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Nonno di frontiera

DENTRO LE VALIGIE

GUIDO BELLI - 16/06/2017

pastaChe gli espatriati abbiano piacere ad avere cose da casa è immaginabile.

Un nonno di frontiera avveduto se l’aspetta ed è pronto ad alleviare la nostalgia con opportune forniture di beni altamente rappresentativi della terra natia, capaci di vincere la nostalgia.

Quindi si prepara alla fornitura di: parmigiano reggiano; olio di oliva; pasta; dolce Varese dello Zamberletti; caffè macinato per la moka; cioccolatini del Buosi… Insomma di leccornie locali e nazionali sulle quali caricare le emozioni di chi cerca dei modi per mantenere vivo un legame con il luogo di origine, confermare una presenza, ravvivare un ricordo.

È ovviamente una corrente affettiva bidirezionale: da qui a là; da là a qui.

Visto da qui, si cercano degli oggetti che abbiano un valore simbolico, una metafora della dimensione che la lontananza ha troncato.

La realtà supera la fantasia.

In questi anni, è volato in California di tutto. Sì, qualche volta il parmigiano, ma anche…

La macchina della bisnonna per spianare la pasta all’uovo. Quella che si mette sul bordo del tavolo e, facendo girare una manetta che fa ruotare i rulli e la trafila, prima lavora la pasta e poi la riduce in tagliatelle. Dopo che la scansione ai raggi X della valigia nella quale l’avevamo cacciata ha evidenziato la presenza di una massa cubica di metallo non identificabile, alla dogana hanno voluto controllare, facendoci aprire la valigia. Con un certo imbarazzo, abbiamo spiegato all’incredulo funzionario di che cosa si trattasse.

Una pentola a pressione da 5 litri. Questa è volata avanti e indietro nelle valigie dei nonni per tre volte, essendo la prima inviata inadatta ai fornelli ad induzione (L’America è pur sempre l’America e, si sa, sulla tecnologia sono più avanti). Sicché dopo essere andata, analizzata e respinta, è tornata al mittente che, a sua volta, l’ha ritornata al venditore sostituendola con un modello certificato per la bisogna, il quale, atteso l’opportuno passaggio, è poi atterrato felicemente nell’armadio della cucina di mia figlia in California.

Fazzoletti di carta. A pacchi. Pare che negli USA ne usino di un tipo la cui qualità non è ritenuta sufficiente.

Otto lampade da muro della ex-casa della bisnonna. In vetro, fragilissime.

Sei tazze per la colazione della casa di vacanza.

Tre gilet fatti ai ferri dalla bisnonna.

Un numero imprecisato di peluche della mamma dei nipoti del nonno di frontiera.

Biscotti al Plasmon.

Spazzolini da denti morbidi. Da quelle parti ne usano solo con setole dure come il filo di ferro.

Libri per bambini. In italiano. Di ogni genere e qualità. A chili.

Stracci per pavimenti. Questo va spiegato. Essendo mia moglie da diverse settimane al fronte per aiutare durante i primi mesi dopo la nascita del secondo nipote, un giorno ha inoltrato alle retrovie una urgente richiesta di uno straccio da pavimento, tipo blu, della Coop.

Il caso ha voluto che, nello stesso momento, dodici paia di mutande – oggetto di trattative sottobanco tra le nostre due mie figlie – aspettassero di essere inviate negli USA. Quindi, messele insieme allo straccio in una busta, ho spedito il tutto. La signora allo sportello dell’ufficio postale, che fortunatamente ormai mi conosce, questa volta ha fatto una faccia proprio perplessa quando, dovendo compilare la lettera di vettura, ha sentito la mia risposta alla domanda: contenuto?

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