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Politica

CAMMINO COMUNE

EDOARDO ZIN - 06/10/2017

macronNoi europei non sappiamo oggi più nulla di città distrutte, di quei fili, di quei fili spinati che separavano nel cuore dell’Europa, di quei padri, di quelle sorelle, di quei bambini la cui sventura ci fa venire un nodo alla gola. Noi non incrociamo più lungo le strade quei disgraziati che la guerra ha lasciato in un dolore inconsolabile perché il fanatismo e il nazionalismo avevano avuto il sopravvento sulla coscienza dei popoli.” – così Emmanuel Macron, avviandosi verso la conclusione, riassume il significato del suo discorso davanti agli studenti della Sorbona. Si può sempre estrapolare dal contesto di un discorso un brano che ricapitoli tutta la sua intensità e ne esprima il valore pregnante: a me pare che questa citazione assumi un’importanza considerevole perché pronunciata da un presidente francese che non ha conosciuto i crucci di una guerra e perchè esposta ad una generazione di giovani che, come quella dei loro padri, ha vissuto un lungo tempo di pace.

Se sull’Acropoli di Atene, Macron aveva lanciato il suo appello all’Europa perché ritornasse al senso critico di matrice greca, alla Sorbona, davanti ai giovani che la frequentano, parla dell’ “idea Europa”: “L’Europa è un’idea. Le forme passano, ma le idee restano. Il desiderio di fraternità è stato più forte della vendetta e dell’odio.” Cita i padri fondatori che hanno avuto la lucidità di unire ciò che gli interessi politici, economici, ideologici avevano parcellizzato in ricorrenti conflitti lungo i secoli, pensa ad un’idea di Europa che ha sempre risposto alle grandi sfide della storia, a quella storia che per alcuni è incubo e per molti il contesto dell’attuazione dell’assoluto umano: il pensiero corre inevitabilmente ai momenti favorevoli di contrazione che hanno risposto ai momenti di disgiunzione, attraverso alterne vicende, le une e le altre inarcate da una certa idea di Europa. Nei toni del discorso si nota un sentimento di nostalgia, come di rimorso, ma anche l’audacia di un uomo determinato.

Davanti agli eredi di una nuova idea di Europa, Macron non esita a denunciare i mali interni di un continente più unificato che unito da una burocrazia divenuta insostenibile e reso incerto dagli egoismi nazionali. Essi rallentano il processo verso l’unità politica ed espongono l’Europa ad una fragilità dovuta alle burrasche della globalizzazione. Enuncia i mali che la corrodono dall’interno come le termiti – l’immagine la colgo da un famoso discorso di de Gasperi – che rodono le radici dell’albero, ne distruggono le sostanze nutritive: sono il nazionalismo, il localismo, il protezionismo, la sovranità che nasce dal ripiegamento su se stessi, mentre altre laboriose formiche si adoperano per costruire un’ Europa diversa, sovrana, unita, democratica.

I nazionalismi si stanno risvegliando in Ungheria e in Polonia ad opera di coloro che vogliono prendersi una rivalsa sulle umiliazioni conseguenti alla seconda guerra mondiale; ci sono localismi che si basano su una forte identità culturale e storica, ma che non possono essere schiacciati né dalla vergognosa repressione né dalla dignitosa passione fondata sulle emozioni piuttosto che sul dialogo costruttivo; si notano tendenze protezionistiche che portano ad un isolamento non solo economico e a inclinazioni di chiusura verso i diversi: gli immigrati, l’islam, i rom e in parte ancora gli ebrei. Questa Europa frammentata e divisa “troppo debole, troppo lenta, troppo inefficace” non potrà affrontare le grandi sfide del pianeta né potrà darsi una “capacità d’azione nel mondo”.

L’idea di Europa, di cui Macron si fa interprete davanti ai giovani e promotore per una sua metamorfosi davanti alle istituzioni europee, è quella sovrana fondata non solo sull’economia, ma sui diritti fondamentali dell’uomo, sulla libertà, sulla giustizia. Macron elenca alcune sfide che dovrà affrontare questa nuova Europa: la sicurezza delle frontiere comuni (e propone a tal fine un esercito europeo formato da volontari provenienti da tutti i paesi); il terrorismo (che va combattuto “con la repressione e non solo con la prevenzione “, con lo scambio di informazioni tra i diversi paesi, con la creazione di un tribunale europeo); l’immigrazione (che va controllata con la riforma di una politica comune, con una maggiore apertura verso i paesi del Mediterraneo, con una più rafforzata politica di cooperazione verso i paesi dell’Africa), con una comune politica estera. Per lottare contro i cambiamenti climatici, il presidente francese suggerisce un comune programma per il sostegno finanziario alla costruzione di veicoli di nuova generazione “che non inquinino le nostre strade” e richiama l’attenzione anche nei riguardi di un maggiore controllo sui prodotti alimentari. Propone che queste politiche siano finanziate con una tassa sulle transazioni finanziarie.

È un’idea di Europa più unita. Fu dopo la seconda guerra mondiale che l’idea di Europa unita uscì dalle nubi in cui era stata esiliata e prese il via di un progetto politico concepito da uomini politici che avevano vissuto le tragedie dei totalitarismi. Dopo la decomposizione dell’ex-Jugoslavia, il crollo dell’U.R.S.S., la caduta del muro di Berlino, l’Unione Europea ha portato avanti il progetto unitario tra tentennamenti: è arrivato il momento in cui l’Europa deve trovare maggiore coesione e darsi un’unità non solo economica e monetaria, ma fondata su una ritrovata solidarietà e su una politica della cultura come fattore d’integrazione. Macron cita Jacques Delors:” La concorrenza ci stimola, la cooperazione ci rinforza, ma è la solidarietà che ci unisce”. Il cemento che unirà i vari stati sarà la cultura multiforme dell’Europa: Macron espone un piano per l’apprendimento di una seconda lingua per tutti i cittadini europei (cita in proposito Mounier:” L’universale parla agli uomini in diverse lingue, ma ciascuna rivela un singolare aspetto”), suggerisce la creazione di università europee (e il mio pensiero va a Strasburgo che potrebbe diventare la sede della prima università europea, qualora si liberassero gli edifici ora occupati dal parlamento europeo che dovrebbe unirsi alla sede di Bruxelles!). In un momento in cui la politica accenna a riappropriarsi del suo primato sull’economia, sarà la cultura a darle motivazione e visione originali, inedite per la soluzione di difficoltà planetarie e come rimedio per gli intralci alla formazione di una coscienza europea.

È l’idea di un’Europa più democratica. Non possiamo nascondere che i cittadini d’Europa non si sentono rappresentati nei processi decisionali delle istituzioni. Anche il parlamento europeo, unica espressione della volontà popolare, è soggetto talvolta alla prepotenza dei governi degli stati membri. Macron suggerisce la riforma del progetto europeo con la partecipazione del popolo perché è con essa che si crea la pace e la cooperazione economica.

Il discorso di Macron – in cui ho sentito risonare prospettive ed idee del suo maestro Edgard Morin – aprirà un dibattito su una visione più coerente del progetto, sulla proposta di un ambizioso cammino comune, su un orizzonte a cui mirare tutti assieme piuttosto che sugli strumenti tecnici che già troppo abbondano.

Robert Schuman il 9 maggio 1950 disse: ”L’Europa non si farà in un solo colpo, ma attraverso realizzazioni concrete che porteranno ad una solidarietà di fatto”. In un solo colpo, però, l’Europa potrebbe morire: come ci siamo salvati tutti assieme, così potremo perire tutti assieme!

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