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Politica

IL NODO DELLE ALLEANZE

GIUSEPPE ADAMOLI - 14/07/2017

Dario Franceschini

Dario Franceschini

La discussione aperta da Franceschini sulle alleanze politiche del centrosinistra per la prossima legislatura non è una polemica inutile o speciosa e come tale dovrebbe essere considerata anche da Renzi.

Giusta la decisione del leader di convocare una conferenza programmatica per il prossimo dicembre al fine di trovare le soluzioni più utili su Lavoro, Fisco, Europa, Corpi sociali e molto altro ancora, ma il nodo delle alleanze a lungo andare è ineludibile. Non lo sarebbe, o lo sarebbe stato molto di meno, se fosse passato il ballottaggio fra le liste più forti come prevedeva l’Italicum ma la Corte lo ha cassato (per ragioni che ancora non riesco a comprendere fino in fondo) e di questo bisogna prendere atto.

Cosa succederà sul versante della legge elettorale è difficilissimo prevederlo ma ormai, purtroppo, anche Il sistema maggioritario, che metterebbe largamente nelle mani degli elettori la decisione su quale governo per l’Italia, diventa uno sbocco molto arduo ed è probabile che si voterà con il proporzionale. Sono difatti proporzionali, benché diversi fra loro, i due sistemi elettorali per la Camera e il Senato modificati dalla Consulta. È vero che per la Camera è previsto un forte premio per la lista che sul piano nazionale ottenesse più del 40% dei voti ma è quasi impossibile che questo risultato possa essere raggiunto da chiunque.

La logica del proporzionale spinge i partiti a presentarsi da soli nel tentativo di guadagnarsi la sopravvivenza. In un quadro simile le alleanze si fanno normalmente dopo le elezioni. Questo non significa però che non si debba lavorare per la prospettiva di una coalizione per il dopo elezioni affinché tale coalizione non sia vista dagli elettori come un tradimento della loro volontà.

Nell’attuale situazione è agevolmente ipotizzabile che ci vorrà una larghissima alleanza per garantire una sufficiente governabilità. Franceschini ne immagina una che faccia perno anzitutto sui partiti con i quali si è governato in questa legislatura. Una fetta minoritaria del Pd vorrebbe l’esclusiva apertura ad una parte delle forze alla sua sinistra. Renzi per adesso preferisce scansare il problema coltivando ancora la “vocazione maggioritaria” ma con il proporzionale questo disegno non è realizzabile.

Il problema è reso ancora più complicato dal fatto che le piccole formazioni politiche con le quali allearsi sono praticamente allo stato gassoso e la retorica sulla convergenza dei programmi lascia spesso il tempo che trova. I programmi senza leadership sono quasi sempre delle paccottiglie che si dileguano come neve al sole. Due soli esempi: sarà Calenda il leader del “centro” visto che Alfano si è pesantemente logorato? Sarà guidata da Pisapia la parte della sinistra che sembra disponibile ad una intesa con il Pd?

Penso che potrebbe essere necessario l’apporto di entrambe queste forze. Da ciò l’esigenza di lasciar perdere ogni vena polemica (quando non indispensabile) e di intavolare con loro un serrato confronto politico-programmatico senza pregiudiziali. È dal Pd, cioè dal più forte, che dovrebbe arrivare l’esempio.

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