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Editoriale

MARCETTE

MASSIMO LODI - 16/06/2017

rottamazioneChe cosa è rimasto della rottamazione? La suggestione dell’incipit, un tot di disboscati, non il successo della crociata. Trattavasi di crociata laica, infatti. Via il vecchio, avanti il nuovo. È accaduto il contrario, purtroppo. Esempi degli ultimi giorni: la resurrezione della legge elettorale proporzionale, Berlusconi aspirante leader del centrodestra al voto, Prodi possibile premier del centrosinistra, Napolitano a scudisciare qua e là come se fosse il Re Giorgio di dieci o quindici anni orsono e non il principesco quiescente dopo un gloriosa carriera tra Botteghe oscure e splendenti Palazzi. Ci si mette anche De Mita a lanciare lo Scudocrociato 2.0 e, in merito alla post democristianità, viene registrato un episodio curioso/favolistico a Montecitorio: Di Maio, quarantenne leader dei Cinquestelle in predicato d’arrampicarsi alla presidenza del Consiglio nella prossima legislatura, riceve Pippo Baudo per la celebrazione del maestro Armando Trovajoli. Convenevoli, sorrisi, strette di mano, pacche dorsali. Alla fine Baudo gli dice, cantandosela e suonandosela da smagato istrione del palcoscenico: io sono un orgoglioso dc d’antan, ma tu sei un neo dc della contemporaneità.

Il significato della battuta: reggere le sorti d’un governo, e dunque d’un Paese, implica l’esercizio dell’arte mediatrice. E nessuno meglio dei successori/succedanei di De Gasperi lo ha saputo fare. Prendere esempio da loro non è spolvero di mobilio d’epoca, ma allestimento d’arredi funzionali a rendere accogliente la disadorna casa degl’italiani.

Siamo a questo, dunque. Al repechage del passato per dare un senso al presente e credere in uno straccio di futuro. Ha fallito Renzi? Stanno fallendo Salvini e Grillo? Renzi ha comunque avuto l’intuizione felix, non sempre il linguaggio good. Però ci ha provato e ci riprova. Onore al coraggio, fatta la tara sugli eccessi di spavalderia. Fece bene a puntare sul tandem riforma costituzionale-legge elettorale, fecero male gl’italiani a votare non sul merito della questione e invece sul personal mood, il profilo simpatico/antipatico, del personaggio. Salvini è stato di felpata lungimiranza nello sdoganare la Lega dalle bosserie strampalate (Secessiùn), aprendola al sovranismo nazional/sociale, ma l’aggancio al treno lepenista, rivelatosi un carrozzone deragliante, l’ha condotto a una meta opposta rispetto al programma di viaggio. Obsolete chiusure sociali anziché aperturismi di saggio realismo. Infine Grillo: balza qua e là senza una strategia che sia una. Rivolgimenti tattici a piè sospinto, modestia d’esecutori sul territorio, presenze vocianti/demagogiche nelle istituzioni nazionali. Roba già vista all’epoca dell’Uomo qualunque, per i superstiti del tempo. E conosciuta dai volonterosi sui libri di storia. Più polverosità di questa…

Si potrebbe concludere che in via di rottamazione sono i rottamatori. Una beffarda nemesi. Il loro destino dipenderà, prima che dalle scelte degl’italiani nelle urne a venire, dall’esito dei conflitti dentro i rispettivi partiti. Da questo punto di vista, Salvini sta meglio di Grillo e Renzi. La minoranza nella Lega è di cronico disturbo, ma non influente in concreto. Le insofferenze correntizie pentastellate (le correnti esistono anche lì, eccome) sembrano invece in grado di condizionare il profeta digitale fino a costringerlo a un passo indietro. E nel Pd la guerra interna, dopo la scissione, non è finita. Continua. È una drole de guerre. Strana, surrettizia, ambigua. Accesa/incendiata dal gusto infinito di silurare ogni volta il segretario di turno. Forse Renzi avrebbe fatto meglio a mettere insieme un partito suo e buonanotte. Magari avremmo celebrato anche in Italia il buongiorno che la Francia ha festeggiato con Macron. Invece loro sono in impetuosa marcia (Marche), e noi siamo alle solite stanziali marcette (Marchette). Pur se accompagnate da reboanti fanfare.

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