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Opinioni

DISARMATO IL BUONSENSO

VINCENZO CIARAFFA - 11/05/2017

difesaLo scorso 4 maggio la Camera ha approvato la legge sulla legittima difesa che, in linea generale, s’innesta sul disapplicato principio istituzionale della tutela del cittadino. Lo spirito di questa legge, che mentre scriviamo ancora non è arrivata in Senato, è quello di ampliare i casi di non punibilità dei soggetti reagenti ad una minaccia, di quelle che mettono in pericolo la sua vita, i suoi beni e i suoi diritti. Questa legge indulge in modo particolare sulla reazione ad un’aggressione con violenza, minaccia od inganno tentati di notte, tanto che qualcuno l’ha già definita “Legittima difesa a fasce orarie”. Troviamo ridicolo far discendere un diritto naturale, che è anche un principio – cardine di ogni democrazia, dall’intensità della luce: un diritto o è tale in rapporto a ciò che vuole tutelare notte o giorno che sia, oppure è una barzelletta.

Ma non vogliamo entrare in diatribe tecniche su di una legge che – sia chiaro – troviamo giusta in linea di principio, ma piuttosto sullo scombinato modo di legiferare della nostra classe politica, come nel caso di quei recenti provvedimenti legislativi o disposizioni di legge senza né capo e né coda, che fanno sonoramente a pugni con la legittima difesa e, soprattutto, col buonsenso. Prendiamo ad esempio la decisione del governo Renzi di depenalizzare 112 reati appena qualche anno fa. Ebbene, alcuni di quei reati depenalizzati erano riconducibili al medesimo ambito giuridico, quello stesso che oggi il Parlamento vorrebbe disciplinare con una legge!

 Eccone alcuni:

  1. Invasione di terreni o edifici – art.633 c.p.;
  2. Lesione personale – art.582 c.p.;
  3. Lesioni personali colpose – art.590 c.p.;
  4. Minaccia – art. 612 c.p.;
  5. Omicidio colposo – art.589 c.p. co.1;
  6. Percosse – art. 581 c.p.:
  7. Violazione di domicilio – art.614 c.p.:
  8. Violenza o minaccia a P.U. – art.336 c.p.;
  9. Violenza privata – art.610 c.p..

E per carità di Patria non andiamo a mettere il dito su quelle disposizioni ministeriali che in tempi in cui ogni cittadino, ogni sito istituzionale, ogni tram, ogni treno potrebbe essere nel mirino dei terroristi, hanno tolto la facoltà di portare un’arma agli ex appartenenti alle Forze di Polizia e delle Forze Armate. «Scusate – viene da chiedersi – volete giustamente consentire allo smarrito cittadino di potersi meglio difendere dentro casa e poi disarmate coloro che, all’occorrenza, avrebbero titolo e capacità per concorrere a fronteggiare un’eventuale minaccia terroristica?». Che senso ha tutto questo?

Contro la nuova legge sulla legittima difesa ha già preso a tuonare l’Associazione Nazionale Magistrati che, per bocca del suo presidente Eugenio Albamonte, sostiene che «Questa iniziativa legislativa nasce da una sfiducia per il modo in cui i giudici applicano le norme esistenti». Beh, non si può dire che non sia così perché, stando al dato Eurispes del 2015, soltanto il 35,3% degli italiani nutrirebbe fiducia nella magistratura, e in tale percentuale sicuramente non è compresa la classe politica che sta per licenziare la legge. Con un minimo di onestà intellettuale anche la magistratura, però, dovrebbe fare un esame di coscienza sull’applicazione del già esistente articolo di legge riguardante la legittima difesa. È vero o non è vero che Franco Birolo, tabaccaio di Civè di Correzzola, è stato condannato a due anni e otto mesi di carcere, oltre a un risarcimento di 325.000 euro per aver sparato al bandito che lo stava rapinando? È vero o non è vero che Ermes Mattielli è stato condannato a cinque anni di carcere e ad un risarcimento di 135 euro per aver sparato a dei ladri armati di spranghe che erano entrati a rubare del suo deposito? E questi sono soltanto due esempi dei tanti che si potrebbero fare per evidenziare talune, forse troppe, inaccettabili sentenze della magistratura sulla legittima difesa. Eppure in proposito l’articolo 52 del Codice Penale è piuttosto chiaro: «… Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa». La verità è che taluni magistrati, invece di applicare le leggi così come furono scritte, preferiscono interpretarle in modo da poter indulgere in funzioni che non sono del loro ruolo ma dei sociologi e degli assistenti sociali: il recupero del reo deve essere tentato dopo la sentenza, non nella sentenza! Sennò il punito dalla legge è colui che ha subito il reato, non il delinquente che lo ha commesso. La funzione della legge degli uomini è quella di punire, reprimere, allontanare dalla società i soggetti che ne minano il sereno fluire, non di offrire l’altra guancia Lasciamo la cura di questo compito a qualcun altro.

Come si vede, nessuno tra i governi che si sono via via succeduti, né il Parlamento e neppure la magistratura sono immuni da colpe per quanto riguarda il deterioramento del concetto di legittima difesa.

Proprio noi che siamo favorevoli a una robusta (e seria) legge sulla legittima difesa, paradossalmente non amiamo quella in itinere e la ragione è anche abbastanza semplice: non si può, non si deve, legiferare su di un argomento così importante, riguardante la vita e la morte di un individuo, sotto l’influsso emotivo che sale dalle piazze. Questo modo di operare è tipico dei regimi boccheggianti.

Noi, invece, una volta eliminata la sciocchezza delle “fasce orarie”, avremmo aggiunto alla legge sulla legittima difesa soltanto un comma: «Chiunque s’introduca in casa altrui con intenti criminosi lo fa a suo rischio e pericolo. Giorno o notte che sia».

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