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Attualità

TRA I BOSCHI

GIUSEPPE ADAMOLI - 28/07/2017

valtellina

Mi piace molto camminare nei boschi anche qui in Alta Valtellina specialmente quando i raggi del sole filtrano i larici e gli abeti facendo luce. Da bambino avevo paura del buio e la foresta scura era uno dei miei incubi notturni. Mi piace ancora di più quando all’improvviso scorgo il verde di una malga e spiccano baite, fienili, stalle, bestie al pascolo. E sento i loro campanacci e la voce di qualche montanaro. E’ lo stesso infantile entusiasmo che provo quando spunta un laghetto dal nome sempre uguale: nero, verde, azzurro, d’oro, ma pur sempre diverso.

Immediata si accende la speranza che questi posti, già in buona parte abbandonati, vengano alla fine salvati; che la cultura dell’alpeggio sia conservata; che gli arbusti non invadano troppo i prati; che i torrenti abbiano la giusta manutenzione; che si capisca che i soldi pubblici per far abitare questi luoghi sono soldi spesi benissimo anche per chi vive in città.

A volte mi fermo all’alpeggio per comprare del formaggio anche se ho le provviste nello zaino. Cerco un contatto e, se riesco, mangio qualcosa con loro sui tavolacci di legno dentro o fuori la baita tra gli odori di stalla, di fieno, di fumo del fuoco sempre acceso, di polenta, di pane abbrustolito. Sono generalmente di poche parole, caparbi e anche ruvidi questi uomini o donne. Da giovane dovevo assomigliargli, stando a mia mamma. “Sei brusco, rustico, ostinato – mi rimproverava bonariamente ogni tanto in dialetto – avresti bisogno di una ragazza gentile e sensibile”. L’ho trovata, dolce e bella, ed è stata la mia fortuna. Ma anche dopo quell’incontro della vita, l’impronta del carattere asciutto non mi ha lasciato. Anche oggi mi isolo senza intristirmi troppo. Decisamente simpatizzo con chi vive in montagna.

Quest’anno sono andato meno sui ghiacciai dato anche il loro pessimo stato, solo sul Cevedale, con un grosso sforzo e più per sfidarmi che per vero piacere. L’anno scorso avevo fatto molto di più: Morteratsch sul Diavolezza, Forni, Cristallo, Cima Piazzi ed altro. Era come se volessi scappare da bellissimi ricordi diventati all’improvviso troppo malinconici. Stavolta ho camminato moltissimo scegliendo i paesaggi meno aspri e più riposanti come la Val di Rezzalo con i corsi d’acqua che scorrono mezzo metro sotto l’erba; gli itinerari sullo Stelvio e verso la Svizzera; i prati ondulati come l’incantevole Solaz sopra l’inizio della Val Zebrù. Anziché la neve ghiacciata e crepacciata di un bianco estivo quasi sporco, amo la neve morbida che d’inverno scivola sotto gli sci o che pesto con le ciaspole.

I fiori di campo sono sempre bellissimi ma si trovano, rigogliosi, in giugno e luglio, non ad agosto, soprattutto col caldo precoce di quest’anno. Sono salito tardi in montagna e mi sono mancati. E non c’è orto botanico, il Rezia di Bormio pure interessantissimo, che regga il confronto. Ho visto in compenso tanti animali: branchi di stambecchi (sul Filon del Mot dallo Stelvio alla terza cantoniera), qualche gipeto, camosci e caprioli e perfino, alla “Baita del Pastore” ai piedi della salita per il Quinto Alpini, un minuscolo ermellino che pensavo fosse sempre bianco e invece era marroncino.

Non ho visto nessun cervo. Ne vedrò a inizio ottobre quando il Parco dello Stelvio organizza qualche escursione proprio per guardare i cervi maschi che “puntano” le femmine e ascoltare i loro “bramiti”, il grido di quando sono in amore, fremente o lamentoso. L’ho già sentito e mi era parso straziante. Sarà l’occasione per tornare in Alta Valle, per passare qualche ora con le guide del Parco, per trovare qualche malga che, a bassa quota, non ha ancora chiuso i battenti.

Ci andrò per assaporare i colori dell’autunno e accorciare la distanza fra la breve estate e il lungo inverno della montagna. Sto già pensando al prossimo futuro. La fiducia non mi manca.

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