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Noterelle

IL MONVISO, IL MONTE ROSA

EMILIO CORBETTA - 22/12/2017

monvisoVivere la festa del solstizio d’inverno è momento culturale presente in molti popoli. Con tanta gioia, con tanti gesti si festeggia il sole che riprende il cammino per tornare alto nel cielo. È una festa atavica legata ai cicli vitali della nostra natura. Molto più difficile vivere significativamente il momento della incarnazione del Figlio di Dio che da secoli viene fatto combaciare con questo evento astronomico.

Veramente difficile comprendere l’incarnarsi di un infinito in un finito miserrimo e piccolo com’è l’uomo, che in modo contradditorio non può non sentirsi contemporaneamente tanto grande da arrivare a dichiararsi lui stesso un dio, o a credersi tale.

La contraddizione della nostra piccolezza vissuta in contemporaneità con la “sensazione” di essere, o il “desiderio” di essere grandi, in effetti è in noi. Che poi si tenti di superare il problema in modi tutti molto discutibili, più o meno saggi, più o meno logici, è argomento che ha stimolato nei secoli i cervelli di moltissimi pensatori.

Concludendo: piccoli, minuti, pieni di contraddizioni, soggetti alla morte ma con in noi il desiderio di eternità e la sensazione di essere molto di più della nostra miseria. Viene da qui l’aver fatto incarnare un infinito nel nostro finito? Viene da qui l’attesa del “messia” presente esplicitamente nella cultura ebraica ed implicitamente nelle altre culture umane? Sono tutti interrogativi presenti da secoli nei nostri pensieri che si scontrano continuamente col mistero (inteso come sconosciuto progetto da scoprire) della vita.

Per i cristiani duemila anni fa avvenne l’incarnazione ed attorno a questo evento sono nate tante, troppe parole, ma per la grandezza immensa del fatto non poteva che essere cosi. Parole razionali, parole di fede, parole fantasiose, parole false, parole di negazione, parole d’ira, fino anche alla bestemmia, e molte altre, tutte mescolate tra di loro e tutte non potevano non esserci perché troppo grande era ed è la pretesa: un infinito collocato, racchiuso nel finito. Impossibile? Può darsi, ma anche possibile. Una cosa simile non poteva non creare grandi reazioni e fu versato sangue, tanto sangue perchè, come tutti sappiamo, nella sua follia l’uomo, belva feroce, è convinto che il sangue risolva i problemi del convivere, specialmente in un tempo (ma forse questo nell’umanità c’è sempre stato) in cui la violenza era presente in modo esponenziale.

Appare evidente che per i cristiani la grandezza di quanto avvenuto non è tanto il momento della nascita, di questa incarnazione, il Natale appunto, ma il momento della morte del Dio incarnato, con tutte le “importanti” conseguenze a noi ben note. Come detto, quella morte fu provocata dall’odio, dalla violenza, dall’incapacità di comprendere il Suo messaggio specialmente da parte dei potenti, che vedevano in Lui un pericolo per il loro potere; e questo ha dato origine al dono massimo che un essere può realizzare, cioè il donare tutto se stesso per amore. In effetti, in una realtà drammatica dove imperava la violenza, la forza, compare uno che dice che la cosa decisiva per l’uomo è l’amore, l’amare gli altri come te stesso, tanto da giungere a perdonare l’offesa settanta volte sette. È questo che i credenti cristiani devono sottolineare, vivere profondamente, far proprio nella loro vita nel momento del Natale, che combacia con l’evento astronomico che eternamente si ripete affascinando gli uomini e sottolineando la grandezza del ripetersi della vita, nonostante appunto la presenza ineluttabile della morte. Tutta la superficialità che ci circonda in questi giorni può convivere, ma non deve superare, soffocare, l’importante nocciolo dell’amore contenuto in questa festività, tanto che domenica scorsa alla messa, nel momento della preghiera dopo l’ascolto della Parola, abbiamo pregato (e mi ha molto colpito) “per la Chiesa, che annuncia il primato dell’amore, per la costruzione di un nuovo umanesimo, ….”.

Sento il bisogno di sottolineare nuovamente che mi affascina il coincidere dell’evento religioso con questo sole che, sceso sul lontano nostro orizzonte verso la punta della piramide del Monviso, riprende a risalire oltre le cime del Monte Rosa che supererà, diventando simbolo di un’eternità che ci sfugge, intrigandoci e provocando in noi garbuglio di pensieri, versamento di parole, realizzazione di opere d’arte, infinità di scritti, in concomitanza con i dolori, le gioie e le lacrime che costellano la nostra vita.

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