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Cultura

LUMINARIE E MALINCONIA

RENATA BALLERIO - 22/12/2017

silenzioSe qualcuno sta per scandalizzarsi di come i giapponesi festeggiano laicamente il Natale, mangiando pollo fritto secondo l’usanza americana o se qualcuno gioisce che a Londra, nonostante la Brexit, si mangia con successo il pane di Toni, ecco un regalo natalizio: un riassuntino di alcune pagine scritte da quello scrittore un pochetto dimenticato, che è lo scapigliato Carlo Dossi.

Certamente Natale meriterebbe, al di là di umorali scatti moralistici, riflessioni autentiche : il valore dei riti, la sua dimensione temporale nel serpeggiare dentro le pieghe della storia, sia individuale sia collettiva, il recupero di un senso religioso autentico; ma per usare una delle tante frasi fatte (il mio regalo è solo un pensiero, anzi un pensierino) si può ben dire che leggere i racconti che Dossi dedica al Natale sono – appunto- un pensierino natalizio. E siccome Natale meriterebbe anche il dono di un profondo silenzio interiore, è opportuno lasciar parlare Dossi ( in fondo chi apprezza la letteratura sa che il dialogo in silenzio con un autore, senza discussioni interpretative, è un grande atto di amore, di cui a volte non ci accorgiamo).

Due racconti intitolati in modo essenziale “Natale”e Presepio ed albero” aiutano (sempre se lo vogliamo) a vivere emozioni e ad entrare in una dimensione storica. Eccoci con l’autore tra la folla rigurgitante … con la scalmana delle compere, dinanzi a tante vetrine che si disputano gli occhi e le borse, In ogni dove, la gola ingegnosa trionfa, Il salumiere par non abbondi che di roba rara. Sotto la pompa di un baldacchino di salsicciotti, di trasparenti zendaline del Papa e di corda di Monza, ecco pernici impettite, ecco tacchini abbigliati… E le gustose pennellate di Dossi ci accompagnano dal droghiere e dal lattajo fino ai lumajoli che si spargono per la città e alla stella cometa del Presepio meccanico che illuminasi.

Ma la passeggiata cittadina di Dossi è anche un cammino interiore che porta ad una non retorica malinconia. Sì,sì, – è Natale. All’inquietudine del desiderio e del dubbio, all’attesa, successe la calma della stanchezza e della soddisfazione. Dappertutto, odore di lauro e d’arancio. Marìa cessò o dimenticò di penare, rapita nel viso raggiante del pargolo suo, che pendele addormentato alla poppa, coi boccheggianti labbruzzi bagnati ancora di latte, inconscio di sé, mentre i due simboli dell’umana famiglia lo guardano stupidamente e l’angelo della Povertà fa’ la guardia alla porta. Zitto!Non lo destate… Chissà se queste paginette destano curiosità alle sorprese spiazzanti che può regalare la scrittura mai scontata di Dossi? Sappiamo sorprenderci? Sappiamo – almeno a Natale- formulare le domande giuste.

Non aspettiamoci questo dalla letteratura dossiana che a volte vuole provocare con un sarcasmo amaro, come nel racconto di riflessione sul presepio. Se esemplari sono le note descrittive del presepio, inghirlandato da lauri e costellato di aranci, con stelle d’oro sul firmamento di garza celeste e pesciolini d’argento sul mare di vetro verde, altrettanto pulsanti sono le non condivisibili polemiche contro l’albero. Scrive il nostro Carlo con il suo linguaggio guizzante: ci volle proprio la cacciata dei tedeschi d’Italia, perché l’Italia s’intedescasse. Sembra questa una frase paradossale, eppure è verità storica.

Per Dossi il mal tedesco dato dall’invasione di birre e di ululati wagneriani raggiunse l’apice ruinando (sic) il nostro Natale. Tra soffi di aria ghiacciata, una tetra foresta di pini, come nella leggenda di Macbeth, si avanza, scendendo dal nord, e travolge nel suo passaggio la capanna del bambino Gesù che co’suoi culmini di paglia gialla sì gajamente spiccava sul cielo italiano azzurro anche d’inverno”. Mai come in questi giorni vorremmo dire “povero Dossi”, noi che siamo stati travolti da ben altre valanghe e il nostro cielo è grigiastramente inquinato. Eppure non possiamo non ammirare il gusto della provocazione, come nel finale del raccontino. Ma, se assolutamente vogliamo ostinarci all’albero, impicchiamo almeno ad un albero nostro, ad un faggio, a una quercia, a un palmizio… A ben guardare la provocazione dossiana apparentemente irritante ci ricorda (sempre che lo vogliamo) che non dobbiamo mai dare nulla per scontato. In una pagina intitolata Natale in solitudine Dossi ci ricorda che noi Infermi della vita, abbisogniamo, come tutti i malati, di silenzio. E questo sia l’augurio più bello: un Natale ricco di silenzio.

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