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Noterelle

I SUOI OCCHIALI, LE NOSTRE VEDUTE

EMILIO CORBETTA - 16/06/2017

carceratoLui è uno finito in prigione.

Ce ne sono parecchi nelle sue condizioni: stranieri incapaci di adattarsi alle regole della nostra società, di interpretarle, di condividerle e di viverle. Si scontrano con loro, le calpestano e vanno a finire in prigione. Ci sarebbe da meditare a lungo su numerosi fatti di questo tipo.

Tante parole sono state scritte, tanti studiosi hanno speso le loro ore per chiarire e capire questa incapacità di adattamento. Lui è in prigione con parecchie accuse, ma la più importante è che lui ha commesso un reato grave, facendo parte di un gruppo di malavitosi. Sinteticamente noi un gruppo così lo definiamo “una banda”, ossia una aggregazione che ha delle sue regole, necessarie per ben funzionare, ma contrarie a quelle della nostra società.

Immagino d’essere uno di loro: sono straniero, cercavo la possibilità d’uscire dalla miseria e son capitato in una società competitiva, che non può o non vuole accogliermi, dove non riesco ad avere i mezzi per vivere con la mia famiglia. Cerco tra connazionali, trovo un gruppo in cui ci si arrangia come si può, con metodiche che danno il minimo per vivere, mi aggrego! È giusto ciò che facciamo? Non capisco bene, ma non ho possibilità di scelta. I connazionali sono miei amici.

Le cose sono andate cosi? Forse, ma sta il fatto che Io-Lui ora siamo in prigione, in un luogo inospitale, ma forse migliore della bidonville da dove veniamo, migliore delle lande miserande dove siamo nati. Dove non avevamo terra da coltivare, lavoro da fare, pane da mangiare, un Dio da pregare. Adesso viviamo in una comunità forzata, con regole formali imposte da chi dirige la prigione, e con altre regole nascoste, clandestine, dure, imposte dalla comunità stessa dei prigionieri, dove la prevaricazione e la violenza imperano, dove il tempo trascorre lentissimo. Quelli di là in divisa si preoccupano di tutto per noi, ma noi vorremmo essere liberi.

Salta fuori che Lui ha bisogno di occhiali. Una banalità, ma non ci sono i mezzi. L’anima pietosa di un volontario cerca di procurarceli. Devono essere fatti in un laboratorio specializzato perché il difetto visivo è complesso. Sorge un problema: i tecnici, sapendo per chi sono, non li vorrebbero fare. “Quei malavitosi, quegli stranieri, quei farabutti tornino al loro paese. Son qui e ci hanno aggrediti. Vadano via! Di quelli lì abbiamo paura. Violentano, rubano, qui dan fastidio, via….”

Reazione giusta? La violenza genera violenza, come sempre. Lo straniero è diverso, lo si vede, ciò induce alla diffidenza. È evidente che è in difficoltà, cosa che può spingerlo ad aggredire: e la mia paura vuole difesa. Anzi, non solo si vede che può fare il male, lo ha fatto! Perchè chi comanda, chi ha autorità non lo manda via? Altro che mantenerlo in prigione.

Tutti questi sentimenti son comuni, son diffusi sia tra persone di cultura che tra persone più semplici, e sono tutte idee giustificate. Sono millenni che l’uomo vaga sulla terra alla ricerca di sostentamento ma scontrandosi con i suoi simili con le stesse esigenze, in eterna competizione, ma è anche vero che ai nostri giorni le culture sono mutate, che le conoscenze potrebbero permettere di risolvere questo eterno problema, dando a tutti il necessario per vivere dignitosamente.

Gli economisti, queste misteriose menti che studiano le necessità monetarie umane, invece ci dicono che non è cosi: mettono linee di colori diversi tra due rette incrociate rigorosamente perpendicolari tra di loro e ti fan capire che gli uomini che stanno nella linea azzurra vanno bene perché son ricconi, ma sono bassi sfiorando la linea orizzontale, mentre gli altri, i rossi vanno su, su in salita, imitando la linea verticale. Vien da dire: ma perché i puntini della linea rossa non scendono in quella azzurra? La realtà è che tra le due linee ci sono tanti dolori, tante fatiche, infiniti sacrifici, tanta fame, tanti morti, tanta non vita. Tutto il bianco tra le due linee è costellato di guerre, strisce di sangue, fiumi di lacrime, fronti imperlate di sudore, preghiere, imprecazioni, bestemmie, stupide violenze, furbate, sfruttamenti, latrocinii, prostituzione di disperate, bambini sfruttati, percossi, fatti annegare, e tutte quelle situazioni che i nostri mass-media ci buttano negli occhi. Ma non sarebbe bello … e no! La linea di mezzo, quella dei 45° non c’è. Non che nessuno l’abbia mai cercata, anzi: è la linea delle utopie dei filosofi, dei profeti ebrei, di alcuni faraoni, di Budda, di Confucio, di Kant, di Marx, e così via. Molti hanno cercato di realizzarla, anche con la violenza, con i campi di concentramento, con i “gulag”, ma allora si torna da capo!. Adesso tra le due linee, quelli che si credono furbi mettono i muri, che da soli non funzionano, e forse funzionerebbero se supportati dalle armi.

Gli studiosi mettono l’umanità tra due braccia di una croce per cercare di spiegare il suo funzionamento. Gli uomini, ossia i puntini dei loro schemi, si ribellano e non vogliono fare gli occhiali per gli stranieri violenti ed invocano gli interventi dei loro politici, che appaiono cialtroni incapaci o peggio, silenti conniventi con i fautori di dolori. Intanto lui è in prigione, a casa una madre vecchia dolente e incapace, una moglie che non riesce a mantenere i bambini. Lui che non ha capito che certe violenze forse non danno frutto nemmeno al suo paese, lui puntino disperato che malamente vaga nei problemi della vita.

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