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Editoriale

FRANCIGENO

MASSIMO LODI - 06/10/2017

francigenaAccordo sì o accordo no sulla legge elettorale, non cambierà un granché. La sostanza sembra la seguente: i partiti non vogliono abdicare al ruolo di dominus nella scelta dei candidati prima, e in quella del presidente del Consiglio poi. Gli va bene che si vada alle urne col sistema proporzionale, modificato/corretto solo in minima parte. Ciascuno porta a casa quel che riesce, e successivamente ne fa materia di trattativa con gli altri. Più voti presi, maggior grado nell’influenzare il patto che porterà alla designazione del premier e della sua squadra.

Sondaggi alla mano, il centrodestra (se si unisce: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, cespugli centristi) è dato in vantaggio su Movimento 5 Stelle e Pd. La sinistra-sinistra resta un mistero: si ignora come sarà composta, se andrà al giudizio popolare divisa o rappattumata. In ogni caso, anche un’intesa col Pd non darebbe all’area del progressismo (?) la prevalenza. Dunque, riassumendo: non vincerà per davvero nessuno.

Quali accordi, nel post? A dar retta a dichiarazioni/previsioni, Grillo non troverà partner inclini a secondarlo. Il suo candidato Di Maio sta facendo il peggio possibile per allontanare il consenso anziché avocarselo. Impreparato, contraddittorio, inaffidabile. Restano Berlusconi in tandem con Salvini e Renzi in coppia con sé stesso. Ne discuteranno loro, del futuro esecutivo. Ma nessuno, data la natura di emergenza contrattualistica dell’operazione, potrà rivendicare la figura di primus inter pares.

Dunque, avanti un altro a guidare una sorta di governo del presidente o chiamatelo come vi pare. Berlusconi nei giorni scorsi ha lasciato intendere la disponibilità a rivolgersi alla società civile. In particolare agl’imprenditori (Marchionne, che si schermisce, in cima alla lista). E questa è la soluzione uno, però sgradita a Renzi. Lui è per il profilo politico dell’inquilino di Palazzo Chigi. Quale nome per la soluzione due? In pole position s’intravede Gentiloni, che lavora bene nella mala congiuntura, e c’è motivo di pensare che seguiterebbe a farlo, se richiamato in servizio. Anche al Cavaliere Gentiloni non dispiace.

Ma un segno di discontinuità bisognerà pur darlo a quanti (forse tanti) voteranno per riceverlo. E allora non va esclusa la soluzione tre, per fantasiosa/visionaria che possa apparire. Dalla naftalina è stato tirato fuori Francesco Rutelli, albergatovi da storica data. Vecchio sconfitto di Silvio, il Piacione dei fasti capitolini sta muovendosi con astuzia per presentarsi come nuovo. Miracoli che riescono alla politica italiana. Il Pd non gli concede il timbro di vincente. Ma siccome bisognerà adeguarsi a una situazione di pronosticabile pareggio, ecco che tale ipotesi mediatrice appare non meno strampalata d’eventuali alternative.

La Via Francigena ha qualche probabilità d’accontentare tutti, in assenza di percorsi alternativi sui quali muoversi agevolmente in comitiva. Un segnale l’ha dato Rutelli medesimo suggerendo a Renzi di girare l’Italia, invece che in treno come da programma delle prossime settimane, a piedi. Per conoscerla meglio e umilmente. Come pensa/suggerisce anche Berlusconi; allo stesso modo, una quota non irrilevante dei Democrats; infine anche Pisapia e, a umma a umma, addirittura Bersani. Molti indizi, nessuna prova. Eppure, messi in fila, a volte gl’indizi fanno la prova. Il ritorno al futuro (l’ex sindaco di Roma era una delle scommesse del terzo millennio tricolore) non passa mai di moda, nel presente storico italiano.

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