Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

RUOLO E PERSONA

FELICE MAGNANI - 03/11/2017

ruoliCapita di frequente che ci siano persone che vengano chiamate a ricoprire ruoli di una certa rilevanza, per la loro bravura o per la capacità con cui sanno affrontare le prove. Si tratta di passaggi previsti o in molti casi anche di riconoscimenti dovuti a qualità dimostrate sul campo.

Fare carriera ha sempre stuzzicato l’ambizione umana. Chiunque nella propria esistenza ha voluto o anche semplicemente pensato di potere far meglio, di potere accedere a un livello superiore, anche solo per portare a casa qualche soldo in più, sicuro in cuor suo che ce l’avrebbe fatta.

Ci sono diverse categorie di carrieristi, quelli nominati dal destino, quelli nominati per concorso, ma anche quelli sostenuti da personaggi, gruppi e lobby che determinano in moltissimi casi i destini umani, raramente gli autodidatti, a cui va tutto il nostro plauso.

Ogni carriera risponde a un destino o a qualcuno che lo costruisce per noi? Si è portati spesso a pensare che quelli dei ruoli importanti siano i più bravi, i più fortunati, i più abili, ma in realtà non è proprio così, il destino non è solo quello che ci creiamo, è infatti spesso quello che altri hanno pensato e programmato per noi, nel bene e nel male.

È molto difficile essere artefici della propria fortuna. Possibile sì, ma non scontato. La fortuna, le raccomandazioni, le antipatie e le simpatie, amicizie comprese, giocano un ruolo fondamentale. Ci sono fior di bravissimi che non trovano accoglienza nel mondo del lavoro e non si sa perché. Non si sa perché chi dimostra sul campo di essere bravo non possa essere notato da qualcuno che di bravura se ne intende.

Sembra quasi che gli uomini abbiano occhi solo per se stessi. Non riuscire a non vedere la bravura, l’intelligenza, la forza d’animo, l’educazione, è un problema molto serio, perché significa che per noi gli altri contano pochissimo, per non dire nulla o quasi e che in molti casi la nostra generosità sia interessata.

È da tempo che il mondo gira in questo modo, che a ricoprire certi ruoli siano sempre gli stessi, quelli che poco tempo prima avevano preso in giro tutti nel modo più plateale e violento possibile. Ecco il punto: forse bisognerebbe istituire una scuola di ascolto, di comprensione, di visione e di comunicazione, per mettere le persone nella condizione di rendersi conto che oltre a se stesse esistono anche gli altri.

È strano che anche nel mondo cristiano gli altri siano sempre più distanti, come se all’improvviso la giustizia fosse solo di chi la coltiva sotto copertura. Capita sempre più di frequente di essere testimoni di capi e capetti che scelgono incondizionatamente i propri adepti, quelle persone che condividono e si sottomettono senza condizioni alla loro volontà, perché secondo una filosofia corrente il capo ha sempre ragione.

Spesso i capi diventano tali non per meriti acquisiti sul campo e con il consenso popolare, ma grazie al partito, al politico, all’uomo forte di turno. In moltissimi casi chi comanda non sa chi sia la persona che ha di fronte, non ha la capacità di capire chi ci sia realmente dietro un abito, un sorriso, uno sguardo malinconico, un’ansia irrisolta, la voglia di dimostrare il proprio valore.

Il problema del giudicante è giudicare in fretta, per arrivare il più presto possibile a consolidare la propria posizione. Non importa se quella donna o quella ragazza è in gamba, capace magari di fare la fortuna di una ditta o di una azienda, l’importante è avere accanto chi ti dice sempre sì, anche quando ti considera in cuor suo un asino emerito.

La sfortuna delle nostre aziende dipende da tantissimi problemi, ma anche dall’incapacità di chi le dirige di mettere al centro l’uomo, di riservargli quella condizione umana che la dignità richiede. Guidare un’azienda o un gruppo o una ditta piccola o grande esige doti umane importantissime. Di solito il mondo aziendale gira quando chi lo guida lo sa far girare, sa mettere ciascuno nella condizione di dare il meglio di sé, di sentirsi riconosciuto nella sua dignità, di sentirsi valorizzato e perché no, amato. I ruoli sono necessari, ma devono essere sintonici rispetto agli obiettivi e alle modalità per raggiungerli.

Creare un’armonia aziendale significa mettere tutti nella condizione di dare il massimo, di essere entusiasti della propria condizione, di vivere in modo sereno i rapporti umani, convinti di essere tutti importanti allo stesso modo, senza distinzioni di ruoli, di rappresentare un punto importante di una grande realtà.

C’è sicuramente molto da imparare nella storia, anche in quella europea, dove i revanscismi sono ancora molto forti e i contrasti di fondo troppo palesi. Se i paesi europei fosse sincronici, avessero una chiara identità di fondo, forse non sarebbero così esposti al gioco dei primati, quel gioco che ha creato moltissimi danni nella storia europea del passato e in quella del presente. Ci troviamo di fronte a un’Europa troppo ancorata all’idea di un primato che non ha più ragione di essere, perché il mondo evolve rapidamente, mettendo in seria discussione le vecchie linee di tendenza.

L’avere poi abbandonato quella tradizione cristiana che poteva costituire il vero punto di forza nella comprensione culturale dei popoli, ha creato come c’era da aspettarsi nuove presunzioni e quella famigerata politica espansionista sui territori di mondi lontani continua sotto diverse forme, creando fragilità di vario ordine e grado nel consesso della politica mondiale.

Il revanscismo autonomista, i vari tentativi di frantumazione dell’unità sotto forma di operazioni culturali diverse, ma sostanzialmente tendenti a varie forme di affrancamento da un potere ritenuto incapace di esercitare la sua forza armonizzatrice, determinano una caduta delle speranze da parte di chi vede nell’Europa il fulcro di una storia comune.

Rimettere al centro il lavoratore, significa ridare dignità alla persona umana, farla sentire amata, supportata, aiutata, protagonista in positivo della sua storia personale e collettiva, ravvivare la sua tensione positiva, il suo voler essere protagonista insieme ad altri di un lavoro vissuto con amore ed entusiasmo, convinto che da quel percorso nascono e si sviluppano le linee coordinate di una società più vera e più giusta, capace di rispondere alle richieste di quei giovani che vogliono essere protagonisti della nuova dimensione europea e mondiale della storia.

Certo le radici cristiane rimangono la casa comune, quel grande sforzo culturale, imprenditoriale e religioso che l’Europa ha compiuto per dimostrare al mondo la sua energia creativa. Ma non tutto è andato e va nel verso giusto, quella famigerata presunzione colonialista permane sotto diverse forme anche là dove i bisogni e le necessità umane invocano aiuti e sostegni di ogni tipo.

I ruoli sono importanti, vanni chiariti, ma i popoli attendono quel riconoscimento morale, civico e intellettuale che fa cadere le barriere a apre i muri alla comprensione e alla collaborazione di persone che guardano al mondo con gli occhi e col cuore di chi si stente fratello e non competitor.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login