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Politica

C’È BISOGNO DI SOGNI

LUISA OPRANDI - 24/02/2012

Sogni. Occorrono sogni e fantasia. Spesso abituati dalla stanchezza comunicativa a relegare tante parole a una dimensione semantica univoca, perdiamo di vista le potenzialità che si potrebbero risvegliare rimettendo in gioco certi termini e facendoli diventare propri. La politica ormai spesso pecca di povertà espressiva. Eppure Martin Luther King, al termine della storica “marcia dei piedi neri” per i diritti civili, il 28 agosto del ‘63 nel celebre discorso davanti al Lincoln Memorial di Washington, ebbe il coraggio di affidare alla parola sogno il progetto di una vita, di un paese, di un popolo. “I have a dream”, disse di fronte alla folla raccolta ad ascoltarlo. E il sogno si è fatto realtà.

Ci pensavo nell’ultimo consiglio comunale del capoluogo, quando la proposta concreta di non affidare ai soli temi urbanistici la riflessione comune del Piano di Governo del Territorio, ma di trovare tempi e modi per ragionare assieme anche su possibili progetti di conciliazione dei ritmi di vita, di lavoro e familiari con i servizi e le politiche urbane, è stata prontamente snobbata.

Mi astengo da qualsiasi troppo semplicistica ipotesi che porterebbe a motivare la riduttiva apertura del mio diretto interlocutore, nel caso in questione, con un poco fantasioso “ragionar da maschio”. Preferisco pensare, ahimè, che davvero le parole e i pensieri della politica e dei politici si riducano attualmente a un patrimonio valoriale e a un vocabolario estremamente impoveriti. Il secondo come diretta conseguenza del primo.

Pensare al futuro delle nostre città, costruirne il destino dei prossimi decenni attraverso dei piani progettuali che “governino” il territorio, lo guidino verso lo sviluppo, la vivibilità e il benessere dei cittadini non può essere solo questione di infrastrutture, grandi opere, edilizia e parcheggi. La città del futuro, dal più piccolo comune al capoluogo, va pensata, immaginata, desiderata. In poche parole va sognata. E possibilmente assieme alla gente. Guardare avanti, stendere le linee strategiche del territorio ci porta, tra le altre cose, a fare i conti con il “tempo” che, nelle società postmoderne necessita di essere coerentemente pianificato e regolamentato, all’interno dei nostri luoghi di vita. La città del futuro non può esimersi dal cercare di conciliare in modo armonico e flessibile i tempi urbani con i ritmi del quotidiano, dettati dalle esigenze di lavoro, di cultura, di tempo per sé, di organizzazione familiare.

Se al centro di ogni scelta amministrativa si pone la persona è necessario desiderare e volere una città di luoghi, servizi, infrastrutture, opportunità in grado di rispondere ai bisogni reali di oggi e soprattutto a quelli di domani. Occorre pensare in prospettiva, con l’occhio lungo sulle occasioni da non perdere e su quelle da creare, con lo sguardo attento alla realtà di ragazzi, giovani, donne, uomini, anziani per i quali predisporre quelle situazioni di vivibilità e benessere che la politica riassume nella definizione “pari opportunità”. Un piano in grado di governare il futuro delle nostre città deve partire da qui, da questo sogno. Da cercare con fantasia. Le nostre città forse sarebbero davvero più belle da vivere.

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