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Cultura

L’ARTE DEL DIALETTO

SERGIO REDAELLI - 23/06/2017

pilastroUn Pilastro di nome e di fatto. Di Induno innanzitutto, dov’era nato nel 1935 nella “curt dul Tan da piaza” (vi abitavano tante famiglie storiche del paese: Toscani, Chini, Simonetta, Pertile, Bologna e i Maculan arrivati dal Veneto) e un pilastro della compagnia teatrale Il Portico degli Amici dove da ventisette anni furoreggiava in ogni ruolo, comico o drammatico che fosse. Ma molto tempo prima, già negli anni Cinquanta, aveva cominciato a pestare le assi del palcoscenico nella mitica compagnia stabile Deo et Caesari, rinata dopo la guerra.

C’era tutta Induno – martedi 20 giugno nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista – a salutare il carissimo Angelo, 82 anni, padre di due figli, protagonista di tante indimenticabili commedie nello storico teatro Comi fondato nel 1907. Uno dei primi portieri, tanti anni fa, della squadra di calcio dell’Aurora, poi pasticciere da Ghezzi in corso Matteotti a Varese e negli ultimi dieci anni cuoco volontario nella clinica Santa Maria all’Ospedale di Circolo. Un’anima buona, pronta a mettersi nei panni degli altri e proprio per questa straordinaria empatia ottimo interprete di caratteri e personaggi a teatro.

Al suo attivo un lungo catalogo di titoli. Dai capolavori di Guido Bertini (La man in del foeugh, El zio matt) alle commedie di Ambrogio Lunati (Un marì per la mia tusa), di Roberto Zago (El cortil di Cassinett, El sacrista de San Firmin), di Luciano Meroni (La fortuna l’è surda) e di tanti altri autori dialettali. Ma anche indimenticabile protagonista di un fortunato allestimento in italiano di Arsenico e vecchi merletti di Joseph Kesserling, un classico di Broadway degli anni Quaranta con cui la compagnia Il Portico degli Amici vinse il primo premio al concorso della Federazione degli Oratori Milanesi nel 1996 e che ha più volte riproposto.

Per non parlare della gustosa interpretazione di Bartolomeo Scappi, il cuoco dei papi nella Roma del ‘500, di cui Pilastro vestì i panni nel dramma storico Pio IV, andato in scena al teatro Apollonio di Varese nell’autunno del 2014. Al termine di ogni recita, ricordano i colleghi, il saluto alle attrici era diventato un marchio di fabbrica: “E adess on basinn a tutt i me donn”. Proverbiale la sua memoria. Ripassava la parte per la sera, ad alta voce, andando all’edicola la mattina di buon passo a comprare il giornale. Ed era sempre il primo ad impararla.

“Un attore brillante, comico, carismatico, di quelli che riescono a caricarsi la commedia sulle spalle e a trascinare gli altri – chiosa Carlo Riva, il regista del Portico degli Amici che ha spesso affidato le sorti della serata all’estro dell’amico Angelo – Conosceva il segreto di strappare la risata al pubblico con una battuta in dialetto, magari inventata al momento. Spesso recitando in coppia con Rosanna Pigato, irresistibili marito e moglie sul palco. Un suo cavallo di battaglia? Difficile dirlo. Forse nei panni di Celestin in El Zio Matt, un capolavoro di Bertini e la sua prima commedia in dialetto”.

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