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Apologie Paradossali

MONETINA

COSTANTE PORTATADINO - 23/11/2017

monetina(O) Meglio perdere bene che vincere male? Meglio una sana sfiga che una vittoria malata di compromesso o di che altro. Non ho bisogno di appellarmi all’autorità del Papa o a quella degli Apostoli (la sorte cadde su Mattia); meglio affidarsi al caso che all’intrallazzo. In questo caso non c’è bisogno del capro espiatorio.

(S) Già, i nostri si erano messi a lavorare tutti insieme, il capro non lo si poteva trovare in nessun caso, eppure, il vero colpevole c’è ed è l’Europa stessa, che si affida ad un sorteggio, dopo un percorso di votazioni che pareva studiato per favorire compromessi politici e non valutazioni di merito. E’ già una stranezza, se non un miracolo che all’ultima votazione uno dei Paesi che aveva indicato Copenhagen sia venuto su Milano e non su Amsterdam. E non capisco nemmeno la segretezza del voto, non trattandosi né di persone, né di leggi. Però bisognava pensarci prima e non accettare questo metodo di votazione, buono tutt’al più per eleggere Miss Italia. Quindi, non venitemi a dire che non c’è bisogno di cambiare qualcosa e quindi qualcuno. Dai, se la sorte fosse girata diversamente, sarebbero tutti sulle prime pagine a rivendicare i meriti.

(C) Ho girato tutti i blog e letto centinaia di commenti, senza trovare uno spunto intelligente o almeno simpatico. Tutti a parlare della monetina, quando invece sembra che siano state messe due palline in un bussolotto… mah, veramente solo fortuna, qualche retroscena, il solito ‘bisognava vincere sul campo, trovando un voto in più’, Insomma, niente di che… Restiamo con i problemi di sempre. Il bello della delusione dopo la sfortuna è che ti rimette a contatto con la realtà.

(O) Vale il proverbio: “Si chiude una porta, si apre un portone”.

(S) Credo che valga per le persone, mi pare più difficile per uno Stato; di porte in faccia ne abbiamo prese due in pochi giorni. Forse dovremmo aggiungerne altre a breve, dall’ UE, per il solito debito pubblico, senza contare qualche recente scherzetto di Macron. Farne una Caporetto è un po’ esagerato, bisogna mettere insieme un bel gruppo di s-Venturati di diversa origine per trovare non un solo capro, ma un gregge espiatorio, un’ecatombe. Ma nemmeno far finta di niente. Qualche giorno fa abbiamo ricordato il centenario di di quella disgraziata battaglia e ancora non abbiamo saputo davvero attribuire le responsabilità. Figuriamoci se riusciremo a saperne di più di EMA.

(C) Di Caporetto avevo anche pensato di scrivere, nelle scorse settimane, ma non è certo adesso un momento favorevole, ci perderemmo nella retorica. Però ricordo un insegnamento, un giudizio vero che qualche storico avveduto ci offre a decenni di distanza: la sconfitta riunificò la nazione, riparò le comunicazioni tra classi sociali, ceti intellettuali e popolari, partiti politici, esercito e società. Dette la forza di resistere, anche in modo sorprendente, facendo scoprire una possibile unità di patria, Monte Grappa e Piave, trincea e retrovia. Poi l’esaltazione della vittoria, di Vittorio Veneto, del 4 novembre come epilogo delle guerre d’indipendenza e di compimento dell’unità con il ricongiungimento alla Patria di Trento e Trieste, ha sovraccaricato il primo dopoguerra di nuova e pestilenziale retorica, presto sfociata nell’ingannevole convinzione della vittoria tradita da una pace insoddisfacente, che non ci ricompensava dei sacrifici e dei morti.

(S) Il nazionalismo battistrada del fascismo? Allora forse, oggi non credo, mi inquieta di più il moralismo degli incompetenti.

(O) Sarebbe come se la sconfitta facesse bene e la vittoria fosse il rischio di una pericolosa ubriacatura? Forse solo quando la sconfitta non è definitiva, quando si perde una battaglia, ma non la guerra.

(C) Chiarisco: questa di Milano non è nemmeno una battaglia e farla diventare una guerra perduta, magari mettendoci insieme anche la ‘colpevole’ rinuncia alle Olimpiadi, fa parte del plateale gioco preelettorale. Non so nemmeno se personalmente ci ho perso o ci ho guadagnato: l’ufficio della fondazione con cui collaboro sta proprio vicino al famoso Pirellone, quindi poteva succedere che certi prezzi, gli affitti, i bar-ristoranti, i negozi di articoli per ufficio, le sale per riunione, eccetera rincarassero i prezzi. O, al contrario, che la vicinanza all’ Ente portasse nuove opportunità anche per noi. Certo, il mio amico barista all’angolo di via Filzi, che ha appena rinnovato l’arredo, ci sarà rimasto male, gli avevo garantito la vittoria! Detto questo, l’immeritata sconfitta evidenzia due necessità assolute: che il livello di attrattività e di competitività di cui Milano si è mostrata capace sia ulteriormente migliorato ed esteso ad altre aree e settori produttivi del resto d’Italia e che diventiamo più capaci di comunicare le nostre qualità, dismettendo da subito quell’aria vittimistica, da provincialotti incapaci di farci rispettare ed apprezzare per come meritiamo.

(S) Tu la fai troppo facile. Non metti in conto che chi ci guarda dall’estero ci vede tutti interi, non solo nei nostri particolari migliori, vede il sistema economico debole, la ricerca scientifica trascurata, i giovani disoccupati, i partiti litigiosi, le elezioni incerte e foriere d’instabilità, nessuna prospettiva di leadership all’orizzonte…

(C) Non volevo iscrivermi al circolo degli ottimisti, anzi. Quello che desidero, quello che ci può aiutare è solo un imprevisto. Finché ci diamo da fare per quello che crediamo essere il nostro merito, ci solleveremo ben poco da terra. Per quanto ci si sforzi, la nostra normalità sarà sempre la metà di quella tedesca o francese, o olandese o … o comunque minore di tanti altri. Ma come singoli e come popolo siamo capaci di creare tante occasioni di eccellenza che anche quello che non osiamo sperare, accadrà. E allora la monetina cadrà dalla parte giusta.

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