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Cultura

GUERRA DEI LIBRI

SERGIO REDAELLI - 05/05/2017

Un'immagine di Tempo di Libri

Un’immagine di Tempo di Libri

In Italia si legge pochissimo (un cittadino su dieci legge almeno un libro al mese) ma Torino e Milano litigano per assicurarsi il primato dell’editoria. Ad accendere gli animi Fiera Milano ha organizzato, a ridosso della trentesima edizione del Salone del Libro torinese in programma dal 18 al 22 maggio, la contro-rassegna Tempo di Libri, al debutto, che si è svolta dal 19 al 23 aprile. Una provocazione bella e buona. Il cui bilancio, però, è stato deludente. Appena sessantamila visitatori negli stand di Milano Rho contro una previsione di almeno ottantamila.

Un flop nonostante l’imponente schieramento di forze. Tempo di Libri è organizzata da La Fabbrica del Libro, joint venture costituita da Fiera Milano, terzo operatore al mondo nel settore fieristico e da Ediser, società di servizi dell’Associazione Italiana Editori (AIE), un ente con centocinquant’anni di storia alle spalle. Ma autorevolezza ed esperienza non hanno impedito di sbagliare le date, che sono cadute nel pieno del ponte tra Pasqua e il 25 Aprile. “L’anno prossimo – ammette il sindaco Giuseppe Sala – dovremo riflettere meglio su come coordinare gli eventi di primavera”.

Il sindaco finge di cadere dalle nuvole: “Nessuno vuole fare la gara con Torino. È normale che siamo lontani dai numeri del Salone del Libro, visto che è la prima edizione. Ci sono mancate le scuole nei primi giorni della rassegna, ed è una questione di organizzazione più che di volontà”. Ma l’assenza delle scolaresche non è la sola causa della figuraccia. Sono da rivedere gli orari, è troppo presto chiudere alle 19.30 ed è necessario convenzionarsi con Atm, l’azienda del trasporto pubblico. Il costo dei biglietti della metropolitana (5 € andata e ritorno Milano-Rho Fiera) sono tanti per una famiglia con figli.

Lo schiaffo comunque non è piaciuto in riva al Po. Il sindaco di Torino ha fatto un giro tra gli stand della Fiera concorrente e ha sibilato tranchant: “Il format di Milano è simile al nostro, ma noi non rinunciamo a trent’anni di storia della nostra rassegna editoriale”. Anzi, il Salone piemontese si prende ora la rivincita accogliendo i delusi di Milano e incassando l’appoggio di 770 intellettuali che trovano poco opportuna l’iniziativa lombarda, chiedono “la centralità del Salone torinese” e paventano forme di “strumentalità politica”.

Non è tanto questione di offesa al blasone sabaudo. Sottotraccia è la politica a muovere i fili: l’editoria milanese presunta “amica” dell’ex premier Matteo Renzi contro il modello torinese impersonato dal sindaco cinque stelle Chiara Appendino. E c’è chi rivanga la guerra dell’uva che Milano dichiarò alcuni anni fa contro il Vinitaly di Verona. In quella occasione – era il 2004 – la Fiera lanciò il Miwine per ridare smalto al vino made in Italy e l’autorevole Luigi Veronelli lo bollò senza giri di parole come un tentativo di scippo.

Cicli e ricicli storici. Anche allora il Miwine si rivelò un fallimento e qualcuno si chiede: possibile che la grande Milano, la capitale morale, la città del business, la metropoli internazionale che nel 1920 inventò la Fiera Campionaria, sia ridotta a copiare e insidiare consolidati brand di altre città? Dove sono finiti l’ingegno, le idee, lo spirito imprenditoriale?

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