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Il Mohicano

UN REFERENDUM INUTILE

ROCCO CORDI' - 07/07/2017

referendumIl prossimo 22 ottobre gli elettori lombardi, in concomitanza con i vicini veneti, saranno chiamati a pronunciarsi su un referendum “per l’autonomia” indetto dalle rispettive Regioni. Il referendum è solo consultivo, non è previsto un quorum per la sua validità e, a quanto pare, costerà circa 50 milioni di euro (e poi dicono “non ci sono soldi”). La “mossa”, studiata a tavolino dai presidenti leghisti delle due Regioni, è stata subito e supinamente accettata dai loro alleati più per calcolo elettorale (le elezioni regionali si svolgeranno l’anno prossimo) che per reale convinzione. Dopo qualche iniziale mugugno anche il maggiore partito di opposizione si è accodato, salvo eventuali ripensamenti in corsa d’opera.

Basterebbero questi pochi elementi per comprendere che la promozione del referendum è solo uno specchietto per le allodole, un modo come un altro cioè per deviare l’attenzione dai problemi reali catturando l’attenzione e, forse, i voti di un corpo elettorale sempre più sfiduciato e smarrito.

Il tema dell’autonomia o, più correttamente, delle autonomie è certamente importante e meriterebbe ben altra considerazione soprattutto in presenza di una crisi economica, sociale e politica, per molti versi inedita e dirompente. Per oltre un ventennio il tema è stato affrontato, a seconda delle circostanze e delle convenienze, con enfasi e ricette apparentemente risolutive. Prima con le riforme elettorali (introduzione del sistema maggioritario ed elezione diretta di Sindaci, Presidenti di Province e Regione), poi con leggi costituzionali (riscrittura del Titolo V della Costituzione) e ordinarie (riordino della fiscalità locale e delle competenze). Da non dimenticare infine la fantasiosa Legge Delrio del 2014 che ha abolito le Province e anche no. La stessa Lega Nord, che pure ha trascorso parecchi anni al governo (oscillando dalla secessione alla devoluzione e dal federalismo al regionalismo spinto) non ha prodotto granché.

C’è materia per riflettere, dunque. Anche perché, nonostante le innumerevoli riforme messe in campo, non si può certo dire che lo stato di salute del sistema delle autonomie locali sia ottimo. Anzi è proprio qui che oggi registriamo il maggiore distacco elettori/istituzioni. Basti pensare alla caduta verticale di partecipazione registrata nelle più recenti consultazioni elettorali locali.

Allora su cosa, realmente, siamo chiamati a votare il prossimo 22 ottobre?

Il quesito che troveremo sulla scheda è il seguente: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”

Ecco basta solo leggere con attenzione il quesito per capire che l’unica certezza di questo referendum consiste nella enormità dei costi previsti. Che vincano i SI’ o i NO nulla cambia perché il richiamato articolo 116 della Costituzione in cui è previsto il cosiddetto regionalismo differenziato, stabilisce con precisione modalità e procedure per ottenere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”.

Il terzo comma infatti recita che le ulteriori forme di autonomia “… possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.

La procedura istituzionale non richiede dunque lo svolgimento di un riferimento. E’ sufficiente che la Regione interessata avvii l’iniziativa, sentiti gli enti locali. Né si può pensare che l’esito di un referendum, peraltro consultivo e senza quorum, possa scavalcare la Costituzione.

A che serve allora scomodare 8 milioni di elettori in Lombardia (e altri 4 milioni nel Veneto) per una prova siffatta? Nulla sull’oggetto referendario, molto invece in vista di una campagna elettorale che, a quanto pare, già si preannuncia, ricca tanto ricca di “effetti speciali”, quanto povera di contenuti.

 

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