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Cultura

UN CAMMINO IN VALCUVIA

FELICE MAGNANI - 02/02/2018

capre1Mattia? Un giovane che si è messo in gioco per la sua terra, affrontando ogni tipo di difficoltà pur di raggiungere l’obiettivo: rilanciare la cultura agricola della Valcuvia.

A volte le vocazioni faticano a uscire allo scoperto, in molti casi hanno bisogno di essere individuate e aiutate, per Mattia non è stato così. Il mondo della fattoria ce l’aveva dentro, al punto che una sera, al padre architetto, confida di avere fatto la sua scelta: niente liceo scientifico, sì all’istituto agrario, un modo raffinato per dire che il suo futuro è deciso.

I padri vorrebbero sempre il massimo, ma capita che la volontà di un genitore non sia quella di un figlio. Mattia è un riflessivo, abituato a guardare in faccia la realtà: osserva, ascolta, pondera, valuta e poi decide. Inizia un cammino appassionante, pieno di stupori e meraviglie, ma anche di sommo impegno e di molta fatica. Cerca le fattorie, irresistibilmente attratto da quella strana e un po’ magica mescolanza di silenzi, odori, aromi, belati e muggiti, rapito dal profumo del fieno appena tagliato, dalla remissiva obbedienza degli animali, dai silenzi delle corti, dall’ accoglienza di vecchietti e vecchiette con il foulard nero calcato sulla fronte.

Un mondo cercato con caparbietà e determinazione. L’Istituto agrario gli fornisce il budget culturale, lo stimola, allarga la sua conoscenza teorica, accompagnata da lezioni pratiche sul campo, che valgono un tesoro. La scuola, però, a Mattia non basta, così prende lui l’iniziativa.

S’informa, comincia a lavorare, vuol farsi le ossa provando. Sa che la vita non è facile, è cosciente che gl’ imprevisti vadano in parte previsti, così si attrezza. Inizia la sua avventura tra le piane e i boschi di Cittiglio, in un luogo bellissimo, dove il verde in primavera ha tutto il sapore di un’antica cornice romantica.

È in questo luogo chiamato vallone che Mattia, con un manipolo di caprette, sviluppa il suo progetto. A due passi c’è una vecchia fornace, poco più in là sporgono a vista cave di pietra, sembra tutto perfetto, ma lui vuole allargare e così inizia a guardare verso la Valcuvia, dov’è ancora possibile respirare la presenza di una civiltà rurale mai completamente estinta.

Tredici anni a Cittiglio, poi il grande salto. Sposa Anna, diventa papà di un maschietto e di una femminuccia. A Cuveglio, tra l’antico Mulino Galli e una torcitura ancora attiva, la svolta. Lì, in quella piana felice, c’è il mondo che sognava: il verde, i pascoli, una casa spaziosa, i locali per il caseificio, il salumificio, la stalla, tutto il necessario per far rivivere ciò che la società dei consumi ha tentato di cancellare.

Il manipolo di capre è ormai un piccolo esercito. Duecento capi di razza Saanen, Camosciata delle Alpi, nera di Verzasca sono la fonte di una produzione attiva e di qualità. I capi dell’Azienda sono noti in tutta la provincia.

Si sono qualificati ai primi posti in diverse categorie e in molte manifestazioni zootecniche: la fiera di Bastìa Umbra in provincia di Perugia, la mostra caprina di San Giovanni Bianco in provincia di Bergamo, la Mostra internazionale di prodotti e animali della montagna di Luino, la Sagra di “Corni e pecc” di Cassano Valcuvia, soddisfazioni che si legano all’attenzione con cui Mattia cura il suo esercito.

capre2È dappertutto: nei pascoli, nella stalla, nel caseificio, nel salumificio, nei mercati, nel negozio, nei contatti con i produttori e con i consumatori. Può contare su Anna, moglie e mamma premurosa, che Mattia definisce la regina del Caseificio, poi c’è il fratello che gli dà una mano, quindi due dipendenti. Le cose dare fare sono moltissime e ogni stagione ha le sue regole. È una piccola azienda familiare, dove l’amore per la cultura prealpina domina su tutto. Le capre, le manzette, gli asinelli e poi c’è il pollame, la produzione dei salumi, quella dei formaggi, in particolare la Formaggella del luinese dop, di cui Mattia va molto fiero.

Non nasconde le difficoltà che incontra nel quotidiano: “Viviamo una situazione di perenne insicurezza, in molti casi diventa complicato persino comportarsi normalmente. Gli animali al pascolo svolgono una funzione molto importante, tengono puliti i boschi, tengono lontani altri animali, svolgono un’azione di vigilanza, sono l’antidoto agl’incendi boschivi. La montagna ha bisogno di essere vissuta, proprio come succedeva una volta. Per la formaggella del luinese dop, ad esempio, il disciplinare prevede che ci sia il pascolamento, un passaggio importantissimo per legare la qualità del prodotto al territorio. C’è tutto un discorso legato agli omega 3 in virtù dell’alimentazione verde. Se tutte le zone a rischio aprissero le porte al pascolo, forse molte cose cambierebbero e la montagna ritroverebbe un certo ordine, sarebbe molto più sicura”.

Nonostante le difficoltà, l’amore di Mattia prevale su tutto, è la chiave di volta di una vocazione che non si arrende e che guarda al futuro senza dimenticare il passato. In virtù di questa straordinaria passione, unita a un aggiornamento costante e a una cura quasi maniacale della produzione, l’azienda corre, al punto che in casa Crivelli anche i più piccoli cominciano già a guardare lontano nell’interesse. I formaggi di capra piacciono e vanno incontro alle difficoltà di chi ha il colesterolo alto, di chi non va d’accordo con i grassi, insomma il prodotto corre, è richiesto dai ristoratori e da tutti coloro che operano nell’alimentare.

Mattia si divide tra la produzione e la vendita, nel frattempo si occupa anche di tecnologie, perché ha capito che il passato ha bisogno del presente e il presente, insieme al futuro, parla il linguaggio digitale, il frutto di un progresso che si mette al servizio della fatica per rendere tutto più congeniale alle richieste di un mondo in continua evoluzione.

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