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Apologie Paradossali

COLOMBO E ALTRO

COSTANTE PORTATADINO - 15/09/2017

colombo(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante

(S) Ripartiamo dall’Africa, magari per discutere la natura e gli effetti dei provvedimenti di Minniti?

(C) No, andiamo in America, in fondo per partire ancora da più lontano, prendendo spunto però da un fatto recente, dotato di quella carica di paradossalità che vi piace tanto: l’attacco iconoclastico alle statue di Cristoforo Colombo. Poi torneremo all’Africa.

(S) Non c’è da stupirsi: nel clima di odio dettato dal trumpismo e dal ritorno del suprematismo bianco, l’arrivo degli europei non può che essere letto come un’invasione del continente. Far diventare Colombo il simbolo di ogni male derivato e quindi la vittima espiatoria è un attimo.

(O) Ma non è giusto! Si va contro la storia, per la duplice ragione che Colombo aveva tutt’altre intenzioni e che fu estraneo alla colonizzazione vera e propria. Cercava la Cina e il Giappone. Sperava d’incontrare regni potenti e civili con cui commerciare. Semmai voleva fornire con ciò al Papa i mezzi per la Crociata. Era un uomo dl suo tempo, anche in materia di fede ma non ha certo inventato il colonialismo, né rilanciato lo schiavismo. Nulla di simile a Cortez o o Pizarro, ai mercanti di schiavi o ai generali sudisti,le cui statue devono essere abbattute perché difensori dello schiavismo.

(C) Verissimo, ma non mi interessa il lato storico e neppure il risentimento dei nativi, veri o auroproclamatisi. Vorrei soffermarmi sull’Europa di ieri e di oggi. Come rispondere alla vecchia, ma non oziosa domanda: perché è stata l’Europa a scoprire il resto del mondo e a introdurvi, almeno come tentativo, la propria civiltà e non viceversa? Perché Marco Polo e Colombo, Francesco Saverio e Matteo Ricci, Magellano e Cook e se vuoi tutta la genìa di conquistadores, di pirati e di trafficanti vengono dall’Europa nel resto del mondo e non viceversa? Eppure le grandi civiltà asiatiche avevano mezzi tecnici ed economici non inferiori a quella europea. Gli Europei avevano, o credevano di avere, una missione.

(S) Oggi è tutto rovesciato, vengono da noi i poveri dell’Africa e di certe parti dell’Asia, ma il movimento che conta davvero è quello dei potenti Cinesi, Indiani e Arabi che comprano le industrie, la terra, le miniere, il debito americano, le Olimpiadi, le squadre di calcio, tutto. È facile sentirsi accerchiati, alzare i muri, credere che per difendere una certa civiltà sia necessario anche difendere una certa supremazia economica o militare. O vorrete liquidare la minaccia coreana con un’alzata di spalle? Quando l’Isis o uno Stato del genere avrà l’atomica, come vi sentirete, vi consolerete con la filosofia, con la poesia, con le tragedie greche, con il minuetto di Boccherini e le fughe di Bach? A che cosa ci servirà aver abdicato anche alla memoria, al punto da rinnegare il senso di tutto quello che è stato fatto in 2500 anni? Sapete perché dico 2500? Perché conto gli anni della nostra civiltà da Maratona, dal momento in cui il germoglio di questa civiltà è riuscito a non farsi schiacciare dall’imperialismo asiatico. Una città, un lembo di terra contro un immenso impero. Ma allora non c’erano i buonisti, gli egualitaristi, i politicamente corretti.

(O) C’è molto di vero in quello che dici, anche se bisogna scontare il fatto che non tutto è stato fatto, dagli Europei, nel senso di una missione civilizzatrice, c’è stato anche prevaricazione, sfruttamento di persone e di risorse naturali.

(S) Come no! Cacciati i colonialisti sono arrivati i russi e i cinesi, magari con le truppe cubane a fare da ascari; che cosa hanno portato? Dittature, tribalismo, corruzione e forme diverse di povertà. E quando il conflitto ideologico è scemato, è andata pure peggio: meno aiuti, meno cooperazione sia pure interessata, solo business da occidente e da oriente. Ti faccio un esempio: “nel silenzio generale, la scorsa settimana Pechino ha garantito un prestito da 20 miliardi di dollari per 20 anni alla Guinea in cambio di concessioni esclusive sulla bauxite, un minerale di cui la nazione africana è ricchissima, atto che è prodromico a tre progetti minerari di lungo termine della China Power Investment attraverso la Aluminium Corp of China e la China Henan International Cooperation Group. Il tutto, reso possibile dall’abbandono di quelle aree da parte di soggetti occidentali, ultimo dei quali la BHP Billiton nel 2013. Minerali e terre rare, il futuro del mondo e della tecnologia: di fatto, monopolio cinese. E, oltretutto, anche a buon fine, se così si può dire in questo periodo di tema migratorio: i soldi del prestito cinese serviranno infatti a dar vita a un mega-piano infrastrutturale per il Paese africano, a partire da strade e ferrovie fino alla distribuzione elettrica. “ (da: Bottarelli, “Da Rosneft alla Guinea, le mani della Cina sul mondo”; www.ilsussidiario.net)

(C)L’ho letto anch’io e corrobora una mia tesi, che l’ Europa commette un gravissimo errore ad abbandonare l’Africa, a non considerarla, tutta intera, non soltanto un partner privilegiato, ma una specie di figlia adottiva, da far crescere, non paternalisticamente, non aspettandosi chissà che cosa in cambio. Ho scambiato qualche idea con un esperto che mi conferma che In Guinea, come in altri paesi, gioca un ruolo determinante il consigliere economico dell’ambasciata cinese, che e’ colui che fa il primo filtro e coordina – tipicamente con una riunione, dicono, tutte le domeniche – la strategia delle diverse imprese cinesi in tutti i settori dell’economia, al fine di minimizzare la concorrenza tra di esse e di massimizzare l’impatto economico positivo per la Cina. Europei e Americani non si coordinano per niente, anzi, si fanno scrupolo di far sapere che se l’attuale presidente si candiderà per un terzo mandato, lo considereranno un parso verso la dittatura e diminuiranno la disponibilità a cooperare. Credete, amici, che i Cinesi si facciano di questi scrupoli? Intento, però, bisogna riconoscere che la costruzione ad opera loro delle infrastrutture migliorerà la vita della gente e forse rallenterà il fenomeno migratorio.

(O) Possiamo davvero credere alle parole di Juncker che, dopo aver ringraziato l’Italia per aver salvato l’onore dell’Europa nel Mediterraneo, promette un rinnovato impegno verso l’Africa? In fondo anche Papa Francesco ha arricchito i suoi interventi sul tema, passando dal semplice dovere dell’accoglienza a un’indicazione di cooperare su molti piani.

(C) Credo che si sia perso troppo tempo, parlo di decenni, non di anni, e credo che permanga negli africani una radicata e certamente non immotivata diffidenza verso gli europei in generale. Ma soprattutto a noi manca la consapevolezza che questa è la nostra MISSION. Lasciatemi giocare sull’assonanza, anche sull’analogia, tra l’uso laico del termine inglese e la MISSIONE NEL SENSO PROPRIAMENTE CRISTIANO. Dai tempi di Colombo la missione cristiana ha accompagnato la colonizzazione, mitigandone i danni e cercando di dare ai popoli nativi una nuova capacità di conoscenza e di libertà, come premessa alla conversione al cristianesimo. Anche oggi nessuna azione politica sarebbe efficace se non fosse sorretta dalla presenza di una disinteressata e generosa condivisione di tutti i bisogni umani, personali e sociali, materiali e spirituali. A questo proposito, non bisogna dimenticare che i progressi dell’islamismo a sud del Sahara sono continui e rischiano di trasformarsi da offerta spirituale a progetto politico totalizzante ed è vano, se non contraddittorio, sperare che siano contenuti dall’irreligiosità dell’ influenza cinese.

(O) Ma ci dai proprio per morti!

(C)No, c’è una speranza. L’occidente ha nella propria civiltà un valore immenso, che questi altri non hanno: proprio il valore assoluto della libertà della persona che si traduce ultimamente nella democrazia sociale e politica, cosa di cui l’Africa ha estremo bisogno, anche se non adeguata consapevolezza. Ecco l’occasione offerta, per paradosso, proprio dalla crisi migratoria: la necessità di negoziare accordi complessi con i governi africani ci darebbe l’opportunità di richiedere e ottenere garanzie di correttezza, di equanimità e di trasparenza nelle azioni di cooperazione, evitando il rischio di ‘pagare’ una dittatura perché usi mezzi coercitivi per impedire le migrazioni. Ma anche questo richiede da parte europea la consapevolezza di una MISSION più grande di certi pur legittimi interessi.

(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante

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