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Cultura

LA BASE DELLA DEMOCRAZIA

FELICE MAGNANI - 15/09/2017

democraziaChi pensa che l’educazione sia un fatto marginale o un problema del tutto personale si sbaglia, l’educazione è la base su cui costruire una democrazia sicura, cosciente dei propri diritti e dei propri doveri, che sa riconoscere ciò che è bene da ciò che è male, che sa rispettare e far rispettare le regole del vivere comune, quelle che contribuiscono alla creazione di una società consapevole.

Da un po’ di tempo a questa parte sta passando l’idea che le regole siano un bene secondario, qualcosa che rallenti l’idea di progresso, che renda più farraginosa la rincorsa agli obiettivi nazionali ed europei, pare proprio che l’educazione non abbia dunque un ruolo determinante nella società cosiddetta civile.

La caduta inizia con un’idea piuttosto libertina di democrazia, un’idea che si è andata espandendo con una sorta di rivoluzione costituzionale che ha coinvolto tutto il sistema paese, a cominciare dalle sue convinzioni storiche, quelle sulle quali ha fondato la sua rinascita morale, educativa, economica, finanziaria e industriale. È da questa idea libertina che traggono origine tutte le conseguenze di cui siamo stati e siamo testimoni in questi ultimi mesi e anni.

Si è cominciato con un sistema di tolleranza e di apertura sociale che non ha trovato sul suo passaggio una disponibilità caratteriale e morale adeguata. A differenza dei paesi nordici, dove il senso civico ha un’importanza fondamentale e dove il bene comune diventa il bene di tutti, nel nostro paese siamo stati testimoni di una progressiva personalizzazione del concetto di società e di stato, facendo così prevalere l’interesse privato su quello pubblico. Molte persone hanno cominciato a credere che tutto fosse diventato possibile, oltre i limiti del consentito.

Si è diffusa l’idea e non solo che tutto sarebbe stato possibile, andando di gran lunga oltre le misure consentite, quelle che avrebbero permesso uno sviluppo compatibile, capace di far partire una rivoluzione industriale adeguata alle potenzialità reali. Le banche sono uscite dal loro alveo tradizionale, così i sistemi finanziari, così la burocrazia, che ha preso sempre più piede, condizionando inesorabilmente il sistema delle relazioni e quello delle corrispondenze, così le leggi, diventate sempre meno restrittive, così il sistema del controllo pubblico, tutto è diventato consorziabile, eludibile, manipolabile e così alla fine lo stato non è più riuscito a rimettere in ordine i conti e quel sistema su cui aveva costruito il suo rilancio.

Con la caduta del sistema educativo a tutti i livelli hanno perso di consistenza morale tutte quelle autorità che in passato avevano consentito al paese di ritrovare un suo equilibrio, dopo anni di guerre e di lotte liberticide.

Quando un paese perde di vista le regole che ne caratterizzano l’assetto, rischia di cadere in una pesante bulimia che favorisce l’insorgere di spinte pericolose, perché agiscono fuori da un ordine definito. Il rilancio di un paese non passa solo attraverso le percentuali, i sondaggi, le previsioni e tutto ciò che appartiene ai punti di vista, ma ha bisogno di appoggiarsi a regole certe, che diventino punto di partenza e di arrivo per tutti.

L’internazionalizzazione di questi anni deve prevedere un’organizzazione, una visione ampia e riconosciuta, una capacità di previsione e di attualizzazione che vadano oltre gli orizzonti privati o individuali. Riprendersi sarà possibile, ma solo se particolare e universale, pubblico e privato sapranno coesistere e collaborare per un’idea di paese dove il cittadino sappia esattamente entro quali limiti e misure sia possibile conseguire obiettivi di natura pubblica e privata.

La legge deve riappropriarsi della sua natura costituzionale, deve restituire al pubblico e al privato la certezza che tutto avviene sull’onda di un’armonia prestabilita, dove tutti i cittadini sono veramente uguali di fronte ai doveri che la società e lo stato impongono. In una società educata nulla è lasciato al caso, tutto concorre alla realizzazione di un equilibrio, dove ognuno sa esattamente quello che può e non può fare, secondo un ordine che va ben oltre la natura individuale delle volontà.

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