociali – ha intercettato milioni di voti operai e popolari che soffrono l’immigrazione, l’insicurezza, il degrado sociale.

La sua probabile sconfitta dimostrerà che un Salvini nostrano potrebbe – candidandosi come leader – conquistare anche un buon malloppo di voti, ma certamente non vincere anche se fosse messo a capo dell’intero schieramento di centrodestra e questo avrà buon gioco a sottolinearlo Berlusconi  proponendo quindi un leader più moderato ovvero – e qui sta il problema – ancora sé stesso.

Ma il Berlusconi di oggi non ha più certamente delle chances come Macron perché già logorato dal potere e da mille inchieste. Se Berlusconi lanciasse invece un suo delfino questo (o questa) sì che potrebbe uscirne  leader, ma è una ipotesi che  egli ha sempre ucciso in culla.

 Non solo, la sinistra francese è fuori dai giochi mentre quella italiana ha tuttora nel Pd il primo partito e in Renzi il suo mentore, un leader che comunque alle “Europee” ebbe un successo assimilabile a quello di Macron.

Ma quindi il ballottaggio di Parigi sarebbe paragonabile a un derby tra Salvini e Renzi, considerando quest’ultimo un soggetto diverso dalla sinistra?

Il vero differenziale italiano rispetto alla Francia è il sistema elettorale, da noi tuttora ondivago. Comunque vadano per lei le presidenziali, Marine Le Pen si avvia a giugno a un potenziale grande successo alle elezioni legislative (che si terranno con collegi uninominali a doppio turno) con un Front National oggi praticamente inesistente in parlamento ma che potrebbe calamitare molti più voti ai ballottaggi rispetto al passato ovunque si presentasse con il proprio candidato.

Alle ultime elezioni vi fu una coalizione di tutti i partiti a sostenere il candidato locale “anti Fronte” facendo convergere voti su di lui con patti di desistenza ed isolando ovunque l’estrema destra. Difficile che andrà ancora così se, legittimata nel suo ruolo di oppositrice “istituzionale”, la Le Pen chiederà consensi ai ballottaggi legislativi visto che in molti collegi basterebbe ora un 20% di voti “indipendenti” per fare vincere il candidato del Fronte National, schieramento che “rischia” di uscire molto rafforzato nonostante la probabile sconfitta di Marine alle presidenziali.

Nella frammentazione italiana e con la presenza del M5S un motivo in più per il centro destra di puntare  a sistemi elettorali proporzionali: comunque vadano le elezioni, si portano subito a casa molti eletti. E per le responsabilità di governo si vedrà.

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