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Divagando

IL COMUNE CHE FA SCUOLA

AMBROGIO VAGHI - 28/07/2017

canzianiParliamo di scuola, un settore di attività comunale di grande impegno che spesso naviga sotto traccia non sollevando polveroni come i perpetui dibattiti sui piani delle soste. Di fatto per molti suscita più interesse sapere dove parcheggiare la propria auto che dove e come sistemare i propri figli affinché ricevano una istruzione adeguata in strutture moderne e sicure.

Due recenti decisioni dell’Amministrazione Comunale di Varese hanno generato una attenzione che è andata al di là dei cittadini direttamente coinvolti. Hanno sollevato proteste e prodotto polemiche approdate anche in Consiglio. Decisioni riferite entrambe al settore scolastico. Ci riferiamo al trasferimento delle classi coi rispettivi alunni e insegnanti da anni allocate presso l’istituto dell’Addolorata di via Luini e nel plesso scolastico Canziani in via Marzorati ai Miogni. Ragioni differenti ma non tanto se riandiamo ai tempi che le hanno generate. Erano gli anni del boom economico, delle grandi trasmigrazioni interne, dei trasferimenti dalle campagne lombarde, emiliane, venete ma soprattutto dal grande Sud, verso le città e le zone in cui il lavoro richiedeva braccia ed intelligenze.

Uno studio prodotto dalla Unione delle Camere di Commercio Italiane, redatto dall’economista professor Tagliacarne valutava in circa 5 milioni di lire di allora il costo dell’insediamento di ogni migrante. Spese da sostenere da parte dei Comuni di arrivo per dare più scuole, più posti letto negli ospedali, più trasporti. Insomma più servizi sociali e urbani ai nuovi insediati. Varese e il suo hinterland per il loro vivace sviluppo industriale ed edilizio si trovarono presto a dovere affrontare difficili problematiche in tempi talora strettissimi. Si pensi al tumultuoso aumento dei residenti valutato in migliaia ogni anno, dovuto sia al fenomeno immigratorio sia ad un buon tasso di crescita demografica. Più nascite, più bambini dopo i lunghi travagliati anni di guerra con la speranza di un avvenire di maggiore tranquillità economica.

Il problema della scuola fu uno dei più assillanti per le Amministrazioni comunali dei tempi passati. La città possedeva una struttura di plessi scolastici vetusta. Chi aveva voluto la Grande Varese per elevarla a capoluogo di Provincia nel 1927, aveva riunito nel Comune ben 14 cimiteri ma ben poche scuole. La ripresa a settembre delle lezioni era spesso vissuta come un dramma da affrontare nei modi più diversi. Ricerca di aule presso oratori, altri istituti privati, costruzione di nuovi plessi alla garibaldina. L’assessore ai Lavori pubblici del tempo, l’ingegner Camillo Lucchina, il patriota della Resistenza ex Presidente Provinciale del Comitato Nazionale di Liberazione (C.N.L) annunciava in Consiglio Comunale come fosse una vittoria ogni aula rimediata qua e là. Ingegnere civile, aveva scoperto i vantaggi della prefabbricazione leggera, con impiantistica già incorporata nei pannelli. Richiedeva tempi di esecuzione strettissimi.

Così quasi commosso ma trionfante poteva annunciare l’apertura di qualche nuova scuola in tempo utile per la ripresa autunnale. Soddisfazione di tutto il Consiglio Comunale, maggioranza e minoranza unite, anche questa volta ce l’avevamo fatta.

Lontane quindi oltre mezzo secolo le radici dei problemi sia dell’Addolorata sia della Canziani. Allora il Comune riuscì a collocare 5 classi in altrettante aule messe a disposizione dalle Suore dell’Addolorata in regime di affittanza. Un aiuto insperato e un respiro di sollievo. Passarono anni e l’Addolorata divenne una scuola a sè coi suoi insegnanti, alunni, genitori. Fino ai giorni nostri quando il Comune di Varese con la nuova Amministrazione Galimberti valutò quella situazione come illogica e antieconomica avendo in proprietà diecine di aule vuote e per di più a un centinaio di metri di distanza. Soluzione: trasferire quelle classi nel vicino sottoutilizzato plesso di Via Como ricostruendo lì una unità scolastica. Non mancarono proteste di agguerriti genitori, raccolte puntualmente da qualche consigliere di minoranza, accompagnate da una confusione di ruoli tali da coinvolgere anche le povere Suore. Emerse che I soldi dell’affitto delle aule (60.000 euro all’incirca) servivano in parte a finanziare la benemerita mensa dei poveri gestita dalle stesse religiose. Una compensazione benefica, comprensibile, ma certamente poco corretta. Finalmente si è trovato un accordo, A ognuno il suo. Il Comune darà un contributo per la mensa dei poveri e le classi saranno trasferite nel plesso di via Como con le stesse modalità di frequenza e didattica garantite dall’Assessore ai servizi educativi.

Anche la Canziani giocoforza nacque come un fungo estivo grazie alla prefabbricazione. Sulla collina dei Miogni gli insediamenti abitativi procedevano a ritmo accelerato e al Montello prendeva vita il quartiere destinato ai dipendenti dell’Euratom. Fortunatamente in zona non mancavano aree libere e se ne trovò una che per ampiezza e collocazione poteva essere utilmente destinata alla costruzione di una scuola. La Canziani nel corso degli anni seppe conquistarsi un’ottima fama in campo cittadino per modelli pedagogici realizzati anche grazie agli spazi a disposizione della struttura ma soprattutto grazie alle insegnanti innamorate del loro lavoro. Hanno saputo coinvolgere positivamente i genitori, credere nei valori della scuola pubblica e proiettarsi verso cultura e società esterne. Purtroppo negli anni sono certamente mancate le opportune manutenzioni strutturali tanto che poche settimane fa è caduta come un fulmine a cielo sereno la notizia che la scuola andava sgomberata, non si sarebbe riaperta a settembre. Gravi motivi di sicurezza relativi alla instabilità della costruzione evidenziati da una perizia tecnica e davanti ai quali non è parso possibile giocare a nascondino. Si sarebbe messa in gioco la vita di tanti bambini. Solo qualche irresponsabile consigliere della minoranza Lega Nord- Forza Italia, ha avuto l’ardire di contrastare il parere dei tecnici valutando sufficiente per salvare la Canziani, eseguire qualche tardivo intervento di incerottamento.

Soprattutto le insegnanti, coloro che hanno dato buona fama alla Canziani, vi lasceranno il cuore. Lo si coglie dai loro scritti, dai sentimenti che esprimono e dalla viva speranza di poter un giorno e presto ritornare su quella collina a proseguire la loro missione. Noi auguriamo loro di trovare nel trasferimento indicato dal Comune nei locali della non lontana scuola Don Bosco di Via Busca non solo una sistemazione accettabile ma anche una fattiva collaborazione con le colleghe. Perché escludere che certe buone esperienze fatte alla Canziani non possano essere utilmente trasferite alla Don Bosco? Qui i 127 nuovi arrivati troveranno altri 74 piccoli allievi e tanti spazi liberi che, ristrutturati, garantiranno un ottimo svolgimento della vita scolastica. Non dimentichiamo che molto rilievo assumono le strutture ma valgono soprattutto le persone che dentro vi operano con la loro passione e professionalità. Senza di queste il buon Don Lorenzo Milani relegato lassù sulla collina di Barbiana non avrebbe mai potuto fare quanto ha fatto e scrivere la sua celebre “ Lettera ad una professoressa”.

I due casi richiamano una situazione diametralmente opposta a quella del passato. Da tempo la popolazione non cresce più ne per incremento demografico ne per immigrazione. Anzi la popolazione invecchia e i residenti diminuiscono. Nel settore scolastico c’è eccesso di disponibilità di aule in diversi plessi. Alcuni da tempo sono stati completamente chiusi e messi in vendita come le vecchie scuole di Valle Olona in via Aquileia o un asilo di Lissago. Alcune altre. come le elementari di Casbeno e di Bobbiate. soggette a pesanti costi di manutenzione e mal collocate aspettano di essere riunificate in un nuovo edificio.

Un cambio di rotta e una ristrutturazione di tutto il sistema si impone-

La nuova Amministrazione Galimberti dopo pochi mesi dall’insediamento ha predisposto un piano generale il “Varese fa scuola “ presentato nel febbraio scorso ad insegnanti e associazioni di genitori. Le cifre sono imponenti, sia per le opere sia per le risorse finanziarie necessarie.

A Varese fanno capo al Comune 42 strutture scolastiche destinate ad asili nido, scuole dell’infanzia, elementari e medie dell’obbligo. Di esse il piano ne coinvolge ben 28, la parte più vecchia del patrimonio, per interventi di manutenzione straordinaria ed ordinaria. Il tutto per rendere i plessi più sicuri e accessibili con la eliminazione di residue barriere architettoniche, l’adeguamento degli impianti antincendi ed elettrici alle vigenti norme, la sostituzione di vecchi infissi. Sono previste anche numerose ristrutturazioni interne per rendere gli ambienti più adatti alla didattica moderna o per riqualificarli funzionalmente. Come alla media Vidoletti dove verrà spostata e facilitata l’entrata.

Non mancheranno lavori necessari a superare alcuni allarmi riscontrati nella staticità di qualche struttura. Sicurezza in primo luogo. Il tutto per una spesa valutata in oltre 6 milioni di euro. Soldi disponibili, sbloccati da un provvedimento del Governo che consente opportunità per la riqualificazione degli edifici scolastici in deroga agli equilibri di bilancio.

Un complesso di interventi dei piani “Varese fa scuola “ e “Scuola sicura ”che il Comune intende portare avanti sempre con il coinvolgimento e la partecipazione del personale scolastico e delle rappresentanze dei genitori. La scuola vuole essere un fiore all’occhiello della nuova maggioranza che governa il Comune. Una scelta significativa che purtroppo non potrà competere con gli infiniti polveroni mediatici sollevati da un qualsiasi piano della sosta delle auto.

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