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Editoriale

INQUIETI

MASSIMO LODI - 14/05/2017

quiete

La Quiete evita i sigilli della chiusura grazie al lungo periodo di spegnimento necessario a una provvidenziale strumentazione, la risonanza magnetica. Che è divenuta simbolica eco delle istanze salvifiche di tante persone, vittime incolpevoli dei rovinosi danni da altri procurati. Lo sfratto subisce un rinvio (30 maggio), se diverrà definitivo/irrevocabile, perderanno l’occupazione in sessantatré.

Potrebbe succedere, da ora ad allora, qualcosa che in extremis metta al sicuro struttura e dipendenti? Potrebbe e dovrebbe. Una cooperativa emiliana, il Consorzio Rete, ha presentato un’offerta d’acquisto di sette milioni e mezzo di euro, appena inferiore alla base d’asta fissata a otto. S’accollerebbe inoltre il pagamento degli affitti pendenti e dei salari da onorare. Il giudice fallimentare l’ha respinta, non spiegandone i motivi e innescando la contestazione della rappresentanza sindacale. Perché se c’erano (ci sono) ragioni ignote che ostano al passaggio di proprietà, bisogna svelarle. Le devono conoscere medici, infermieri, impiegati che rischiano, fortissimamente rischiano, il lastrico. Presìdi, dimostrazioni, appelli insisteranno nei prossimi giorni.

Cosa (1) potrebbe succedere? Che un ritocco migliorativo della proposta sia apportato dal Consorzio Rete, così da convincere al sì il magistrato finora espressosi per il no. Oppure che una disponibilità alternativa e ovviamente congrua compaia a sorpresa sul tavolo decisionale del Palazzo di giustizia. Sembrano ipotesi miracolistiche, ma è in questo campo, quello del miracolo, che ormai va giocata l’ultima partita, dopo che tutte le altre sono state perdute. I miracoli (le “cose meravigliose”) talvolta accadono.

Che cosa (2) dovrebbe succedere? Che la generosa mobilitazione della città (centinaia e centinaia di firme raccolte a sostegno del salvataggio della clinica, manifestazioni pubbliche di solidarietà, impegno diretto di molti esponenti istituzionali) continui, e che il sindaco e il presidente della Regione per primi si facciano interpreti, non solo interlocutori, di questa nuova e conclusiva fase della dignitosa/disperata azione di tutela del lavoro da parte di chi se lo vede sfilare.

La clinica di via Dante che sta per chiudere, e che speriamo non chiuda mai, rappresenta un caso non esclusivamente economico. E’ sociale, fortemente sociale. Ed è politico, assolutamente politico. Nessuno meglio e più di Galimberti e Maroni dispone di titoli per confermare/dimostrare che la politica, quando vuole e sa, riesce laddove altri hanno fallito. C’è bisogno di un’ultima tempesta, per ritrovare una nuova Quiete.

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