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Attualità

AFRICA MIA

DINO AZZALIN - 02/02/2018

 

Che dire? Quando si torna da un viaggio se ne ha una immediata nostalgia. Di qualcuno? Di qualcosa? Di un clima? Sì, forse un po’ di tutto questo ma di più della libertà e di una umanità che solo in Africa si può sperimentare.

La cosa più odiosa per me è dover rispondere alle domande, dove sono stato, che cosa ho fatto, chi ho incontrato, se ho fatto l’antimalarica, che cosa ho mangiato, dove ho dormito ecc. Ma in assoluto quello che mi dà più fastidio è dovermi rimettere le scarpe. Chiudere i piedi al buio e stretti da due pareti di cuoio è davvero triste e crudele, in un’altra vita devo aver vissuto da queste parti, Lucy non mi è mai sembrata così vicino, così come mi chiamano in Italia, l’africano bianco, o da queste parti invece: The bishop of dentist.

Ma che cosa ci sono andato a fare in posto sperduto nell’altopiano della Tanzania, coi volontari Cuamm-Apa Alessandra Di Stefano, tesoriera del Cuamm Varese, con Veronica Bano volontaria di Arcisate, Silvano e Jacopo Molinari, chirurgia generale di Rivanazzano Terme.

Tutto è cominciato nell’inverno del 2015, quando per la prima volta mio figlio Riccardo ha deciso di accompagnarmi in una delle tante missioni in Africa, allora, ero ancora in carica come presidente Cuamm-Varese, una ong che opera in Africa da 60 anni, con progetti sanitari dell’ “Ultimo miglio” per il miglioramento della salute materno-infantile e l’assistenza al parto nel Continente nero.

L’ospedale di Tosamaganga è una realtà rurale a 500 km da Dar Es Salaam in Tanzania, dove i sanitari locali sono affiancati da medici italiani e specializzandi che lavorano per il Cuamm, nel progetto “Prima le mamme e i bambini” rivolte alle donne africane per un parto protetto e sicuro. Ho fatto visita anche allo studio dentistico dell’ospedale che ho trovato di una povertà desolante sia di beni strumentali sia di materiali odontoiatrici, e mentre mi trovavo li, è arrivata una ragazza poco più che una bambina in procinto di partorire e che, in preda a un terribile mal di denti, mi implorava di fare qualcosa.

Guardai la bocca e con Edwin Kayuga il collega africano e non potemmo far altro che toglierle un molare molto cariato, quasi senza anestesia, e con molto dolore. Ed è ancora mia convinzione che con un minimo di attrezzatura avremmo potuto salvarlo.

Qualche ora dopo partorì il suo bellissimo bambino, ed era così felice che mi disse, che preferiva mettere al mondo un figlio piuttosto che morire dal mal di denti.

Così partorii anch’io la mia idea, e qualche giorno dopo nel viaggio di ritorno da Tosa con don Dante Carraro direttore nazionale di Cuamm gli dissi che se partorire con dolore era una punizione divina, farlo anche con il mal di denti era una vera maledizione!

Dopo una lunga riflessione ha preso forma il progetto, e qualche tempo dopo nel 2016 con l’ApA, (Amici Per l’Africa) associazione di dentisti, odontoiatri, igienisti, odontotecnici, assistenti alla poltrona, Cuamm e ApA abbiamo dato origine a una inedita joint venture della solidarietà. I fondi sono stati raccolti essenzialmente tra una generosa collaborazione tra Cuamm (Doctor with Africa)-Varese, ApA-Onlus, l’Ordine dei medici e degli pdontoiatri della provincia di Varese e una donatrice privata varesina. Tra giugno e agosto 2017, coi dentisti e assistenti volontari ApA e gli espatriati Cuamm abbiamo provveduto all’acquisto a Dar El Salaam di un nuovo studio dentistico completo, di fabbricazione brasiliana, e al rinnovo dell’ambulatorio odontoiatrico nell’ospedale di Tosa dove è stato istallato.

Nel gennaio 2018 alla mia presenza e dei volontari che erano con me ha preso il via lo studio odontoiatrico nuovo e… fiammante “made in Varese”, finalmente attrezzato e in grado di poter eseguire le cure per una odontoiatria di base (otturazioni, devitalizzazioni, igiene orale e una piccola chirurgia oltre che le estrazioni).

Mi sono dedicato quasi esclusivamente a fare formazione del personale locale con l’invio di nostri volontari. È convinzione infatti che gli sforzi umanitari vadano sempre di più verso la direzione dello sviluppo e la formazione nei Paesi a basso reddito, piuttosto che sulle migrazioni parossistiche ormai fuori controllo: là dove c’è la guerra, la carestia, l’odio razziale, non c’è sviluppo, e quindi la fuga sui barconi. Difficilmente si troverà sui barconi della disperazione gente della Tanzania in fuga.

Il ringraziamento va a tutti coloro che ci hanno dato una mano. A mio figlio, anche, a quanti del Cuamm hanno contribuito come Marina Panarese, Roberta Gambalunga, Matteo Capuzzo, Giovanni Torelli dell’ApA, Alfonso Ferrauti di Roma, Andrea Moiraghi di Torino e co-fondatore ApA,accompagnato dalla figlia Elisabetta, Andrea Rosso di Padova e Beatrice Sabbioni assistente. A loro il grazie di tutti se in questo luogo sperduto d’Africa, i pazienti dello studio di Tosamaganga, potranno ancora sorridere.

Sono rientrato il 17 gennaio a Varese. Faceva un freddo strano. Apro il giornale, e leggo delle esternazioni politiche sul rischio della sparizione della razza bianca. Sorrido, perché alla fine siamo tutti figli di un meticciato in continua evoluzione, perché noi veniamo tutti da lì, dal lago Turkana, discendenti della nostra amata indimenticabile Lucy.

Il mio sogno è che non si parli più di razze, ma di giustizia sociale, e che il riscatto del Continente Nero sia alle porte di una nuova civiltà che nessun proclama di isteria politica potrà mai fermare.

E che finalmente un salario di un africano sia uguale a quello di un europeo. Vedrete che così spariranno anche i barconi. Nessuno fugge da un paese dove c’è la pace, la civiltà, il progresso. Dove non esiste la guerra.

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