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Attualità

STRAVOLGIMENTO DELLA CITTÀ

CESARE CHIERICATI - 02/02/2018

centro-storicoDice l’architetto Mario Botta che le città hanno cominciato a morire quando nei centri storici le filiali delle banche si sono progressivamente sostituite ai negozi tradizionali. Per intenderci i salumieri, gli ortolani, i panettieri, i ferramenta, i corniciai, le camiciaie, i giocattolai, le librerie artigiane, ovvero le botteghe che rendevano vivi e pulsanti fin dal primo mattino i centri storici. Nell’ora – anni ‘70/’80 – della moltiplicazione senza fine delle filiali, oggi del tutto tramontata, gli istituti di credito misero sul piatto della bilancia degli affitti somme che quasi nessun altro poteva permettersi, pena il rosso garantito nei bilanci di fine anno. Da allora si è consolidato un trend costante di espulsione delle attività tradizionali anche quando le banche sono tornate a riaccentrare i loro uffici con la sempre più massiccia e capillare diffusione di internet che consente di manovrare direttamente da casa – non senza rischi peraltro – i propri conti. Il testimone l’hanno subito raccolto i grandi marchi, gli oligopolisti della moda, le vecchie volpi del pret à porter. In meno di due decenni le città hanno cambiato pelle, quasi tutti gli esercizi tradizionali hanno alzato bandiera bianca stretti come erano/ sono fra il lievitare senza limiti della rendita immobiliare, la concorrenza fuori porta di una grande distribuzione in sfrenata crescita e l’affermarsi del commercio on line. Di fronte a questa spoliazione, quasi endemica, dei centri cittadini, i mercatisti in servizio permanente effettivo, i partigiani del “laissez faire” a prescindere dicono che alla fine il mercato equilibrerà il tutto e che nel cambiamento sta la chiave del progresso. Come se le città, bontà loro, fossero limoni da spremere, gusci da svuotare in base solo alle convenienze e non un corpo vivo da tutelare che ha nella rete grande e piccola dei negozi la miglior assicurazione contro il degrado e l’insicurezza, sia in centro sia in periferia. La politica è da tempo informata di questa situazione perché sociologi, urbanisti e architetti di una qualche avvedutezza lo ripetono e lo scrivono da decenni. Non vi è infatti candidato sindaco che si rispetti che non abbia nella propria agenda elettorale la “rivitalizzazione e il rilancio” dei centri storici. Sostantivi molto familiari alla politica di ogni colore ma assai difficili da declinare nel concreto dal momento che non esiste, per ora, a livello nazionale una disposizione di legge che consenta “affitti calmierati” anche per gli immobili commerciali. Si tratta di un sentiero stretto su cui si sono mossi due consiglieri comunali dell’attuale maggioranza di Palazzo Estense, Alessandro Pepe e Tommaso Piatti, che hanno presentato nei giorni scorsi una mozione per il rilancio delle attività commerciali e artigiane. Sembra comunque ancora latitare una consapevolezza piena di questo nodo epocale. Non è del resto sufficiente invocare leggi e prescrizioni se gli stessi cittadini che le invocano non premiano con i loro acquisti chi resiste, anche a prezzo di sacrifici, al processo di desertificazione commerciale in corso. Una cosa è comunque certa: senza una mitigazione della rendita immobiliare, come è accaduto in alcuni paesi del Nord Europa, le nostre città saranno definitivamente consegnate alla mono coltura di prodotto della grandi catene commerciali (abbigliamento e occhiali in primis) e a un opaco terziario.

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