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Attualità

TRENORD, I PENDOLARI DEL DISAGIO

CESARE CHIERICATI - 24/02/2012

“Pannelli elettrici manomessi, fili elettrici scoperti, sporcizia nelle carrozze e sui sedili. Porte che collegano gli scompartimenti guaste e di conseguenze aria fredda che entra all’interno. La mattina del 6 febbraio c’erano – 17° e siamo stati costretti ad attendere invano presso la stazione di Besozzo, completamente al gelo, il treno delle 6.58 per Milano che non è mai arrivato, non sono stati fatti annunci e quindi si è persa l’opportunità di andare alle Nord di Cocquio. Morale della favola: siamo arrivati a Milano alle 10”.

È un passo di una lettera di una viaggiatrice pendolare ospitata qualche giorno fa su Varesenews, l’ennesimo “grido di dolore”, confortato da ampia quanto esauriente documentazione fotografica, dello stato in cui versa da decenni parte del servizio pendolari in Lombardia. Se ci si sposta a sud di Milano la situazione è, se possibile, anche peggiore. Mantova, Cremona e il capoluogo sembrano lontane anni luce e le condizioni delle carrozze del tutto simili a quelle denunciate sulla Luino –Laveno – Milano. Vige nei fatti l’unica vera par condicio del Paese, quella del peggio come denominatore comune di chi per lavorare, per studiare o semplicemente lasciare a casa l’auto, sceglie la ferrovia.

Da qualche anno il servizio è gestito da Trenord, la società nata dalla fusione tra Trenitalia e le Nord (gruppo FMN) ed è l’unico gestore ferroviario regionale. Entrando nel sito internet si ha una sensazione di un mondo patinato, ovattato rispetto alla realtà agra di tante stazioni e stazioncine che punteggiano le linee. Il pacioso amministratore delegato Giuseppe Biezuz spiega, badiale, che il fatturato è di settecento milioni di euro; che giornalmente sono seicentocinquantamila i passeggeri trasportati; che duemila duecento sono i treni in movimento ogni giorno e cinquecentonovantamila il totale annuo con un’occupazione del centodieci per cento nelle ore di punta; che su questa quantità enorme di convogli soltanto il 3,7 per cento accumula ritardi superiori ai dieci minuti. Lamenta i tempi lunghi nell’arrivo di nuovi convogli; che la sporcizia è un problema soprattutto sulle vecchie carrozze, quelle per intenderci prese di seconda mano dalle Ferrovie svizzere negli anni ‘80; che il vandalismo è una piaga che costa a Trenord dodici milioni di euro l’anno e non conosce tregua.

Dentro la cornice virtuale del sito sembra tutto accettabile, fisiologico, normale e i pendolari arrabbiati una minoranza di incontentabili arruffapopoli. Resta invece da spiegare perché i treni sembrano viaggiare nei tempi stabiliti solo in condizioni climatiche buone; perché fare l’abbonamento agli sportelli abilitati – pochi – sia un calvario che costringe i viaggiatori a chiedere permessi nelle aziende dove lavorano; perché le sale d’attesa, quando esistono, sono in condizioni spesso pietose e di norma gelide; perché in caso di ritardo le informazioni arrivano col contagocce se e quando arrivano; perché in buona sostanza i pendolari di Lombardia – e a maggior ragione quelli di altre regioni – continuano a essere figli di un dio minore ferroviario.

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