Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Divagando

MATTEO 2.0

AMBROGIO VAGHI - 11/05/2017

pdIl discorso di Matteo Renzi all’Assemblea Nazionale del PD era assai atteso. Non era in discussione la riconferma ufficiale dopo le note dimissioni da capo del Governo e del Partito a seguito della sconfitta referendaria di quell’infausto 4 dicembre. Non mancavano certo i numeri. Le tanto attese quanto temute primarie che hanno portato alle urne quasi due milioni di cittadini lo avevano già indicato alla grande con un buon 70% di preferenze, risultato ancora più corposo di quello ottenuto dalla precedente consultazione dei soli iscritti. Non poteva Renzi che essere orgogliosamente soddisfatto per la riconferma di un patrimonio politico basato anche su una fiducia personale. Ma come si sarebbe comportato il nuovo Renzi? Ripartendo dal passato, con un certo umano spirito di rivincita, o iniziando un nuovo percorso politico che facesse tesoro dei successi ma anche degli errori? Quali le priorità d’attacco da indicare al Paese? Come avrebbe conciliato il non nascosto desiderio di andare al più presto a nuove elezioni, mantenendo nel contempo buone intese col governo Gentiloni? E nel Partito? Quali rapporti con la minoranze per farle diventare un tutt’uno con l’organizzazione politica, partito, punto di forza non personale ma garanzia della stesso regime democratico? E L’Europa? Come fronteggiare le pericolose derive disgregatrici?

Diversi di questi interrogativi hanno ottenuto una puntuale conferma, spesso una riconferma perché Renzi alcune risposte le aveva già ben evidenziate nella sua mozione riscuotendo consenso e fiducia popolare: il lavoro, la casa (sicurezza) le mamme (maternità e famiglia).

Coloro che si attendevano chiarezza sul voto cui andare prima possibile non l’hanno avuta. Ovviamente. Bisognerà passare prima dall’approvazione della legge elettorale. Qui il discorso si era interrotto in attesa appunto della riconferma del segretario del PD. Renzi ha avuto buon gioco per rimanere ancora nell’indeterminatezza. “La durata della legislatura dipende dal Governo e dal lavoro del Parlamento”. “Il PD darà una mano al governo Gentiloni che opera in continuità“. “È il Presidente Mattarella che stabilisce nuove elezioni” quando ci saranno le condizioni per il necessario allineamento delle norme di Camera e Senato.

Già, la legge elettorale. Se un giorno pare abbia via libera il sistema della Germania il giorno dopo tutto torna daccapo. Eppure nulla va inventato e ormai tanti sistemi nell’Europa democratica occidentale si conoscono e sono stati collaudati. Sistemi maggioritari o proporzionali, premi al singolo partito o alle coalizioni, sbarramenti e quant’altro. Ma ogni partito ha i suoi legittimi interessi elettorali da difendere tanto che qualcuno già pensa, nell’impossibilità di un accordo, che bisognerà alla fine lasciare la soluzione alla decretazione del Governo. Inaudito.

Il voto anticipato continua dunque a non essere escluso da Renzi che ben sa che i tempi lunghi non lo favoriscono con un Paese bloccato da tanti problemi, con una economia in via di risanamento ma che non riesce a decollare. Ora potrebbe anche pensare di sfruttare il vento favorevole che arriva dalla Francia per avere maggiore voce in capitolo sopra tutto in Europa, dove di fatto si decidono i nostri destini. Eguale interesse alla fretta elettorale dichiarano di avere, sia pure per motivi opposti, i Cinquestelle e la Lega di Matteo Salvini. Quanto affidabili siano gli uni sempre pronti a cambiare d’accento e di pensiero, e l’altro, lo sprezzante comunicatore dalle felpe parlanti, prossimo ad accovacciarsi ai piedi del rientrante Berlusconi, non è dato su cui scommettere. Quindi come nel gioco dell’oca bisognerà tornare indietro a ricercare comunque un accordo sulla legge elettorale. A menare il cane per l’aia saranno certamente tutti quelli che pensano di avere qualche interesse di tirare a campare fino alla fine della legislatura.

Il PD avrà problemi tutti suoi e dovrà fare le sue scelte. Andare da solo, con una prospettiva maggioritaria o pensare ad alleanze in una coalizione di centrosinistra? Soluzione più che probabile questa, quasi obbligata in una situazione politica tripolare, assolutamente impensabile solo qualche anno fa. Personalmente rimango del parere che non si abbia vantaggio riunire nella stessa persona gli incarichi di leader del governo e di segretario nazionale del partito. Se si andrà alla formazione di una coalizione cominceremo a vedere le contraddizioni e le difficoltà di gestione per tale scelta

Difficoltà anche nella gestione del Partito. Per quasi tre anni Renzi ha riunito in sé i due incarichi assorbito inevitabilmente dalla attività governativa, affidando la gestione del PD a figure di secondo piano senza autorevolezza e pure impegnate altrove. Con risultati deludenti. Per vincere le elezioni ci si rende conto che occorrerà rimettersi al recupero della funzionalità del Partito, rivoltarlo come un calzino, rinnovarlo. Ai vertici come alla base, secondo la volontà chiaramente espressa dai militanti. Ai vertici realizzando un corretto rapporto con le minoranze di Orlando ed Emiliano soprattutto per includere, ascoltare. Cosa che Renzi ha dimostrato di non voler in passato sperando che ora rifletta sugli errori commessi. Dopo un paio di anni di ottimo governo, ben comunicati, gli esperti in materia (e non solo loro) ritengono che Renzi sia stato un disastro durante la campagna referendaria. Difetto di ascolto, mania di protagonismo, eccessi di presenzialismo. Il popolo delle primarie e gran parte dei militanti gli hanno perdonato questi aspetti caratteriali e hanno capito soprattutto certi limiti del suo Governo in ordine a diversi problemi anche importanti mai affrontati o accantonati. Un Renzi compresso tra la necessità di non rompere con l’alleato neo centrista e quella di sopravvivere. Spetta ora appunto al riconfermato Segretario non deludere la rinnovata fiducia.

Intanto a suo favore Renzi può archiviare un importante successo. Gli strapponi dati da lui all’Unione Europea per rivoltarne l’impostazione, finirla con una politica di austerità a senso unico per favorire lavoro e crescita, cominciano a dare qualche frutto. L’antieuropeismo che sembrava dilagante con una Europa alla vigilia dello sgretolamento sta cambiando tendenza. Dopo i primi segni di inversione visti in Olanda e in Austria, la Francia ha fatto proprio in questi giorni la sua scelta nella direzione giusta indicando una sterzata di notevole portata. Pur tenendo presenti che anche in Francia rimangono diversi milioni di elettori e di astenuti contrari all’Europa questo non inficia la portata del grande risultato ottenuto da Macron e la prospettiva che la sua vittoria apre nel momento che la crisi europea sembrava irreversibile.

Lavoro, lavoro, lavoro. Non ci sarà Europa senza lavoro. Si fa presto a dirlo. Ma creare lavoro non può essere solo una parola. Occorrono più crescita e più occupazione. Ormai difficili già oggi, in recessione, per la concorrenza dei Paesi emergenti e ancor più difficili domani con le tecnologie che tendono a eliminare il lavoro umano sostituendolo con le macchine e riducendo sempre più la richiesta di impiego in numeri e in tempo. Questa del lavoro è la sfida primaria da vincere in epoca di globalizzazione. Aggiungiamoci il rafforzamento di una serie di condizioni per una reale unità continentale quali la moneta unica, l’abolizione delle frontiere, la banca centrale. E bisognerà finalmente accelerare il passo per una integrazione non solo economica ma anche dei sistemi di difesa e di politica estera. Più unità, più modernità e anche più equità sociale troppo spesso dimenticata. Senza sottovalutare il grave problema quali l’immigrazione selvaggia che aggredisce il Mediterraneo e soffoca soprattutto il nostro Paese privo di una adeguata solidarietà da parte del resto dell’Europa.

In questa prospettiva Renzi che ha fatto da apripista potrà essere ancora una valida risorsa, un importante supporto all’asse Francia-Germania presupposto indispensabile per una rinnovata Europa. Mai dimenticando che anche l’avvenire dell’Italia passa da Bruxelles.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login