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Opinioni

QUI NUOVA YORK

ROBI RONZA - 27/10/2017

Marcia per la vita negli USA

Marcia per la vita negli USA

Se una notizia dagli Stati Uniti raggiunge i maggiori giornali e telegiornali del nostro Paese vuol dire che ha superato una censura tanto “illuminata” quanto rigorosa: quella che viene esercitata dall’esclusivo club dei corrispondenti italiani da New York e da Washington con l’attiva collaborazione dei loro colleghi rientrati in patria e ora al lavoro nelle redazioni in Italia. È un club nel quale non si entra se non si è di “sinistra” e se sul posto non si è schierati pancia a terra a favore del Partito Democratico americano; quindi se oggi non si è dolorosamente nostalgici di Obama e altrettanto dolorosamente allergici a Trump. Questo è ciò che conta innanzitutto, la realtà delle cose viene dopo. La sconfitta di Hillary Clinton insomma non ha insegnato nulla.

Tra le notizie dagli Usa che perciò non si vengono a sapere, o che se arrivano risultano deboli e distorte, merita di venire sottolineato il caso di quelle relative alla politica del presidente Trump a favore della famiglia e quindi della vita.

L’uomo può piacere o non piacere, ma questa è un’altra questione. Se si guarda ai fatti è però doveroso (ma anche consolante) riconoscere che nessun capo di Stato e di governo occidentale si è mai schierato in modo così chiaro e forte come lui a favore della famiglia e della vita. “Abbiamo cara la sacra dignità di ogni vita umana”, ha detto fra l’altro Trump lo scorso 13 ottobre prendendo la parola a Washington in un’assemblea di fronte alla quale non ha esitato anche a dire che “siamo tutti creati dallo stesso Dio nei cieli”. In un’altra recente circostanza ha affermato che “la famiglia americana è il vero fondamento della vita americana” aggiungendo: “Siamo consapevoli che sono i genitori, non i burocrati, a sapere come meglio educare i loro figli. Non veneriamo il governo, veneriamo Dio”.

Tutto questo non elimina le contraddizioni del personaggio, a partire dai suoi tre matrimoni, ma non solo. Siccome però alle parole fa anche seguire i fatti, di ciò va tenuto in ogni caso attento conto. Da quando Trump è presidente il governo di Washington ha smesso di finanziare le agenzie dell’Onu e gli altri organismi che propugnano l’aborto nell’emisfero Sud anche mascherandolo all’interno di programmi di “salute riproduttiva”; e all’interno ha smesso di finanziare Planned Parenthood, la fondazione nei cui appositi ambulatori, sparsi in tutti gli Stati Uniti, si pratica gratuitamente l’aborto. L’ “interruzione di gravidanza” infatti in America non è considerata una prestazione sanitaria (e d’altra parte non lo è). Quindi non rientra tra le prestazioni coperte dal servizio sanitario nazionale, e nemmeno in via ordinaria dalle assicurazioni sanitarie private.

Nella bozza, proposta qualche giorno fa in pubblica consultazione, del nuovo piano strategico 2018-2022 del Dipartimento per la Salute e i Servizi alla persona, HHS, l’equivalente federale Usa del nostro ministero della Salute, si legge infine che tale piano è al servizio degli americani in “qualsiasi fase della vita dal concepimento alla morte naturale”, e che i suoi obiettivi riguardano tutti, “compresi i non nati”. In precedenza Trump aveva poi anche modificato una norma, voluta dal presidente Obama, in forza della quale tutti i datori di lavoro (enti religiosi cattolici compresi ) erano tenuti a pagare ai loro dipendenti polizze assicurative sanitarie che prevedano pure la copertura della spesa per farmaci abortivi.

D’altra parte da diversi anni a questa parte, anche se a noi in Italia non viene fatto sapere, si registra negli Usa una sempre più forte mobilitazione contro l’aborto legale. È un movimento che vede in prima linea i protestanti, ancor prima che i cattolici, e al quale partecipano attivamente anche molti “laici”. C’è infatti un’ovvia contraddizione tra la cultura neo-malthusiana alla base dell’aborto legale e il vitalismo tipico della cultura “laica” americana.

La politica che Trump ha avviato a favore della famiglia e dell’accoglienza della vita dà peraltro seguito a promesse da lui fatte al riguardo durante la sua campagna elettorale. La resistenza contro l’aborto legale, le cui conseguenze negative sono oggi in America già molto più evidenti di quanto finora siano da noi, è infatti molto diffusa in quei settori — alla prova dei fatti tutt’altro che minoritari nella società americana – che votarono per lui.

www.robironza.wordpress.com

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