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Cultura

LA NUOVA EPISTEMOLOGIA

LIVIO GHIRINGHELLI - 05/05/2017

kuhn

Thomas S. Kuhn e Karl Popper

Negli anni ’50 si sviluppa una nuova concezione dell’epistemologia rispetto a Popper e al suo principio di falsificazione.  Questi i caratteri: propensione storiografica intesa a salvaguardare la specificità storica e problematica delle singole scienze; rifiuto di ogni interpretazione strettamente logico formale della produzione scientifica; attenzione alle relazioni tra sapere scientifico ed elementi contestuali d’ordine psicologico o storico.

Thomas S. Kuhn (1922), autore di La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Come mutano le  idee della scienza (1962) vede le teorie nella ricostruzione storiografica come flessibili, dinamiche, immerse in contesti culturali e in visioni  del mondo lontani dal presente e in gran parte intraducibili nel linguaggio odierno. Il termine “paradigma” significa per lui l’insieme di precondizioni logiche e culturali, che tacitamente regola il lavoro degli scienziati in una data epoca e all’interno di una comunità scientifica circoscritta. Una volta costituito il paradigma gli scienziati si limitano a produrre indagini particolari senza che venga intaccato l’insieme di riferimento. Kuhn la chiama scienza normale (dall’accumulo delle conoscenze non derivano modifiche strutturali).

Nei momenti rivoluzionari, però, si determinano una forte tensione e l’affermazione di un paradigma sull’altro  al presentarsi di anomalie di tipo empirico o intellettuale. Si verifica una discontinuità nel processo storico, i paradigmi risultano tra loro incommensurabili. Non c’è progresso verso una qualche verità definitiva,verso uno scopo, ma soltanto da uno stadio precedente.

Il progresso viene concepito soltanto  come un processo evolutivo di articolazione e di specializzazione. E si rivela una forte dipendenza delle scelte da fattori di natura sociopsicologica.

Imre Lakatos (1922-1974), matematico di origine ungherese, docente alla London School of Economics, si presenta più propenso a una mediazione  tra concezione paradigmatica e una visione logico-razionale della scienza. In linea con Popper fa rientrare anche la matematica  nel sapere congetturale e falsificabile, ma ne critica la visione  eccessivamente schematica (chiamata falsificazionismo ingenuo).  Ritiene che non ci possa essere alcuna relazione univoca tra fatti e teorie; i programmi di ricerca inglobano elementi non scientifici e non razionalizzabili,  ma è convinto della possibilità di una ricostruzione razionale della storia reale della scienza.

Di fronte al presentarsi di anomalie si producono all’interno del programma di ricerca “slittamenti di problema “, “progressivi” se predicono con successo nuove esperienze, “regressivi” se rimangono indietro rispetto alla crescita empirica. La contesa e il passaggio da un programma ad uno rivale nella rivoluzione scientifica non si pone su un piano extrascientifico e non è condivisa di Kuhn la risoluzione della verità in conflitti di potere tra comunità scientifiche,  bensì all’interno  di un codice d’onore scientifico.

Paul K. Feyerabend (1904-1994) concepisce la più radicale negazione di una epistemologia normativa della scienza, smentendo la sua pretesa di definire la logica e il metodo della stessa ( Contro il metodo, 1970). Il suo è un vero e proprio anarchismo epistemologico. La scienza si è sviluppata storicamente senza alcun ordine razionale. Il successo delle teorie scientifiche  è legato a fattori extrascientifici.

Motto di Feyerabend:  “Qualsiasi cosa può andar bene”.  Bisogna stabilire una netta separazione tra scienza e Stato, nonché il libero controllo  dell’attività scientifica da parte dei cittadini, anche se non esperti. Gli scienziati nelle decisioni del Governo non devono avere un’autorità assoluta.

Vicino a Popper a Vienna, Feyerabend compie intense ricerche dalla fisica aristotelica alla microfisica,  insegnando poi a Berkeley. In Problemi dell’empirismo  (1965-1969) esalta il pluralismo teorico e il confronto tra teorie. Il carattere delle attività umane non è ordinato, né gerarchico. Apprezza il dadaismo d’inizio Novecento,  dissacratorio nei riguardi dei valori culturali e morali dominanti, per la sua valenza artistica spensierata. I fatti sono essenzialmente ideazionali (caoticità, complessità, errori ecc.).

Inesplorata è la varietà dei segreti della natura e dell’uomo. I fattori extralogici sono stati determinanti per il progresso scientifico. È assolutamente necessaria la libertà d’azione per la crescita del sapere. Feyerabend critica il valore stesso del ragionamento,  dell’argomentazione razionale a favore della retorica come arte della convinzione.

Ci sono elementi di passionalità ludica non razionalizzabili. È irrealistico prevedere  regole fisse e universali  per la scienza (comporta una visione semplicistica dell’attività umana). La scienza è una pratica di pensiero non superiore ad altre manifestazioni della creatività umana, come il mito e la religione. Bisogna confutarne il dogmatismo.

Copernico è riuscito  ad affermare la sua teoria tramite  l’uso ascientifico  di idee antidiluviane,  quali il pitagorismo e il platonismo.  C’è diffusione di elementi mitici,  religiosi, sociali ed estetici anche all’interno della scienza. La scelta fra teorie  sufficientemente generali da fornirci un’esauriente visione del mondo, ed empiricamente incompatibili, può diventare una questione di gusto.

La scelta di Feyerabend è di un liberalismo radicale. Il relativismo è filosofia razionale e civile (ne è esempio la figura di Protagora). Una società libera vive di scambi intellettuali liberi (La scienza in una società libera, 1978).

La scienza non funziona secondo i criteri polizieschi di legge e ordine, bensì grazie alla sistematica violazione di tutte le regole stabilite e di tutte le teorie, persino di quelle che sembrano confermate dai risultati sperimentali. Le teorie proliferano con la conseguente liberazione di energie intellettuali e immaginative altrimenti destinate a rimanere compresse e inerti.

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