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Opinioni

CHIAMATA DI RESPONSABILITÀ

FELICE MAGNANI - 18/01/2018

????????Forse è giunto il momento di una svolta profonda nella storia del nostro paese, una svolta che rilanci la vocazione democratica di un sistema che ha vissuto troppo a lungo vincolato a poteri ultraconsolidati che l’hanno reso fragile, ingessato, privo di autonomia dinamica, di slancio e di passione.

La storia, anche quella politica, ha bisogno di sedersi al tavolo della rinascita, di rifondare ciò di cui è rimasta priva, ha bisogno soprattutto di ricordarsi che non rappresenta una parte, quella parte, ma tutto il popolo, nessuno escluso. Immaginare oggi di pensare e ragionare secondo schemi già abbondantemente bocciati dalla storia stessa, significa non capire che il mondo cambia. Non cambia per negare o per vendetta, cambia perché è nella logica delle cose, cambia perché mutano radicalmente le condizioni, le funzioni, i caratteri, i metodi, cambia perché gli strumenti e le strutture non sono più gli stessi, cambia perché è nella natura delle cose e delle persone trovare nuove forme di civiltà, forse più adatte a cogliere attese e aspirazioni.

Chi segue la politica anche solo dal piccolo schermo non può non provare un senso di rabbia e di smarrimento, non può non sentirsi tradito da chi ha ricevuto fiducia e lealtà, non può non ribellarsi umanamente a chi continua imperterrito a ripetere le stesse cose, a tradire patti e giuramenti, a garantire cose impossibili, a legittimare situazioni e condizioni che di democratico e di legittimo hanno ormai poco o nulla.

La politica non è un mercato, non si compra e non si vende, non si promette, soprattutto quando le promesse vengono disattese, calpestate, ignorate, come se l’interesse privato o di lobby fosse l’unico interesse vero, possibile. La politica ha bisogno di un cambiamento radicale di costume, deve diventare esempio, deve convincere chi la segue che il mondo è alla vigilia di una svolta epocale, dove l’essere umano torna a essere il centro operativo, l’essenza di un sistema che vuole voltare pagina per essere coerente con se stesso e con i tempi.

Chi pensasse che dovesse bastare promettere per ottenere, farebbe un grosso sbaglio, uno sbaglio che pagherebbe a caro prezzo. Il voto ha un valore immenso, è una conquista straordinaria e come tale va conservato e protetto da chi, soprattutto, vorrebbe trasformarlo in un mercato. L’epoca dei mercati è finita. È finito il tempo in cui bastava mettersi all’ombra di una bandiera o di una cultura o di un campanile per sentirsi al sicuro, per garantire sempre e comunque la propria fiducia, come se avesse stipulato un vincolo feudale.

Tornare a una visione di natura feudale della vita politica e della vita in generale è semplicemente assurdo, oggi le condizioni culturali, nonostante i vuoti e gli abissi esistenti, risentono di una libertà molto spesso male interpretata e vissuta, ma sufficientemente forte da reggere lo scontro con forme di becero revanscismo. Il mondo va avanti, per fortuna, ma ha bisogno di collaborazioni, di progetti e di programmi, ha soprattutto bisogno di rinnovarsi, di mettere la parola fine su chi pensa ancora di comandare in virtù di vecchie forme tiranniche, di idee che in molti casi sono diventate il paravento di un potere che non ha mai cessato di prevaricare.

La democrazia è tutta da rinnovare, ha un estremo bisogno di essere messa alla pari con i tempi, lontano da chi vorrebbe trasformarla in un oggetto a uso e consumo personale, ha bisogno di rafforzare il suo spirito, la sua capacità di essere guida e servizio, ha bisogno di avere persone fidate accanto che la sorreggano e la sospingano, che la facciano sentire viva, attenta, capace di rispondere adeguatamente alle aspirazioni e alle attese della gente che continua ad amarla.

Viviamo il tempo di una sfida che parte dal cuore, che risveglia gli animi dalle bassezze, che vuole restituire all’essere umano ciò che gli è stato tolto, perché la più grande rivoluzione della storia parte proprio dal cuore dell’uomo, da quell’umanità che se ben gestita, guidata e protetta è capace di generare ampi spazi di benessere materiale e morale. Si tratta di mettere mano alle cose che non vanno, inquadrarle, metterle bene a fuoco e cominciare un certosino lavoro di ristrutturazione, in cui chi lo compie ne diventa primo responsabile.

È sulle responsabilità che si gioca la partita, è su come siamo e chi siamo che occorre ricominciare, è sui grandi perché della storia che conviene riflettere, per cercare la via di una rinascita che non sia solo occasionale, frutto della furbizia di turno.

Chi ha vissuto la politica dall’interno si è reso conto di come sono fatti gli uomini, delle cose che dicono e del perché le dicono, si è reso conto che gl’ideali servono se si appoggiano su sostegni validi, sicuri, capaci non solo di svolgere una proficua opera di risanamento morale, ma anche di rilanciare con entusiasmo la voglia di lavorare per la gente, per il popolo, per tutti coloro che con il voto hanno sancito e legittimato la propria fiducia nella democrazia.

L’errore più grande è quello di sottovalutare i cittadini, di pensare di averli in pugno sempre e comunque, ma non è così. Gli errori si pagano, hanno un prezzo e chiunque oggi è in grado di sperimentare sulla propria pelle le inefficienze di una politica che a parole risolve tutto, ma che continua imperterrita a usare le strategie di sempre per portare acqua al proprio mulino.

Si tratta di strategie obsolete, vecchie, superate, di muri alzati per non permettere all’altro di posare lo sguardo su storie dubbie, su valori incompleti e incerti, su fatti e avvenimenti piazzati da demagoghi provetti, capaci in molti casi di nascondere la verità, quella per cui molti uomini e donne hanno immolato la propria vita.

Per una politica che vuole cambiare non mancano esempi di italianità matura, di giustizia e di legalità, basta andarli a cercare anche in una storia abbastanza recente, che ha visto soccombere sotto il fuoco del tritolo chi aveva l’ardore di voler cambiare in meglio questo piccolo mondo.

Non dimentichiamoci mai dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di tutti gli uomini dello stato che hanno offerto la loro vita in cambio della giustizia, della legalità, del bene comune, uomini e donne che in molti casi vengono dimenticati, ma la cui opera educativa è rimasta nel cuore e nella mente di tutti coloro che li hanno amati e sostenuti e di cui ancora oggi si sentono testimoni. Basta dunque guardarsi attorno e pensare, pensare a che tipo di futuro vorremmo per i nostri figli, per le nostre famiglie, per quel mondo in cui abbiamo avuto la fortuna di poter esprimere la nostra libertà.

Dunque la politica non è un mercato, ma un esempio e come tale deve esercitare la sua funzione, dimostrando che non basta chiedere, ma che occorre soprattutto dare. Una politica come servizio, che non parla per se stessa, ma per il bene degli altri, che vuole rendere omaggio a quei valori sui quali è stata costruita e che vuole riproporre in una forma nuova, diversa, più adatta ai tempi e alle condizioni, capace di dimostrare che cambiare si può, soprattutto se si crede veramente in quello che si fa e se l’idea di essere una grande comunità va ben oltre i piccoli interessi privati, quelli che ci hanno consegnato una democrazia a brandelli, dove ognuno si sente libero di fare e dire quello che vuole in barba alle regole, al buon senso e alle leggi.

Chi chiede un voto oggi deve avere la certezza e la forza di poterlo chiedere, deve essere cosciente di quali siano i problemi della gente e soprattutto deve annullare se stesso per diventare popolo, per capire bene, fino in fondo, chi c’è dall’altra parte e quali siano realmente i suoi bisogni e le sue necessità.

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