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Incontri

CHIAMATEMI GIUSEPPE

GUIDO BONOLDI - 16/11/2017

Padre Giuseppe Ambrosoli

Padre Giuseppe Ambrosoli

È raro che la presentazione di un libro susciti in chi vi partecipa, non solo una curiosa attenzione, ma anche una intensa commozione: è quello che è accaduto alcuni giorni fa a Villa Recalcati, quando, nell’ambito delle manifestazioni del Premio Chiara, si è parlato di Giuseppe Ambrosoli e del libro recentemente pubblicato da San Paolo, che racconta della vicenda umana e della eredità di questo grande medico missionario: “Chiamatemi Giuseppe”.

A raccontare della vita di Padre Ambrosoli, con il moderatore Riccardo Prando, le due coautrici del libro, Elisabetta Soglio, giornalista del Corriere della Sera, e Giovanna Ambrosoli, nipote di Giuseppe, nonché presidente della Fondazione Dr. Ambrosoli; con loro anche due medici che nel corso della loro vita sono entrati in rapporto con Padre Ambrosoli: Giuliano Rizzardini, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano e Filippo Ciantia, direttore del Banco Farmaceutico, entrambi con alle spalle una esperienza di presenza e di lavoro in Uganda.

Giuseppe Ambrosoli nacque a Ronago, in Provincia di Como, nel 1923, da Giovanni Battista e Palmira, penultimo di otto figli. Giovanni Battista fu colui che iniziò l’attività di apicoltura e di produzione di miele, che rese nota in tutt’Italia la famiglia Ambrosoli, come quella del miele e delle caramelle al miele.

Giuseppe divenne medico e decise di dedicare la vita a Dio e ai poveri: così chiese di entrare nella congregazione dei Padri Comboniani e venne ordinato sacerdote nel 1955. Un anno dopo Padre Ambrosoli giunge a Kalongo, nel nord dell’Uganda, dove rimane per trent’anni, trasformando un piccolo dispensario in un ospedale rinomato e fondando una scuola per ostetriche di rilevanza nazionale.

“Quello che subito mi ha colpito di Padre Giuseppe – ha detto Giuliano Rizzardini – è stato il suo sguardo buono”.Il dottor Ambrosoli è stato un grande chirurgo e per tanti, come per Rizzardini, un maestro, ma ciò che più lo ha caratterizzato sono state la sua semplicità e la sua umiltà. Ha vissuto il suo lavoro di medico come preghiera e come testimonianza di fede.Nel 1987 avviene quello che appare a tutti ed anche a Padre Giuseppe come la fine della sua amata opera: il nord Uganda è teatro di una sanguinosa guerra civile; l’esercito ordina l’evacuazione dell’Ospedale, anche Ambrosoli è costretto ad abbandonarlo, convinto che sarebbe stato di lì a poco distrutto. Gli sfollati trovano rifugio nella missione di Lira e dopo poco più di un mese Padre Giuseppe muore.Ma l’Ospedale di Kalongo viene custodito dalla gente di Father Ambrosoli e dopo 3 anni, per opera di un altro Comboniano, Padre Egidio Tocalli, riprende la sua attività, sotto la protezione del venerabile Padre Ambrosoli ed in seguito anche con il sostegno della Fondazione, che porta il suo nome.

Chiamatemi Giuseppe: un invito rivolto a tutti i lettori, che attraverso il libro diventeranno suoi amici.

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