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Zic & Zac

DAZI SÌ O NO

MARCO ZACCHERA - 02/02/2018

tumpIn Italia si parte dal presupposto che Trump abbia sempre torto. Al quotidiano rosario di attacchi al presidente americano, recentemente si sono aggiunte altre accuse per i dazi che negli USA si vorrebbero imporre ad alcuni prodotti cinesi.

È stupefacente che l’Europa non si renda conto di come la Cina stia conquistando il mondo anche e soprattutto per la miopia dei dirigenti politici dell’Occidente che – per cominciare – non sono assolutamente in grado di imporre alla Cina le stesse regole produttive che impongono ai propri sudditi, ovvero a tutti noi.

Una volta i dazi dovevano difendere le imprese locali – di solito inefficienti o obsolete – da mercati più efficienti, ma se un mercato è abbastanza grande per avere un importante prodotto interno non usa più i dazi per monopolizzare le produzioni interne quanto per contrattare in un regime di reciprocità e di contrattualità internazionale.

Tutto logico, solo che la Cina non sta alle regole di produzioni mondiali o almeno a quelle occidentali ed europee (per sfruttamento del lavoro, inquinamento dell’ambiente, mancanza di garanzie sanitarie e pensionistiche eccetera) e quindi produce e produrrà sempre a prezzi minori rispetto a chi ha tutta una serie di maggiori “costi sociali” e in un mercato globale ucciderà – come uccide – ovunque le imprese concorrenti.

Se tutti riteniamo assurdo togliere i “costi sociali” ed ambientali, perché l’Europa non si affianca a Trump nel pretendere che la Cina attui gli stessi protocolli mondiali per le regole di produzione dei beni? Se ci si riempie la bocca di progressismo ed ecologismo e poi non la si pretende dai partner cinesi, come difendersi dalle importazioni a basso costo se non con la minaccia di dazi, esattamente come fa Trump?

Ma la vogliamo piantare di correre dietro alle ipocrisie declinate nei vari “forum” internazionali dove gli interessi dei popoli fanno solo da sfondo propagandistico, ma a contare ben di più sono ben altri obiettivi finanziari di un castello di carte che si regge sui compromessi dettati dai più forti e la completa disumanizzazione dell’economia?

Tra l’altro sarebbe interessante dibattere in un “forum” come quello di Davos perché Trump è da mettere all’indice perché ripropone le vecchie politiche energetiche legate a petrolio e carbone e invece così pochi imputano alla Cina la distruzione di immense (e non più ricostruibili) riserve ecologiche del pianeta, dalle foreste africane alla pesca negli oceani, eppure per questo neppure si scandalizza.

Spesso Trump non sposa politiche utili per noi, ma sicuramente lo sono per il popolo americano, il che – ci piaccia o no – è esattamente quello che gli chiedevano e gli chiedono buona parte degli elettori americani.

Elettori che non saranno “progressisti” ma notano come – ad un anno dalla investitura del nuovo presidente – la borsa americana ha collezionato una serie di massimi storici, le esportazioni americane tirano e il tasso di disoccupazione è fortemente diminuito.

Se effettivamente decollasse il nuovo sistema fiscale – con i previsti tagli alle imprese – prima del voto di medio termine a novembre non è detto che il consenso a questo strano tycoon aumenterà. E forse qualche commentatore nostrano dovrà rifare i propri conti.

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