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Parole

SGUARDO AL PASSATO

MARGHERITA GIROMINI - 06/10/2017

retrotopiaProprio un anno fa su queste pagine avevo parlato di utopia prendendo spunto dal Festival tematico organizzato da Universauser Varese con altre associazioni culturali.

Esattamente un anno dopo, da un libro postumo di Bauman, vengo informata dell’esistenza della retrotopia. Dopo il concetto di “società liquida”, il sociologo si è cimentato nella riflessione sulla parte nostalgica di uno status quo passato, una novità rispetto alla ricerca del nuovo che Tommaso Moro aveva chiamato Utopia.

Retrotopia è guardare al passato per trovare rassicurazione, volgere lo sguardo all’indietro anziché a un futuro su cui pendono incertezza e preoccupazioni.

Èvero: spesso chiudiamo gli occhi di fronte al presente, a quanto avviene qui e ora, dal terrorismo alle minacce nucleari coreane, e ci rifiutiamo di pensare alle conseguenze di ciò che accade.

Il passato, ciò che è stato, ci viene in aiuto con i suoi meccanismi di difesa a oltranza. Ci conforta e ci sostiene.

Pochi giorni fa, ai festeggiamenti per il compleanno di una anziana amica, tra i convitati è cominciato a circolare il racconto di “come eravamo”: la merenda con pane burro e zucchero (al nord) o con pane olio e sale (al sud), le cene a base di riso e prezzemolo e di polenta e latte. Non sono mancati cenni alla bicicletta, una sola per tre sorelle, con i conseguenti litigi sui turni di utilizzo; in un crescendo di ricordi siamo passati all’argomento TV, vista a casa del vicino più benestante, quello che l’aveva subito acquistata e che, con spirito benevolo, ne socializzava la fruizione ospitando nel suo salotto chi ne era sprovvisto; e a seguire, il telefono, spesso in condivisione duplex con il dirimpettaio.

Di racconto in racconto si arriva al mitico libretto della spesa, quello con cui noi bambini venivano mandati al negozio posteria di fiducia: il salumiere scriveva volta per volta il dovuto e a fine mese la mamma, o il papà, passava a pagare il conto.

Abbiamo continuato a ricordare, sotto lo sguardo soddisfatto della festeggiata che, adesso sì, riusciva a seguire i nostri discorsi, diversi da quelli sugli smartphone e le infinite possibilità delle tante app scaricabili.

Eravamo felici, ieri più felici di oggi? Non so rispondere. So però che la memoria è soggetta alla personale manipolazione e si snoda lungo percorsi irrazionali.

Oggi, stando al concetto di retrotopia, non ci sono più le condizioni per essere felici come ieri, seppure sostenuti dal corredo di tanti oggetti e dalle infinite comodità della vita moderna. Perché su di noi incombe un futuro negativo che getta ombre sulle nostre vite quotidiane.

Serge Latouche proprio di questo parla alle Ville Ponti di Varese il 6 ottobre chissà se la sua conferenza su ”La felicità che non ti aspetti” aprirà un varco nel presente intristito dall’esistenza della retrotopia.

Retrotopia, ritorno nelle braccia accoglienti del passato. Passato che mi rimanda, insieme con lo sbarco sulla luna e le innumerevoli preziose scoperte del Novecento, le dure immagini delle due guerre mondiali con lo sterminio di milioni di persone. Del passato, ciò che mi rassicura oggi è soprattutto la fortuna di non essere stata testimone diretta di quei tragici eventi.

Fidarsi del passato e temere il futuro, che non esiste nemmeno, non ancora, che è da costruire, giorno dopo giorno, persona per persona. Potrebbe bastarci avere fiducia in ciò che si fa, credere che le nostre azioni stiano fondando il domani: questa sarebbe già Utopia, una visione del mondo che verrà, a cui sto contribuendo con il mio personale apporto.

Il futuro è sì l’ignoto, ma è anche il nuovo da costruire, sono le cose da inventare, le sfide che ci aspettano, i cambiamenti da proporre, i miglioramenti da attuare, gli investimenti da sbloccare. Peccato che a parlarne, del futuro che ancora non c’è, siano gli anziani che non hanno grandi aspettative per un futuro che non si prospetta tanto lungo, sia esso certo o incerto.

Però abbiamo ancora bisogno di Utopia, di un sogno di futuro che abbracci tutti, giovani e anziani.

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